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Tutte le chance di Marco Rubio

Tra un anno esatto sapremo l’esito delle elezioni più importanti e dibattute del mondo. Marco Rubio, volto nuovo della politica a stelle e strisce, può vincere da outsider le primarie repubblicane ed essere poi eletto 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, al termine della corsa elettorale dell’8 novembre 2016. Di origine cubana, ma nato a Miami, 44 anni, avvocato e senatore della Florida, ha annunciato ad aprile di quest’anno la sua intenzione di candidarsi alle primarie repubblicane, raccogliendo inizialmente poco più che qualche tiepida reazione. Come Barack Obama, otto anni fa.

Molti analisti hanno letto il suo annuncio come il primo, quasi necessario passo, di una grande carriera all’interno del partito dell’elefantino. In realtà, Marco Rubio punta davvero a vincere. Considerato un enfant prodige del partito repubblicano ha, giorno dopo giorno, guadagnato consensi fino ad arrivare a oggi ad essere il terzo candidato nei sondaggi dei suoi elettori.
Rispetto a quattro anni fa, quando Mitt Romney vinse le primarie prima di essere travolto dal ciclone Obama, i candidati repubblicani sono molti di più e, in parte, molto più forti. Ma, come allora, al netto di un iniziale interesse rivolto a candidati estranei alla politica e anti-establishment, gli elettori repubblicani si convinceranno a votare per quello che potrà concretamente, se candidato, concorrere alla Presidenza.

L’occasione, dopo l’inavvicinabile Obama, è ghiotta. Hillary Clinton è, di fatto, la candidata unica del partito democratico, col socialista Bernie Sanders racchiuso nel modesto ruolo di sparring partner del caso. La Clinton sarà interessata osservatrice delle infuocate primarie repubblicane, già annunciate come tra le più divertenti e appassionanti degli ultimi trent’anni. Potendo cambiare camaleonticamente la sua strategia elettorale, in base all’avversario.

Attualmente in testa ai sondaggi sono Donald Trump, eccentrico imprenditore, e Ben Carson, ex neurochirurgo. Candidati diversissimi tra loro, ma accomunati non a caso dal non avere alcuna esperienza politica, e da un modo quanto meno non convenzionale di porsi in campagna elettorale. Trump non sarà mai un candidato credibile. Magnate del business, balzato all’attenzione del grande pubblico per il suo ruolo da protagonista nel reality show “The Apprentice”, del quale alter ego nella sua versione italiana è Flavio Briatore. La sua politica di ultra destra, accompagnata dal suo modo provocatorio e politicamente scorretto di proporla e proporsi, ha tanto fatto scalpore quanto attirato acerbi consensi in questi primi mesi di campagna per le primarie. Ne perderà in egual misura e velocità, quando si tratterà di fare sul serio.

Ben Carson non ha mai fatto politica: neuro chirurgo di fama mondiale, nero, nel 1987 separò per la prima volta due gemelli siamesi legati dalla testa in un intervento che destò clamore e attenzione a livello globale. Divenne, negli U.S.A., un esempio concreto di “American dream”: di come, cioè, si potesse avere successo partendo da un contesto sociale più che complicato.
Non ha, in realtà, nessuna intenzione reale di diventare Presidente: ogni settimana che passa rilascia dichiarazioni sempre più assurde, nel quasi dichiarato intento di aumentare la propria notorietà e il dibattito sul proprio nome, quanto di affossare le poche possibilità concrete di arrivare in testa al rettilineo finale.

John Kasich, governatore dell’Ohio, è troppo moderato e non conquisterà mai il voto della destra, necessario per ottenere la nomination in casa repubblicana. Esattamente, del resto, come Chris Christie, governatore del New Jersey per di più appesantito rispetto a Kasich da qualche scandalo di troppo. Carly Fiorina, ex amministratrice delegata di HP, abile oratrice e competente su diversi temi, potrà di fatto concorrere al massimo per il ruolo di Vice Presidente: ed è proprio a quello che sembra puntare. Rand Paul, ultra libertario, raccoglie i consensi della sua parte radicale del partito e non potrà mai allargarli. Ted Cruz, Senatore del Texas e altro unico candidato credibile, è ultra conservatore e ha il sostegno della base ma non dell’establishment del partito, e non vanta alcun orizzonte nella raccolta fondi. Scott Walker e Rick Perry si sono già ritirati. Mick Huckabee, Bobby Jindal, Rick Santorum, Jim Gilmore, Lindsey Graham e George Pataki non hanno alcuna concreta possibilità. Rimangono Jeb Bush e proprio Marco RubioJeb Bush è da sempre, ancor prima che di fatto si candidasse, il favorito annunciato.

