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Vi spiego il ruolo della certificazione. Parla Rossi (Accredia)

Di Massimiliano Cannata

“La certificazione come straordinaria leva per attuare un miglioramento continuo delle organizzazioni e per definire un processo di semplificazione normativo, utile a rendere più competitive le nostre aziende e nel contempo a innalzare la reputation dell’intero sistema Italia agli occhi del mondo”.

L’argomentare di Giuseppe Rossi, che pur essendo da pochi mesi alla Presidenza di Accredia (l’Ente unico nazionale di accreditamento) dimostra di avere le idee molto chiare, sgombra subito il campo da false convinzioni e consumati stereotipi: non è vero che la certificazione faccia a pugni con la necessità di sburocratizzare e semplificare. “Erroneamente molti continuano a pensare alla certificazione come a un fastidio in più, a un vuoto adempimento formale che assorbe tempo e risorse. Come se occuparsi di grandi questioni del nostro tempo, quali la gestione della sicurezza fisica o informatica, la qualità, la salute dei lavoratori, la sostenibilità degli impianti di produzione, non significasse guardare al cuore dell’impresa, nella molteplicità dei legami che intrattiene con il contesto ambientale, territoriale e socio-antropologico in cui si muove”.

Quello che emerge in prima battuta nel corso di una conversazione cui ha partecipato il direttore generale, Filippo Trifiletti e che si è svolta nella sede romana di Accredia, è un dato culturale e di sistema molto importante: la ricerca della qualità e la misurazione dei fenomeni sono “categorie” essenziali (per usare la terminologia classica di derivazione aristotelica) che ci consentono di avere un’idea trasparente e concreta dei livelli di produttività e di efficienza che qualsiasi organizzazione è in grado di esprimere. Una piccola “rivoluzione copernicana”, se si considera che sfuggire ed eludere è stato in molti ambienti il “brodo di coltura” che ha finito, come dimostrano le cronache più recenti, troppo spesso con l’alimentare un’economia sommersa, fatta di illeciti, opacità, corruzione.

“Faccio un esempio molto chiaro perché i lettori possano intenderci – prosegue Rossi – A scuola ciascuno di noi ha bisogno di misurarsi quotidianamente con un sistema di valutazione; la promozione non è che il riconoscimento della qualità del lavoro svolto. Vale lo stesso ragionamento per i nostri ispettori che sono persone formate e culturalmente esperte, impegnate a trasferire know-how nei contesti in cui si muovono, aiutando i soggetti accreditati a fissare con chiarezza gli obiettivi. Dove non c’è controllo, e trasparenza, c’è rilassamento, scarsa tensione morale, con la conseguenza inevitabile di un generale peggioramento dei parametri della prestazione. Il senso della sfida, che fa da traino alla motivazione di grandi e piccoli team, si può innescare solo se individuato e misurato un limite, mi propongo subito dopo di superarlo”.

Presidente Rossi, ogni realtà che si muove nel mondo produttivo ricerca un miglioramento continuo, spesso senza riuscire ad afferrarlo. Va però riconosciuto che la riflessione che stiamo facendo mostra anche un aspetto ambivalente: molte aziende invece di trarre valore aggiunto dalla certificazione, subiscono la duplicazione di controlli spesso interminabili che finiscono col rallentare le attività produttive. Come si può ovviare a questo grave inconveniente?   

