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Elezioni in Grecia, tutte le baruffe in tv fra Tsipras e Meimarakis

Due ore e mezzo di accuse e difese, con una sola certezza al momento: Alexis Tsipras non intende collaborare con i conservatori di Nea Dimokratia in un governo di larghe intese: “Mai con chi ha portato la Grecia al fallimento e con chi ha preso tangenti”, ha detto. Il dibattito televisivo andato in onda ieri sera sulla tv pubblica greca Ert tra il leader di Syriza e il segretario di ND, Vaghelis Meimarakis, ha rispettato le previsioni della vigilia. Quando mancano cinque giorni alle elezioni di domenica prossima, le seconde in otto mesi e le quarte in tre anni, ecco chi ha vinto e chi ha perso dal confronto televisivo.

CERTEZZE

Il premier uscente parte con una certezza: Syriza, a urne chiuse, sarà primo partito e punterà a ricomporre l’alleanza anomala con la destra di Anel per consegnare al Paese un esecutivo solido che duri quattro anni. Chiude a una cooperazione con i conservatori, motivandola con il fatto che “sono proprio gli imbroglioni di ieri che vorrebbero abbracciarmi oggi, ma io non posso fare alleanze con quel partito che ha ricevuto il 3% di percentuale di mazzette dalla tedesca Siemens”. Meimarakis, ex presidente della Camera e ministro della Difesa, incassa il colpo e replica con l’offerta di una collaborazione governativa per portare il Paese fuori dalle sabbie mobili, dal momento che la gran parte dei sondaggi offre un quadro di sostanziale pareggio, con Syriza e Nea Dimokratia staccate di pochissimo e quindi con l’impossibilità di ottenere la maggioranza assoluta dei seggi.

ACCUSE

Su Tsipras pesa il ragionamento che non solo i conservatori, ma anche i socialisti del Pasok e i centristi del Potami, fanno da mesi: sino allo scorso dicembre Syriza contestava il memorandum e la presenza della troika in Grecia, salvo poi un mese fa, e dopo il risultato inaspettato del referendum, accettare un piano di misure ben peggiori dell’ultima offerta fatta dal presidente della commissione europea Jean Claude Juncker. “Bugiardo e furbo” lo epiteta Meimarakis, perché nella storia greca è il premier “che in soli sei mesi ha fatto più danni che negli anni precedenti”. Sul punto infatti spicca un report confezionato dal dipartimento economico di ND, guidato dall’ex viceministro delle Finanze Christos Staikouras, secondo cui sette mesi di governo Tsipras sono costati alla Grecia almeno 60 miliardi di euro, tra mancati investimenti, ritardi nei negoziati e sfiducia dei mercati che hanno portato ad un peggioramento delle condizioni economiche, dal momento che lo scorso dicembre c’era stato uno 0,1% di ripresa.

INVESTIMENTI

Altra differenza tra i due leader si legge alla voce investimenti, con riferimento alle miniere di oro presenti in Macedonia. Per Tsipras, che ha fermato le indagini, l’estrazione dell’oro crea problemi ambientali se non sono soddisfatti certi requisiti. “Siamo con i lavoratori, ma anche per la legittimità. Abbiamo bisogno di una legislazione per combattere la burocrazia e la corruzione, al fine di rafforzare gli investimenti”. Meimarakis lo attacca proprio sulla debolezza con cui Syriza ha gestito gli investimenti in questa metà del 2015, proprio quando la Grecia ne aveva più bisogno.

L’accordo con Cosco Cina per il porto del Pireo ha subito uno stop, come le grandi opere pubbliche bloccate per mancanza di fondi e la privatizzazione delle ferrovie Treinose. Mentre 14 aeroporti regionali come è noto sono andati sotto il controllo della tedesca Fraport, anche se la regione dello Ionio ha annunciato ricorso.

SCENARI

L’attuazione del terzo memorandum come obbligo ineludibile del governo che uscirà dalle elezioni di domenica prossima, è l’unico punto su cui i due leader concordano. Ma al momento lo scenario più probabile è che in caso di pareggio o di vittoria di misura si aprirà il valzer delle alleanze. Se Syriza ha già scelto la destra di Anel, i conservatori possono contare sui socialisti del Pasok (in questa tornata elettorale in cartello con la sinistra democratica del Dimar), sui centristi del Potami guidati dall’ex giornalista televisivo Stavros Theodorakis. Fuori dai giochi i comunisti integralisti del Kke il cui programma prevede l’uscita dalla Nato e dall’Ue e gli ultranazionalisti di Alba Dorata, dati comunque come terza forza al 7%. Infine gli ex sirizei senza Tsipras: i 25 scissionisti che non hanno votato il memorandum hanno fondato Unità Popolare, guidati dall’ex ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis, dati al 4%. Ancora sostanziale la percentuale di astensionismo: 15%.

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