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Cosa si dice in Germania dei trucchetti di Volkswagen

Ieri, lunedì, avrebbe dovuto essere un giorno di festa per VW in America: i tedeschi avevano affittato il Duggal Greenhouse, un capannone tutto in vetro situato nel Brooklyn Navy Yard per presentare la nuova 2016 Passat. Come special guest era stata chiamata la rockstar Lenny Kravitz. Ma gli animi dei convenuti erano piuttosto mesti. Poco prima il ministero della Giustizia americano aveva deciso di aprire un’inchiesta sulla Volkswagen, accusata di aver manipolato il software dei catalizzatori di almeno mezzo milione di loro vetture diesel. E oggi Die Welt svela che rispondendo a una recente interrogazione dei Verdi il ministero tedesco dei Trasporti, dunque anche il governo di Berlino, sarebbe stato a conoscenza dei trucchetti.

COSA È SUCCESSO

Una figuraccia colossale, non solo per il più grande produttore europeo di automobili (10 milioni di auto vendute all’anno) con aspirazione di battere prima o poi anche Toyota e General Motors, ma per la Germania intera. Una delle aziende più note, per giunta tra le più potenti al mondo nel settore dell’automobile, ha giocato sporco. Si è scoperto infatti che Volkswagen ha fatto ricorso a trucchi truffaldini per passare indenne i controlli sull’inquinamento ambientale.

I TIMORI REPUTAZIONALI PER BERLINO

Al di là del danno economico che toccherà pagare a quelli di Wolfsburg, si parla di 16 miliardi euro, sarà bene – consigliava ieri un esperto di industria automobilistica americano intervistato dal primo canale pubblico Ard  che VW si mostri particolarmente generosa se vuole farsi perdonare dagli americani.

LE REAZIONI DELLE ISTITUZIONI

Anche la politica ne è consapevole. Così, il ministro delle Infrastrutture, il cristianosociale Alexander Dobrindt (noto alle cronache perché voleva istituire il pedaggio autostradale solo per gli stranieri, ma al momento Bruxelles ha bloccato il progetto) ha fatto sapere che avvierà al più presto un controllo meticoloso dei modelli diesel marca VW in circolazione in Germania. Anche il vicecancelliere, nonché capo dell’Spd e ministro dell’Economia Sigmar Gabriel ha chiesto immediati provvedimenti, mentre il governatore della Bassa Sassonia, il socialdemocratico Stephan Weil ha definito “assolutamente inaccettabile la manipolazione dei valori di emissione e non ci può essere ragione al mondo che giustifichi un tale comportamento”. Weil è peraltro parte in causa, visto che il Land Bassa Sassonia detiene il 20 per cento delle azioni.

I VERTICI TRABALLANTI

Secondo quanto comunica l’agenzia stampa tedesca Dpa, i vertici di VW dovrebbero incontrarsi domattina per decidere il da fare. A traballare non poco è ovviamente ora il posto del grande capo Martin Winterkorn, al quale proprio questo venerdì il consiglio di amministrazione avrebbe invece voluto prolungare il contratto. Per Ferdinand Piëch è una piccola vittoria, scrivono i giornali tedeschi, visto tra i due ultimamente correva pessimo sangue. Secondo alcuni poi è Winterkorn il primo responsabile di una caduta costante del valore dell’azione VW negli ultimi mesi, che ha raggiunto il punto più basso ieri. E anche l’apertura della Borsa di Francoforte oggi non prometteva nulla di buono.

COSA SCRIVONO I QUOTIDIANI ECONOMICI

Oltre alle perdite in Borsa, VW rischia, come già detto, di pagare altri 16 miliardi di euro di ammenda agli americani, il che, scrive – Handelsblatt – supererebbe il profitto complessivo per il 2015, fino all’altro ieri calcolato in 15,3 miliardi di euro (Ebit). Uno scenario non del tutto condiviso dall’esperto del settore Stefan Bratzel. Secondo questi la cooperazione di VW con gli inquirenti potrebbe portare a un’ammenda meno pesante. Bratzel a tal proposito cita il caso dei blocchi di accensione di Opel. Il loro funzionamento difettoso causò anche incidenti mortali, vista però la collaborazione con la giustizia americana, la casa madre General Motors se la cavò infine con un’ammenda di 900 milioni di dollari.

LA TESI DEGLI ESPERTI

Nel caso specifico di VW, non è però solo la casa automobilistica a rischiare di pagare un conto elevato. Secondo Marcel Fratzscher, presidente del DIW (Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung) il più autorevole istituto di ricerca economica, questa truffa potrebbe causare un danno a oggi ancora incalcolabile a tutto il comparto export della Germania. E la Borsa di Francoforte ieri confermava: le azioni di tutti i titoli automobilistici hanno perduto terreno. Fratscher teme che lo scandalo possa costare anche molti posti di lavoro dentro e fuori la VW , cioè nell’indotto. “VW fino all’altro ieri era uno dei fiori all’occhiello del Made in Germany”, dice al tabloid Bild Zeitung. Ora chi si fida più. Bosch azienda leader nel mondo per quel che riguarda i componenti automobilistici, deve nutrire gli stessi timori, tant’è che l’azienda già ieri faceva sapere di chiamarsi fuori dalla vicenda VW. Bosch fornisce i componenti, l’assemblaggio è però compito della casa automobilistica. Intanto la politica tedesca si domanda se VW sia da ritenersi un caso isolato, oppure no.

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