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Così i derivati irrompono nella partita Tesoro-Casse previdenziali

E’ una parola che suscita sempre un certo timore, soprattutto in questi ultimi anni. “Derivati”, ovvero contratti ad alto rischio per coprirsi da eventi imprevisti stipulati da enti pubblici, banche, società finanziarie e holding. In Italia il termine è inevitabilmente associato al Monte dei Paschi, che con la stipula del contratto Alexandria ha rischiato il crac, due anni fa. Eppure di derivati sono pieni i conti dei Comuni, delle Regioni e dello stesso Stato Italiano, per mezzo del ministero dell’Economia. E nemmeno le Casse previdenziali private ne sono immuni.

TUTTI I DERIVATI IN PANCIA ALLE CASSE

Secondo un accurato conteggio della commissione di vigilanza sugli enti previdenziali di qualche tempo fa, nelle Casse professionali si annidano 5 miliardi di derivati, rappresentativi di circa un terzo delle proprie attività. Una cifra monstre,  da maneggiare con cura. Tanto che la questione derivati è persino finita al centro del confronto in atto tra Casse e Mef, in merito alla volontà di quest’ultimo di fissare nuovi paletti agli investimenti delle Casse per garantire una “gestione prudenziale del patrimonio. Casse che da parte loro, come svelato da Formiche.net, chiedono tra le altre cose anche un alleggerimento della pressione fiscale sugli investimenti.

IL CDS, VIA I CONTRATTI RISCHIOSI DAI BILANCI 

Nei giorni scorsi Formiche.net aveva dato conto di come il Consiglio di Stato stesse esaminando lo schema di decreto del Tesoro per la revisione degli investimenti delle Casse, al fine di emettere un parere. Ora quel parere è arrivato chiedendo al Mef, secondo quanto si legge nel documento che Formiche.net “interventi correttivi e modifiche sia sul piano formale che sostanziale“. E cioè che i bilanci delle Casse devono essere totalmente ripuliti dai contratti ad alto rischio. Secondo i giudici del Cds “sarebbe risultato assai più congruo stabilire anziché limiti agli investimenti l’esclusione tout-court dell’uso dei derivati“. Un orientamento che evidentemente cozza contro le indicazioni del Tesoro che, nello schema di decreto, vorrebbe semplicemente abbassare la soglia delle risorse da destinare alla stipula di strumenti finanziari, compresi i derivati, al 5%.

GLI ALTRI PALETTI DEI GIUDICI AMMINISTRATIVI

Ma le critiche del Consiglio di Stato al tetto del 5% fissato dal Tesoro, che a questo punto dovrà tenere conto delle osservazioni del Cds, non si esauriscono qui. Sempre secondo quanto si legge nel testo, per i giudici “pur introducendo il limite del 5% delle disponibilità complessive, si consente a sua volta di investire in strumenti finanziari collegati alle merci. Tale previsione sembra contrastare con i principi ispiratori dell’iniziativa laddove si osservi che l’investimento sulle merci ha rappresentato costantemente e costituisce tuttora un sistema di speculazione finanziaria ad alto rischio considerate le continue oscillazioni dei prezzi conseguenti alle vicende più disparate ed imprevedibili, cui le merci sono di regola sottoposte nei mercati nazionali e internazionali”.

UN PARERE CON (TROPPE) INCOGNITE

Sul parere del Consiglio di Stato pesano tuttavia alcune incognite, come fatto notare a Formiche.net da una fonte vicina al dossier. La prima questione riguarda la retroattività. Il parere infatti impone sì l’eliminazione dei derivati, ma senza tuttavia tenere conto del fatto che già lo stesso decreto del Mef prevede la limitazione dei contratti rischiosi risultanti al momento dell’entrata in vigore del provvedimento, quindi stipulati in precedenza. E poi c’è una questione più politica. “Perché”, si chiede la fonte, “il Tesoro può stipulare derivati con i soldi del popolo italiano, fondi pensione, gestiti da sindacalisti, li possono fare, così come le fondazioni ci si possono sbizzarrire e invece per le Casse si intravede un problema-derivati”? Per un altro addetto ai lavori sono “casuali” tali pareri, non cioè retti da una reale conoscenza del contesto. E poi, altra domanda senza (per ora) una risposta. Se – come affermato dal Consiglio di Stato qualche mesi fa – le Casse sono enti privati, perché interviene un organismo pubblico intimando l’eliminazione di tutti i derivati? La palla ora (ri)passa al Mef.

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