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Tutti i virus della sindrome Nimby

Si dice che è più difficile dire di no invece di sì. Forse è vero, ma non in Italia, dove a dire di no ci si mette il tempo di un click. Che col passare del tempo diventa sempre più il Paese dei divieti e dei ricorsi contro questa o quell’altra opera. Risultato? Paese bloccato e tribunali ingolfati. Qualcuno, l’anno scorso, si era illuso che l’Italia fosse finalmente uscita dal torpore del Nimby (Not in my back yard), quando i progetti bloccati nel 2013 da comitati locali o associazioni erano stati 336, contro i 354 del 2012. E invece no, nulla da fare. Ieri, nel corso della presentazione alla Camera del decimo rapporto, l’Osservatorio del Nimby forum ha riportato tutti sulla terra. L’Italia è ancora nel freezer, perché nel 2014 le infrastrutture contestate e bloccate sono salite a 355, il 5% in più del 2013. E l’Italia rimane ancora quel Paese dove alcune regioni a guida Pd indicono referendum per azzoppare gli interventi dello Sblocca Italia (approvato dallo stesso governo Renzi) mandando in malora miliardi di investimenti. Grottesco? No, realtà. Qui tutti i dettagli del rapporto nell’articolo di Valeria Covato per Formiche.net.

NIMBY SOCIAL E UN PO’ NAZIONAL POPOLARE

Da oggi chiamatelo social Nimby, ovvero il No al tempo di Facebook. Sì perché il fenomeno del “non nel mio giardino” è sempre più social. Quest’anno l’Osservatorio ha dedicato un focus particolare, concentrando l’analisi sui movimenti No Tav e No Triv. Presenti su Facebook dal 2008, i No Tav comunicano prevalentemente attraverso la pagina No Tav. Organizzazione comunitaria, che conta 56.860 like, con decine di pagine e gruppi collegati. Più recente invece la pagina Facebook Coordinamento Nazionale-No Triv che ha all’attivo 5.856 like circa, circa 20 pagine collegate (Coordinamento No Triv-Terre di Bari, No Trivelle Capo di Leuca, etc), un totale di sostenitori pari a 10.000 e aggiornamenti di pagina quotidiani.

DELRIO, LA MAGISTRATURA? UN’AMARA MEDICINA

La parte del leone nel contesto Nimby, neanche a dirlo, la fanno i magistrati. I tribunali sono pieni zeppi di ricorsi contro questa o quella discarica, centrale, ferrovia. Però la colpa non è dei magistrati. Almeno così la pensa il ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio, assente dal convegno, ma che ha comunque rialsciato un’intervista all’Osservatorio. “La magistratura è entrata in campo in modo così forte per l’incapacità della politica di decidere e contrapporsi a logiche corruttive o clientelari e a darsi un’amministrazione che funzioni”. E allora? Allora “l’intervento della magistratura è la medicina amara che dobbiamo prendere fino a che il corpo dell’Italia non sarà guarito”. L’obiettivo del governo è quindi finanziare “opere utili, piccole o grandi che siano, ma utili. Opere non faraoniche, cioè sproporzionate, valutate attraverso un’analisi di costi e benefici e sulla base di progetti definitivi, come previsto dal Nuovo Codice degli Appalti“. Basterà a sconfiggere il Nimby?

PELUFFO TRA SPERANZE (NEL CODICE APPALTI) E L’EXPO

Di poche parole è stato poi Vinicio Peluffo, deputato dem e membro della commissione Attività Produttive della Camera, secondo cui un primo vero colpo alla sindrome Nimby verrà inferto dal nuovo codice degli appalti. “Avremo regole più certe e quindi anche maggiore chiarezza nello spiegare le opere da fare. Proprio per questo ad oggi è in discussione in Parlamento la riforma del codice degli appalti”, ha affermato Peluffo. Che poi ha riservato una stoccata a una certa informazione online che spesso e volentieri distorce la realtà sull’utilità o meno di un’opera. “L’informazione online deve fare i conti con affidabilità delle fonti, per l’impatto che ha su opinione pubblica”, ha chiosato il deputato. Peluffo ha poi portato l’esempio della “sua” Rho, dove “oltre alle opere per l‘Expo, sono state realizzate tante altre cose, che il territorio ha accettato. Questo può essere un esempio, un’immagine per tutto il Paese”.

IMPUTATI ECCELLENTI (MA ASSENTI): TAMARO E DE LUCA

Nel corso dell’incontro poi non è mancata qualche critica velata a due scrittori spesso critici verso certe infrastrtutture. Sul banco degli imputati è finita, per esempio, Susanna Tamaro che recentemente si è scagliata contro il progetto geotermico di Bolsena, con un editoriale sul Corriere. E poi c’è Erri De Luca, assolto di recente dalle accuse di sabotaggio in seguito alle sue prese di posizione contro la Tav. A criticarlo è stato Mario Virano, ex commissario del governo per la Torino-Lione, ora amministratore delegato di Telt, la società incaricata della realizzazione del tunnel di base della tratta ferroviaria, che ha definito De Luca “mentitore che va in giro a raccontare menzogne”.

Ma basterà tutto questo a superare la sindrome Nimby?

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