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Bce, ecco quanto Draghi sarà più accomodante

La riunione della BCE di giovedì 22 ottobre si è conclusa senza modifiche alle misure di politica monetaria, come atteso, ma il messaggio della conferenza stampa è stato più accomodante di quello che ci si poteva attendere. Mario Draghi ha indicato che la BCE non è più “in attesa” di nuove informazioni ma è passata ad una “valutazione attiva” delle diverse opzioni da adottare, se necessario. La giustificazione per il cambio di marcia è il permanere di rischi verso il basso per la crescita, dato l’elevato grado di incertezza che circonda lo scenario internazionale e questo nonostante la domanda interna rimanga solida grazie al supporto al reddito disponibile dal calo del prezzo del petrolio, all’impulso di politica monetaria e alle politiche fiscali meno restrittive.

Inoltre, la BCE ritiene che il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo di medio termine a fine 2017 possa essere più lento rispetto a quanto previsto dallo staff a settembre (1,7% a fine 2017). Tra i fattori di rischio menzionati: il recente apprezzamento del cambio effettivo, la dinamica del prezzo del petrolio e l’ancora ampio output gap. Draghi durante la conferenza stampa si è soffermato sui rischi derivanti dalla maggiore correlazione tra attese di inflazione (quelle di mercato, ma anche quelle derivabili dalle indagini di fiducia) e andamento del prezzo del petrolio.

La BCE monitorerà attentamente i rischi verso il basso per la dinamica inflazionistica. Draghi ha rispolverato un’espressione di Trichet “strictly vigilant” che generalmente anticipava una mossa di politica monetaria alla riunione successiva. Mentre alla riunione di settembre la BCE non aveva discusso possibili modifiche alle misure di politica monetaria, alla riunione di ottobre sono stati vagliati tutti gli strumenti che rientrano nel mandato della BCE e “qualche membro del Consiglio Direttivo ha suggerito la possibilità di muoversi” già alla riunione di ieri.

La BCE ha anche discusso, sia pure solo brevemente, un taglio del tasso sui depositi, nonostante Draghi avesse indicato in precedenza che il livello attuale (-0,20%) era da considerarsi come un limite inferiore. L’annuncio di modifiche all’EAPP già alla riunione del 3 dicembre diventa più probabile dopo la riunione di ieri, ma rimane dipendente dall’evoluzione dei rischi per lo scenario. Draghi ha sì indicato che la BCE è passata ad una valutazione attiva delle possibili misure da introdurre ma ha sempre ripetuto “se necessario”. Le prime indicazioni si avranno con il PMI di ottobre oggi e la prossima settimana con la pubblicazione delle indagini congiunturali IFO, Istat e Commissione Europea.

Se i dati dovessero segnalare un peggioramento del bilancio dei rischi, la BCE potrebbe innanzi tutto annunciare un’estensione dell’EAPP oltre settembre 2016, mossa che comunque ci si attendeva. Ciò potrebbe dipendere anche dalla direzione che prenderà la Fed (che potrebbe essere già chiara quando la BCE si riunirà) e dalla reazione dei mercati: un rialzo dei tassi ufficiali americani ridurrebbe l’urgenza di segnalare una posizione più accomodante più a lungo, dal momento che probabilmente determinerebbe un rafforzamento del tasso di cambio dollaro/euro e dunque, al margine, condizioni finanziarie più espansive per la zona euro; tuttavia, i tassi a medio lungo termine governativi potrebbero muoversi al rialzo, al traino di quelli americani.

D’altro canto, è opportuno che un’estensione degli acquisti sia annunciata con largo anticipo rispetto alla scadenza di settembre. Rimaniamo dell’idea che un aumento non puramente simbolico del flusso di acquisti mensili sia meno probabile. Richiederebbe, probabilmente, una revisione verso il basso delle stime di inflazione core (attualmente all’1,7% nel 2017) e non solo un peggioramento del bilancio dei rischi. Invece, Draghi non è sembrato preoccupato per problemi di scarsità di titoli reperibili per l’acquisto sul secondario nel rispetto della regola delle quote capitale.

La principale argomentazione a favore di un taglio del tasso sui depositi al di sotto di -0,20% riguarda i possibili effetti sui mercati valutari. Draghi ha parlato di una revisione in corso della posizione BCE sul tema dopo che altre banche centrali hanno spinto in terreno ancora più negativo i tassi ufficiali. D’altro canto, non sembra ragionevole imporre un maggior onere alle banche che detengono un eccesso di liquidità creato dalla stessa banca centrale mediante lo stimolo quantitativo.

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