Gli analisti di tutto il globo hanno da tempo proclamato le elezioni 2016 come la sfida tra i due centri di potere che, con la parziale eccezione di Obama, si sono spartiti gli Usa dalla fine degli anni ’80 a oggi: i Clinton, con Hillary, e i Bush, proprio con Jeb. Ma oggi, Jeb, è in grande difficoltà: nonostante l’indubbio vantaggio dato dal suo cognome e dall’importante raccolta fondi. È indietro e inchiodato nei sondaggi, non è mai stato convincente nei dibattiti né nelle proposte, abbastanza anonime nei fuochi d’artificio dei contendenti.

Rubio invece, pur avendo annunciato la sua candidatura molto presto, terzo repubblicano, ha da sempre mantenuto un profilo basso, lasciando litigare gli altri contendenti. Soprattutto in estate, quando Trump imperversava in lungo e in largo: lasciando agli altri l’ingrato compito di alimentare o sedare i suoi incendi, ma soffocando al contempo nel fumo. Ora, a meno di tre mesi dalla primarie in Iowa, Rubio ha cominciato a crescere lentamente, ma con costanza nei sondaggi. Oggi, nel marasma dei candidati, sembra l’unica figura capace davvero di unire base e l’establishment del partito. Rubio e Bush, in più, hanno uno stretto legame che li lega. Entrambi della Florida, fu proprio Jeb da governatore, ad aiutare Rubio agli albori della sua carriera politica. Sbrigativamente etichettato come delfino di Jeb Bush, negli ultimi anni Marco Rubio è stato eletto senatore del suo stato, nel 2010, e si è ben presto ritagliato uno spazio come uno dei più popolari repubblicani del paese.

Insomma: tra i fuochi d’artificio di Donald Trump e l’ennesimo Bush, forse stantio, gli elettori repubblicani cercheranno il candidato con le maggiori possibilità di vittoria alle elezioni di Novembre 2016 e lo voteranno alle primarie. E qui, potranno davvero spostare la loro scelta su Marco Rubio. E, se riuscisse davvero a ottenere la nomination repubblicana, potrebbe davvero e clamorosamente farcela.

Hillary Clinton è certamente, una candidata fortissima: ricca di esperienza e legami con i poteri economici e industriali più importanti del paese. Ma la sua forza, può rivelarsi anche la sua più grande debolezza: così come lo è stato otto anni fa con Obama e come, all’interno delle primarie repubblicane, può essere per Jeb. Hillary è vista come la donna dei poteri forti, lontana dal popolo, un robot freddo ed elaborato da un centro di potere per vivere e rappresentare, il potere: giorno per giorno.

Rubio è giovane, nuovo (al contrario di Jeb e Hillary) ma con esperienza (è Senatore della Florida, stato fondamentale), competente (soprattutto in politica estera, ed è la materia sulla quale verteranno la gran parte dei dibattiti), piace alla destra (al contrario di Kasich e Christie) ma è incline al dialogo e può raccogliere voti anche tra i moderati (al contrario di Trump e Cruz) strappando addirittura qualche voto democratico.

Oltre, naturalmente, a piacere ai latinoamericani: senza i quali, oggi negli Usa, non si vince. E dopo il primo nero, gli Stati Uniti sono pronti a eleggere il primo latino americano alla Casa Bianca.
È un oratore straordinariamente efficace, vanta una storia personale coinvolgente e realizza il perfetto sogno americano, che ancora oggi è fortissimo nell’immaginario collettivo Statunitense.
Marco Rubio sa guardare al futuro, e ne è perfettamente consapevole: esattamente come Obama otto anni fa, ha impostato tutta la campagna elettorale sul sogno americano e sul futuro. Tra tutti i competitors repubblicani alle primarie, ha impostato la sua campagna elettorale spostando più in là, attacchi e obiettivi.

Basta fare un giro sul suo sito elettorale: i riferimenti e gli attacchi sono tutti e soltanto rivolti alla Clinton. Il messaggio è chiarissimo: le primarie, per Rubio, sono solo un passaggio obbligato. Il suo vero obiettivo è la Casa Bianca. Parla poco del presente, se non per elencare le sue competenze specifiche nei diversi argomenti, con le quali riesce comunque a emergere dibattiti, in cui attacca regolarmente Hillary e parla già da candidato Presidente repubblicano.

Insomma, vuole convincere gli elettori repubblicani che è proprio lui, il loro candidato ideale per il futuro. Dando relativa importanza, ai sondaggi di oggi. Non è un caso, che sia nettamente il candidato repubblicano che spaventa di più i democratici: e alla lunga potrebbe essere proprio questo, il fattore determinante sull’intera campagna presidenziale.

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