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Veneto Banca in subbuglio sulla quotazione

Una pentola a pressione. Forse è questa è questa la metafora per descrivere al meglio l’attuale momento di Veneto Banca, la popolare trevigiana il cui azionariato è spaccato tra chi preme per una rapida trasformazione in spa e successiva quotazione e chi invece vuole fare un passo alla volta.

IL PIANO LACRIME E SANGUE DI CARRUS

Il punto è che la banca ad oggi fatica a stare in piedi da sola. Servono subito risorse fresche per irrobustire il patrimonio e rendersi abbastanza appetibili per un aumento di capitale da 1 miliardo entro pochi mesi. Denari che a detta dell’ad Cristiano Carrus, potrebbero arrivare solo dalla Borsa, soprattutto dopo il no della banca alla fusione con la Popolare di Vicenza. Ma c’è invece chi la pensa diversamente, non tanto opponendosi alla trasformazione in spa in se, quanto invece ai tempi giudicati troppo stretti. Sta di fatto che la situazione non è per nulla rosea, come dimostra il piano lacrime e sangue annunciato giorni fa da Carrus: chiusura di 130 filiali per un totale di 430 esuberi. La strada per il risanamento immaginata dal manager è tutta in salita. Ecco perchè.

RESA DEI CONTI ALL’ASSEMBLEA DEL 5 DICEMBRE?

L’appuntamento clou è per il prossimo 5 dicembre quando gli azionisti di Veneto Banca dovrebbero riunirsi in assemblea. Il primo punto all’ordine del giorno prevede la trasformazione in spa, propedeutica alla quotazione prevista a inizio 2016 e all’aumento di capitale da concludersi entro la prossima primavera. E li con ogni probabilità si materializzerà tutto il dissapore tra i soci in favore di una quotazione lampo, caldeggiata da Bankitalia e Bce, e quelli che invece hanno paura di fare il passo più lungo della gamba, scorgendo in un repentino sbarco sui listini un danno alla banca e agli stessi soci. D’altro canto, se non passerà la trasformazione in spa con accantonamento della quotazione, Veneto Banca potrebbe ritrovarsi improvvisamente al buio e a corto di liquidi.

CHI (NON) VUOLE LA QUOTAZIONE LAMPO

Contro la quotazione a tappe forzate ci sono sostanzialmente due raggruppamenti di soci. Il primo, posto sotto l’insegna dell’Associazione Per Veneto Banca (che rappresenta l’8% del capitale) punta in particolare il dito contro la quotazione, vista più come un danno che come un valore, sostenendo invece la necessità di una ricapitalizzazione. C’è poi l’associazione Azionisti Veneto Banca presieduta da Giovanni Schiavonche nelle settimane scorse ha già ha avuto modo di spiegare a Formiche.net il suo punto di vista. Schiavon ha già presentato al Tar una richiesta di sospensiva verso la riforma che obbliga le popolari a trasformarsi in spa, ottenendo però un primo no del Tribunale, che si pronuncerà nuovamente il prossimo 10 febbraio. “Potremmo chiedere uno slittamento dell’assemblea, in attesa della nuova decisione”, afferma Schiavon a Formiche.net. “Noi non siamo contrari né alla spa né alla quotazione in Borsa, ma non con questi tempi. Noi vogliamo rinviare l’assemblea per attendere la pronuncia del Tar su una riforma scritta e fatta male”, ha aggiunto. Schiavon attacca poi il management di Veneto Banca. “Ci avevano detto ad aprile che la banca sarebbe tornata alla redditività ma non è così, perchè ora ci dicono che ci torneremo nel 2016. Non si può fare così, perchè serve chiarezza sui numeri”. Il presidente dei piccoli azionisti non teme poi la conta in assemblea. “Io spero che non si farà, ma mi creda, se sarà convocata penso proprio che avranno bisogno dei nostri voti.”.

IL CASO DEI PREMI AI SOCI PIU’ IMPORTANTI

Ma ad agitare le acque dentro Veneto Banca non c’è solo lo scontro sulla quotazione. Come riportato nei giorno scorsi dalla Stampa infatti, alcuni inquirenti avrebbero accesso un faro su possibili rimborsi concessi dalla banca  per rimborsare alcuni soci privilegiati di quanto perso con la svalutazione del titolo passato da 40,75 a 30,5 euro in due anniSecondo il quotidiano torinese, che ha visionato un carteggio della banca, alcuni soci e imprese titolari di un discreto pacchetto di azioni per svariati milioni di euro avrebbero chiesto a Veneto Banca di vendere i propri titoli al controvalore di 40,75 euro e di “utilizzare il netto ricavo per la compensazione delle obbligazioni assunte nei confronti dell’istituto” come «previsto dagli atti di ritenzione e compensazione sottoscritti”. Tale meccanismo entra in qualche modo in contatto con il discorso quotazione, in quanto le compensazioni sarebbero avvenute in vari modi: con addebiti in conto corrente ma anche con meccanismi premiali come accaduto con l’aumento di capitale del 2014, per convincere alcuni importanti soci-clienti restii a sottoscrivere nuove azioni. Indiscrezioni commentate anche dallo stesso Schiavon dalle colonne del Mattino di Padova. “Avevo sentito delle voci, avevo dei sospetti ma fino a ieri nessun riscontro preciso. Purtroppo la cosa non mi sorprende. Ora voglio l’elenco degli azionisti liquidati nel 2014 e 2013 e poi, come associazione, faremo anche noi le nostre considerazioni”. Davvero un autunno caldo per Veneto Banca.

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