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Mercati strategici in zone di conflitto: perché sono importanti per l’Italia?

Presidiare i mercati strategici, in particolare nelle zone di conflitto, è una tattica in grado di ripagare i rischi nel lungo periodo. Una metodologia ottimamente messa in pratica dall’Italia e da chi la rappresenta.

internazionalizzazione

La scoperta di un nuovo giacimento di gas nel Mediterraneo da parte dell’ENI è un successo tutto italiano in una zona geopolitica da poco uscita da una situazione interna estremamente critica, non ancora del tutto stabilizzata. Dietro l’annuncio, tuttavia, c’è stato un lungo lavoro di ricerca, innovazione e, soprattutto, mantenimento dei rapporti con le autorità locali, nonostante molti fattori deterrenti al proseguimento di qualsivoglia tipo di attività.

Lo scenario geopolitico odierno si caratterizza per una ampia varietà di situazioni critiche di conflitto limitato o post belliche, all’interno delle quali gli operatori commerciali e le rappresentanze diplomatiche ed economiche trovano difficoltà ad operare. Nonostante ciò, diviene dunque fondamentale presidiare i mercati delle zone a rischio sia al fine di non perdere quanto acquisito nel corso del tempo, sia per monitorare, operare e sfruttare tutte le occasioni che un ritorno della pace possa offrire.

L’ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) è uno dei migliori strumenti dello Stato italiano per penetrare i mercati esteri e garantire i collegamenti, il network delle conoscenze e carpire opportunità. Perché è vantaggioso correre tali rischi in scenari pericolosi?

Innanzitutto, è necessario garantire e proteggere gli interessi economici, finanziari e strutturali dell’Italia, anche riguardo all’approvvigionamento delle materie prime. In altri termini, difendere le quote di mercato delle imprese e degli investimenti italiani qualora vi siano situazioni pendenti nello sviluppo di commesse statali o di limitazioni internazionali. Ciò si rivela utile soprattutto per prevenire il rischio che altri competitor, statali e non, magari con maggiori mezzi, possano acquisire ulteriore spazio.

Quali sono, dunque, le opportunità che si prospettano presidiando mercati critici?

Durante una situazione conflittuale o di conflitto limitato, uno dei primi effetti sul mercato è la fuga dei capitali all’estero. Intercettare questi flussi, indirizzarli in un circuito bancario sicuro o avviare joint venture con imprese italiane è un ottimo modo per trarne un vantaggio. Inoltre, le attività di ricostruzione delle zone post belliche sono un’occasione unica per gli operatori economici stranieri, capaci di garantire liquidità e assorbire la manodopera locale, ossia un sistema di penetrazione commerciale di notevole importanza. Infine, collaborare con gli attori economici locali in caso di conflitto è un modo per provare a garantirsi un vantaggio strategico in termini economici e di network una volta che la situazione si normalizza, dato il rischio per questi soggetti di trovarsi isolati sui mercati internazionali o vedere distrutte le proprie attività.

Presidiare un mercato strategico significa mettere in atto una strategia di ampio respiro basata su un’attenta programmazione e un capillare monitoraggio. Requisito fondamentale è la sicurezza, non sono fisica per operatori e strutture, ma anche dei soggetti con i quali si intrattengono relazioni economiche e commerciali. A tal fine, l’intelligence economica si rivela uno strumento essenziale. È importante sapersi integrare nel contesto in cui si opera, riconoscendo le criticità, introducendosi gradualmente e nel rispetto del sistema. L’utilizzo dei media locali e la condivisione delle informazioni, del know-how e dell’esperienza con i network locali rendono possibile una più stabile permanenza sul campo, garantendo affidabilità. Tutto ciò può realizzarsi attraverso una strategia condivisa con le autorità italiane in loco, le quali possono fornire i mezzi e i canali nel modo più sicuro e tutelato, apportando reciproci vantaggi.

I dati forniti dall’ICE fino al 2015 confermano che il trend delle esportazioni italiane nei paesi dell’Africa e del Medio Oriente sono in netta crescita (+ 15 mld di euro rispetto al 2012), zone in cui la conflittualità è elevata e la stabilità è lungi dall’essere raggiunta. In particolare, l’ambito merci vede un incremento nel settore della meccanica. Resta tuttavia da vedere l’impatto dell’aumento della pericolosità del conflitto mediorientale sulle esportazioni nell’area. Questo tipo di strategia, comunque, per quanto rischiosa merita di essere perseguita, in modo tale sia da garantire l’espansione e la penetrazione economica e commerciale italiana, sia per avviare dialoghi extra-diplomatici su solide basi.

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