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Usa 2016, l’assenza di Biden può nuocere a Hillary Clinton?

Di Ernesto Di Giovanni

La decisione di non correre alle primarie democratiche per le elezioni presidenziali di novembre 2016 da parte di Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti per questi lunghi otto anni di amministrazione Obama, è stata salutata da molti analisti e commentatori, e dallo stesso staff della ex Firsty Lady e Segretario di Stato, come un punto a favore di Hillary Clinton, cioè un tassello decisivo per la futura vittoria alle primarie democratiche.
Di segno opposto la reazione dei candidati repubblicani alle primarie, che invece hanno commentato la “non corsa” di Biden come una manna dal cielo.

La verità, forse, è che questa rinuncia può offrire un vantaggio nel breve termine alla Clinton ma alla lunga può rivelarsi invece un boomerang.
Giovedì si è riunita la Commissione d’inchiesta presieduta da Trey Gowdy, procuratore repubblicano, sui fatti di Bengasi che portarono nel 2012 alla morte dell’ambasciatore americano in Libia, Christopher Stevens, e di altri tre cittadini americani. All’epoca dei fatti, Hillary Clinton era Segretario di Stato. Bisognerà capire se avrà avuto delle responsabilità dirette. Oltre alla vicenda libica, che terrà banco per molto tempo visti gli strascichi polemici, si sovrappone lo scandalo dell’account email privato usato per comunicazioni ufficiali, sempre durante la prima amministrazione Obama.

Se Joe Biden avesse deciso di correre per le primarie presidenziali avrebbe certamente dato del filo da torcere alla ex First Lady ma, al tempo stesso, forse avrebbe distolto l’attenzione mediatica da questi scandali. La moglie di Bill rischia una nuova sovraesposizione. Già nel 2008, la lunga campagna elettorale contro Barack Obama finì per logorarla e oggi, a 4 mesi dall’inizio delle primarie e a più di un anno dalle elezioni presidenziali, la campagna elettorale della Clinton rischia di subire gli stessi effetti.

A questo va aggiunto che, in questo modo, i democratici hanno già offerto ai loro avversari un target preciso di cui scovare difetti, debolezze, lacune. Invece, a corsa per le presidenziali da parte dei repubblicani sarà lunghissima e questo sicuramente creerà dibattito e discussione all’interno dell’area, ma anche grande dinamismo e vivacità. Senza Biden, inoltre, l’ex First Lady non potrà non accollarsi sulle spalle gli esiti di questi anni di presidenza democratica, con tutti i pro e i contro che ciò comporta. La candidatura del vicepresidente le avrebbe concesso una libertà di manovra più ampia, con la possibilità di smarcarsi dalle politiche più controverse di questa amministrazione, che hanno scontentato soprattutto il ceto medio americano.

Il giubilo repubblicano all’annuncio della mancata candidatura di Biden la dice lunga. I commenti non sono mancati e il tono è stato quasi sempre lo stesso. Meglio giocarsela contro Hillary che contro Big Joe. Anche perché, commentano i più velenosi, i democrat ora saranno costretti a scegliere tra un socialista (Bernie Sanders) e una candidata sotto investigazione dell’Fbi.

Per diventare presidente, forse, a Hillary Clinton sarebbe convenuta una sana e competitiva corsa all’interno del suo partito.
Il mirino repubblicano è già puntato, chiunque sia alla fine il candidato Gop a novembre 2016.

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