La duplicazione è un fenomeno che si sta riducendo, posso assicurare che il nostro impegno è fortemente orientato in questa direzione. Sarà decisivo rafforzare il dialogo con gli stakeholders (le Istituzioni e le rappresentanze di imprese e soggetti accreditati, in particolare). L’attività di ACCREDIA, pur applicando poteri di controllo, va distinta da quella “sorveglianza del mercato” che la regolamentazione comunitaria riserva a quelle Autorità Pubbliche che possono esercitare poteri repressivi. La nostra azione, invece, rappresenta più che altro un sistema che previene e diminuisce i rischi. Spesso, i nostri rilievi (in gergo: “non conformità”), servono ad individuare un deficit, per poi verificare se, a distanza di tempo, questo gap è stato colmato. Naturalmente, queste due azioni – preventiva e repressiva – devono svolgersi in modo coordinato. Come viene messo in evidenza dal nostro Rapporto realizzato con il Censis sulla semplificazione, ci sono troppi enti pubblici che agiscono separatamente (lo studio ne conta ben 15 n.d.r), recandosi in azienda. Lo spazio dunque esiste per attuare una semplificazione intelligente, che non deroghi dalla serietà e dalla puntualità della misurazione. Ci tengo inoltre a sottolineare che esiste una burocrazia di qualità, non si tratta di concetti antitetici. Questo lo si può comprendere a condizione di approfondire il vero significato di parole valigia, che contengono alla radice una storia e una cultura.

Cosa si sta facendo in concreto nella direzione dell’armonizzazione e della semplificazione?

Con il regolamento europeo 765/08, che ha imposto un unico Ente di accreditamento, collegando questa nostra attività con la sorveglianza del mercato, si è lanciato un messaggio forte. Altro tassello importante, che potrà portare a una maggiore sinergia tra gli Enti addetti al controllo pubblico, è il coordinamento e lo scambio di informazioni. Accredia oltre ad avere – unico ente al mondo – una banca dati con tutte le imprese certificate sotto accreditamento per i principali sistemi di gestione (qualità, ambiente, sicurezza), aperta alla consultazione pubblica, è fortemente impegnata a collaborare con le Istituzioni al fine di limitare il più possibile sovrapposizioni e di garantire: certezza degli adempimenti, uniformità di approccio e qualità dei risultati.

I FATTORI DI CONTESTO

Le pare che i “fattori di contesto” siano maturi per avviare un autentico lavoro di snellimento delle procedure di verifica e controllo?

E’ il momento giusto per imprimere una forte spinta innovativa. In questi ultimi anni, grazie al lavoro dei miei predecessori e del direttore generale, Accredia si è portata molto avanti, integrando tre mondi diversi: quello delle tarature, delle prove e delle certificazioni, che non avevano certo in comune linguaggi e metodi. L’armonizzazione ha, in particolare, trovato un catalizzatore nell’avvicinamento delle due culture: pubblica e privata. Oggi Accredia è una realtà composta da una pluralità di soggetti, caratterizzata da una comunità di intenti e da standard operativi di qualità, mediamente elevati.

Il 2014 ha confermato il trend di crescita del sistema di valutazione delle competenze degli organismi di certificazione ed ispezione e dei laboratori di prova e taratura: stesso trend hanno fatto registrare i numeri delle aziende certificate per i sistemi di gestione – per la qualità, ambientale, dell’energia, per la salute e sicurezza sul lavoro e per la sicurezza alimentare e delle informazioni. Come va interpretata questa tendenza?

Sono dati che dimostrano che stiamo lavorando bene, e che fanno vedere come ci siano ulteriori margini per la ottimizzazione e l’armonizzazione degli interventi. Faccio notare che nello stesso periodo il numero del personale ispettivo di INPS è diminuito (di conseguenza è anche calato del 28% il numero delle aziende visitate da questi ispettori); lo stesso vale per il personale che opera nei ruoli tecnici dei ministeri, questo per le ragioni pressanti e inaggirabili della spending review. “Parlarsi” tra  amministrazioni ed Enti sarà decisivo in un tale contesto: ottenere un servizio migliore per risparmiare risorse da destinare alla ripresa e alla crescita ha infatti assunto un valore strategico.

CULTURE A CONFRONTO

Tra i vostri interlocutori ci sono due importanti fronti, che rispondono a due universi in termini di identità e profili: il polo della PA e le PMI. Sappiamo tutti (lo dimostrano ampiamente tutte le ricerche più recenti) che dalla PA dipende in larga parte lo sviluppo di un Paese che vorremmo più dinamico, veloce, moderno. L’amministrazione pubblica, è in grado di rispondere a queste esigenze?

