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Turchia, perché i mercati brindano per la vittoria di Erdogan

Erdogan

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo un estratto dell’articolo di Marcello Bussi apparso su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

In Occidente molti si stracciano le vesti per la vittoria di Recep Tayyip Erdogan, ma il mercato turco sembra pensarla in un altro modo. Ieri la borsa di Istanbul ha reagito al risultato delle elezioni turche di domenica scorsa con un rialzo del 5,4%, mentre la lira ha guadagnato il 2,9% sull’euro a 3,1174 e il 3,2% sul dollaro a 2,8256, registrando il maggior balzo in avanti dal 2008.

LA STABILITÀ POLITICA

Come ha sottolineato Salman Ahmed, strategist di Lombard Odier Investment Managers, nel breve termine la formazione di un governo monopartitico, l’Akp del presidente Erdogan, «aiuta certamente a ridurre l’incertezza di mercato che ormai circola da giugno». Tuttavia è aumentato «il rischio di ulteriori divisioni sociali, nel caso in cui Erdogan interpreti questa larga vittoria come mandato per portare avanti il suo obiettivo di attuazione di un sistema presidenziale». Indubbiamente, è la conclusione di Ahmed, «al di là della reazione positiva d’impulso degli asset turchi» vista ieri, «la longevità di questi movimenti dipenderà da come il nuovo governo dell’Akp gestirà le relazioni con altre istituzioni fondamentali, in particolare la banca centrale». Erdogan si è dunque ripreso la maggioranza assoluta del parlamento turco. L’Akp ha infatti conquistato 316 seggi su 550 con il 49,4% dei voti, mentre i tre partiti di opposizione, convinti di poter aumentare i consensi rispetto al voto di cinque mesi fa, li hanno invece persi.

L’ANALISI DI FITCH

L’Akp potrà quindi governare da solo ma non ha conquistato i due terzi dei seggi necessari per cambiare la Costituzione. Al riguardo, gli economisti dell’agenzia internazionale di rating Fitch ritengono che «il clima di incertezza notevolmente mitigato dai risultati delle elezioni e la nuova composizione di governo non si traducono necessariamente in una riduzione del rischio politico. La tensione politica a livello locale rimarrà alta se Erdogan tornerà a insistere sulla modifica della Costituzione al fine di rafforzare i poteri del presidente». Secondo gli strategist di Ig, «l’apprezzamento della lira turca potrebbe essere stemperato dalle aspettative di un rialzo dei tassi della Federal Reserve entro la fine del 2015 e da un costante rallentamento dei Paesi emergenti.

IL DOSSIER MONETARIO

Difatti, il forte calo della moneta degli ultimi mesi non è solo riconducibile alla precaria situazione politica interna ma anche, e soprattutto, alle incertezze che hanno interessato i mercati finanziari globali». Mentre l’economista di Nordea, Anders Svendsen, dopo aver osservato che ora il mercato sa con chi avrà a che fare per i prossimi quattro anni, ha sottolineato che «i rischi politici sono diminuiti per ora, ma la tensione resta. Speriamo che i risultati delle elezioni incoraggino dialoghi di pace con il Pkk», il partito armato curdo. Interessante notare l’andamento dei titoli più importanti ieri alla borsa di Istanbul: le banche hanno registrato forti guadagni, in molti casi superiori al 10%. Molto bene è andata Yapi Credi, detenuta al 50% da Unicredit , che ha chiuso in rialzo del 10,1%. Fra i titoli peggiori spiccano invece Hurriyet (-10,9%), quotidiano molto critico nei confronti di Erdogan, e Dogan Holding (-14,5%), il più grande gruppo dei media anatolico, che possiede lo stesso Hurriyet e Cnn Turchia.

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