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Militari 007, ecco dove e perché servono

Venerdì 13 novembre, in poco più di 30 minuti, alcuni commando di terroristi hanno colpito sette punti diversi di Parigi con tecniche di guerra. Pochi istanti dopo l’Isis ha assunto la paternità degli attentati che, in modo brutale e preciso, hanno seminato morte in luoghi “non simbolici”, colpendo la quotidianità delle persone. Potevano scegliere chiese, infrastrutture, comandi di polizia, un’ambasciata. Invece hanno colpito un bar, un bistrò, dei ristoranti, una sala da concerti, lo stadio e probabilmente un aereo su una rotta turistica un paio di settimane prima. Sicuramente un salto di qualità nella tecnica del terrore, che denota una nuovo e più efficace modo di colpire l’Europa nella propria quotidianità. C’è da chiedersi come tutto ciò sia potuto accadere.

Un attacco su vasta scala, come quello di Parigi, è stato certamente preparato per tempo ed evidenzia la capacità di approvvigionamento di armi, munizioni, esplosivi, mezzi di trasporto e soprattutto di uomini. È possibile che nelle settimane precedenti i servizi francesi ed europei non abbiano avuto nessun sentore di ciò che stava per capitare? Siamo di fronte all’incapacità del sistema di sicurezza francese o ad un salto di qualità della macchina del terrore?

Io sono più propenso a considerare la seconda ipotesi, ovvero che la capacità logistica, tecnologica congiunta alla preparazione militare consentano in questo momento all’Isis di farsi beffa dei nostri sistemi di prevenzione, e che non sarà sufficiente il lavoro di intelligence per garantire la sicurezza delle nostre città.

In Italia siamo consapevoli del fatto che c’è una grande esperienza di anti terrorismo. L’Islamic State rappresenta una minaccia completamente diversa da quelle che abbiamo conosciuto in passato, in primis Al Qaeda, che pur avendo una grande capacità di colpire, poteva essere considerato un movimento terroristico di élite che, pur potendo contare su mezzi finanziari e di comunicazione, non aveva una vasta capacità di reclutamento.

L’Isis ha una organizzazione statuale, può contare su mezzi, uomini, risorse finanziarie e di network con altre organizzazioni in un altra decina di Paesi tra Medio Oriente e Nord Africa, che nessun altro movimento ha avuto in precedenza. È per questa ragione che il nostro Paese, se vuole garantire la propria sicurezza e quella degli altri Paesi Europei, deve essere pronto a colpire le centrali del terrore, ad eliminare le minacce sul nascere.

Ed è in questa chiave che va letto l’articolo sull’intelligence che, attraverso un mio emendamento, è stato inserito nel Decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali. La norma che è stata approvata dalla Camera dei Deputati prevede infatti che il Presidente del Consiglio, acquisto il parere del Copasir, possa autorizzare operazioni all’estero attraverso l’utilizzo delle forze speciali dell’Esercito, estendendo a queste ultime le prerogative di immunità funzionale che di solito si applicano agli uomini dei servizi.

È chiaro che il primo possibile impiego delle forze speciali potrebbe essere la fase 3 della missione Eunavfor Med, ovvero la neutralizzazione delle capacità dei trafficanti di esseri umani in Libia, che rappresenta una delle fonti di finanziamento dei gruppi terroristici di matrice fondamentalista. Ma è altrettanto chiaro che la norma offre uno strumento forte per colpire le centrali del terrore, laddove fino ad oggi sono state pressoché libere di organizzare il reclutamento e l’approvvigionamento finanziario.

Una norma impensabile soltanto qualche mese fa, ma che (lo testimonia il fatto che è stata approvata a larga maggioranza) evidenzia la consapevolezza del Parlamento Italiano di compiere un salto di qualità nel contrasto al terrore.

Andrea Causin è deputato di Area Popolare e membro della commissione Difesa della Camera dei Deputati e dell’Assemblea parlamentare della Nato

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