Non si può dare un giudizio sommario. Vi sono aree importanti del settore pubblico che hanno capito l’innovazione e che già praticano i linguaggi del cambiamento. Per quel che concerne il nostro compito di certificatori, non ci stiamo limitando a “tastare il polso”, per così dire, dello stato di salute dei nostri clienti, stiamo piuttosto definendo con loro una precisa mappatura delle competenze, che possa permetterci non solo di migliorare la performance, ma, cosa da non sottovalutare, di valorizzare importanti giacimenti di  professionalità che operano alle dipendenze dello stato. Sotto questo profilo, mi creda, la prospettiva è molto interessante e presenta margini di miglioramento veramente notevoli.

Spostando il fronte della nostra analisi alle PMI, cosa possiamo dire?

Anche in questo caso, i dati sono la fotografia più netta che fa vedere l’ampiezza e la capillarità delle attività che abbiamo svolto. In Italia sono più di 150.000 le certificazioni rilasciate, un dato che se parametrato con i numeri tedeschi, dove sono state registrate circa 56mila certificazioni, credo possa rendere molto bene l’idea. Attenzione però: la quantità di operazioni va bilanciata in rapporto alla struttura produttiva, che in Italia è fortemente caratterizzata da aziende di piccole dimensioni con un forte frazionamento del sistema industriale. Questa polverizzazione ha un effetto ovviamente sui numeri, ma resta valida una evidenza che dobbiamo impegnarci a diffondere e a far capire: ogni azienda che voglia avere le carte in regola per la competizione globale, coltivando le giuste chances di crescita e di successo ha il diritto ad ottenere una certificazione accreditata che segua metodi rigorosi, come disegnato dalla normativa nazionale e internazionale.

Avere dunque il “bollino” aiuta a stare sul mercato?

Non solo, è un fattore della competizione che dà valore aggiunto. La nostra capacità di innovazione e di creatività è un valore che dobbiamo difendere e che ci viene, malgrado i tanti profeti di sventura, riconosciuta nel mondo. Quando operiamo un audit, noi trasferiamo una cultura manageriale e di governance, di cui le PMI si avvalgono nel confronto internazionale. Questo ragionamento è ancora più valido in un’epoca in cui le grandi scuole di management sono tramontate e c’è una grande “fame” di conoscere la sintassi dell’innovazione e le logiche che attengono a un capitalismo in fase di accentuata mutazione.

IL CONFRONTO INTERNAZIONALE

E’ dunque sul terreno internazionale che si gioca la partita del futuro?

Il lavoro che abbiamo svolto per rafforzare le collaborazioni con gli altri Paesi ha ricevuto un importante riconoscimento come dimostra la nomina, appena deliberata di un rappresentante di Accredia, Emanuele Riva direttore del nostro Dipartimento di Certificazione e Ispezione, quale vicepresidente unico della rete mondiale degli entri di accreditamento (IAF). Sulla stessa scia di questo impegno, che abbraccia tutte le principali economie mondiali, e che guarda sempre più oltre confine, nella direzione delle economie emergenti, abbiamo deciso di ospitare l’Assemblea Mondiale degli Enti di Accreditamento che si è svolta a Milano a chiusura dell’Expo. E’ stato un momento qualificante per ribadire l’importanza strategica della rete e della semplificazione, che va a combinarsi con la logica dell’armonizzazione normativa a tutti i livelli. Dare respiro ad una visione d’insieme di cui la nostra Europa ha estremo bisogno, può essere, infatti, la chiave giusta per ritrovare quello slancio ideale che aveva animato i padri fondatori di una comunità di culture e di destini che deve al più presto ritrovarsi.

Massimiliano Cannata, Giornalista professionista, esperto di social Innovation, formazione e cultura manageriale

(Articolo tratto da  “L’impresa”, il magazine di management del Sole24Ore, novembre 2015)

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