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Perché Renzi è il vero capo del centrodestra

Vi ricordate Jacques Brel? Lo chansonnier belga di grande successo che rivitalizzò il genere e lo portò in giro per lo mondo. Un suo spettacolo di gran successo negli Stati Uniti (lo vidi all’Arena Stage di Washington dove allora vivevo) era gustosamente intitolato Jacques Brel in alive, in good shape and living in Paris. Tutti si affannano a cercare un leader per il centro destra, mentre tale leader è vivo, in ottima forma e vive anche a Roma. Non solo nella capitale perché adora viaggiare e passare i fine settimana con la famiglia (attorniato da fotografi) in quel di Pontassieve, assurta alla Colombey-les-Deux-Églises nostrana.

Ove avessi avuto qualche dubbio, me li ha tolti la lettura delle 600 pagine della Legge di stabilità (lettura fatta per dovere d’ufficio). Mai letto in oltre trentacinque anni (quando vivevo negli Usa non ne sentivo l’esigenza) un testo legislativo così business friendly e, nel contempo, così poco attento ai temi e problemi di distribuzione del reddito e della ricchezza, nonché della famiglia. Me lo hanno confermato i commenti plaudenti apparsi sul più diffuso quotidiano economico (tutti sanno come si chiama e di chi è la proprietà). Ove ci fosse stato bisogno, me lo hanno ribadito discussioni tra parti sociali in corso in questi giorni.

In breve, è il capo del centro-destra, ove non della destra tout court poiché sta trasformando non troppo di soppiatto il sistema politico del Paese da Parlamentare ad un  Cancellierato in cui il Presidente della Repubblica ha unicamente funzioni rappresentative e decorative.

Non solamente, con il sistema elettorale detto Italicum (che brutto nome!), nel probabile caso di ballottaggio tra  un Partito Democratico guidato da Matteo Renzi ed il Movimento Cinque Stella, tutto l’elettorato tradizionalmente di centro destra correrà a sostenere “l’uomo di Pontassieve”, ma i contenuti delle politiche (possono piacere o non piacere) sono quelli che il centro destra ha tentato di attuare per vent’anni. Ed adesso (peculiarità tutta nostrana) vengono realizzate dalla “sinistra democratica”. Non siamo neanche al bel motto craxiano ‘Un’Italia più moderna e più giusta’ (Conferenza Programmatica del PSI a Rimini nel 1981) ma ad un secco ‘Un Italia più moderna anche se meno giusta’.

Personalmente non posso esprimere giudizi di valore, anche in quanto rivesto un ruolo (pur se piccolissimo) istituzionale. Tuttavia, proprio la Legge di stabilità in discussione al Senato (ed altri provvedimenti affini) stanno creando un problema serio a quella vasta parte del Paese che, a torto o ragione, si considera “di sinistra”. Non creano un problema analogo a quella che pensa di essere “di destra” perché ha messo in conto che ci vorranno almeno dieci anni per ricostruire quanto tentato di edificare nel ventennio 1993-2013.

Il problema è a sinistra per varie ragioni. In primo luogo, si trovano con un leader da loro votato nelle primarie e confermate nelle europee diventato il Royal Baby della destra. In secondo, la sinistra di lotta – quella de Il Manifesto e di Rifondazione Comunistaè in gran misura confluita nel Movimento Cinque Stelle e quella con aspirazioni maggioritarie e di Governo pare inchiodata a politiche di destra, grazie all’uso astuto del voto di fiducia per decidere chi avrà titolo a candidarsi, con buone probabilità, al prossimo Parlamento.

Il leader sta bene, in ottima forma, vive anche a Roma e sorride sornione convinto di avere messo tutti nel sacco.

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