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Germania davvero in guerra con la Francia contro Isis?

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Anche la Germania parteciperà alla guerra contro i jihadisti dello Stato Islamico. Berlino metterà a disposizione tra 4 e 6 aerei da ricognizione modello Recce-Tornados; una fregata F124 da assegnare alla portaerei francese Charles de Gaulle, attualmente di stanza nelle acque del Mediterraneo orientale; aerei da rifornimento Airbus 310 e un sistema satellitare.
Stando a quanto scrivono i media tedeschi, il Bundestag, il parlamento tedesco, dovrebbe votare la decisione martedì prossimo. Se così sarà le forze militari del Paese potrebbero essere operative già prima di Natale. Berlino, in questo caso, si basa sulla risoluzione avanzata dalla Francia e approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il governo tedesco si richiama inoltre al diritto di autodifesa sancito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e ancora, al 42.7 del Trattato Ue che prevede l’aiuto da parte degli Stati membri.

CAMBIO DI STRATEGIA

La Germania ha operato una decisa “inversione a u”. Durante l’incontro di un paio di giorni fa, tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese François Hollande, Berlino pareva intenzionata a limitarsi ad “alleggerire” il compito di peacekeeping dei soldati francesi in Mali. Hollande, durante quella conferenza, aveva però replicato che il suo Paese sarebbe stato molto grato ai tedeschi se fossero stati in grado di sostenerli anche fattivamente nei combattimenti contro l’Isis in Siria. E 48 ore dopo Berlino ha risposto.

I DUBBI

Certo, ha sottolineato il ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen, “si tratta di una decisione difficile e importante”. Ma, ha proseguito il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, “dopo aver assicurato il nostro pieno appoggio alla Francia, saremmo stati poco credibili se alle parole non fossero seguiti i fatti”.
Ma è corretto dire che la Germania entra in guerra al fianco dei francesi? Un dubbio sollevato per esempio dall’esperto militare Thomas Wiegold. Sul suo blog si chiede: “Quali sono le regole di ingaggio per i militari tedeschi? E i nostri tornado da ricognizione potranno fare solo foto o, se necessario, anche bombardare?”. Uno dei commentatori sul blog ha risposto: “Una volta ancora la Germania ha scelto il compito più facile: ricognizione, difesa contraerea, e rifornimento. Tutto questo è imbarazzante. Ciò nonostante sui giornali si legge ‘La Germania combatte contro l’Isis’. Ma le cose non stanno così. A combattere lo Stato Islamico sono gli altri Stati, noi ci limitiamo a fare qualche foto e a giocare ai benzinai volanti”.

NIENTE SOLDATI A TERRA

Un’analisi che fa emergere l’ambiguità di Berlino, che si evince anche dall’intervista rilasciata stamane da Wolfgang Hellmich, membro socialdemocratico della Commissione parlamentare di difesa, al canale radiofonico Deutschlandradio: “Sbaglia chi dice che si tratta solo di un appoggio simbolico”, ha detto il deputato. Alla domanda se l’aiuto offerto ora dalla Germania fosse dunque un intervento bellico ha risposto: “No, parliamo di operazioni di sorveglianza più stringenti. Inoltre mettiamo a disposizione anche i nostri stati maggiori incaricati di coordinare gli interventi. Non mandiamo però nostri soldati in Siria”. Niente soldati a terra, dunque, ha spiegato Hellmich, anche se il lavoro di ricognizione che andranno a fare i tornado tedeschi è un supporto indispensabile per i caccia da combattimento francesi. Quindi, ha insistito l’intervistatrice, si può di fatto parlare di un’azione militare? “Si”, ha risposto Hellmich.

LE RAGIONI DELLA SCELTA

Anche secondo il politologo Christian Hacke sarebbe auspicabile più chiarezza nel dire che tipo di missione sono chiamate a svolgere le forze militari tedesche. Perché, anche se in un primo momento i tedeschi si limiteranno a un supporto indiretto, di ricognizione e logistico, ben presto dovranno fare altro. Di questo Hacke è convinto: “Al momento facciamo quello che sappiamo fare meglio, teniamo però presente che questo non ci mette ancora sullo stesso piano degli alleati che sono coinvolti a tutti gli effetti nei combattimenti”. Il fatto che il governo tedesco abbia ora cambiato strategia ha secondo Hacke motivi molto pragmatici. Se la Germania si defilasse completamente dal teatro di guerra siriano, sarebbe difficile per Berlino chiedere aiuto e solidarietà in caso di attentati come quelli subiti dai francesi. Inoltre va considerato che “in tempi di gravi crisi o addirittura di guerre, l’incisività di ogni azione diplomatica è direttamente proporzionale all’appoggio militare”, sottolinea Hacke. Motivo per cui la partecipazione, per quanto ancora cauta della Germania, darà anche più libertà e peso alle azione diplomatiche del ministro degli Esteri tedesco Steinmeier. “Il nostro intervento in Siria ha un significato eminentemente politico e rafforza il ruolo della Germania sia in quella regione sia in Europa, facendone una potenza centrale e un catalizzatore per altri europei, come gli italiani e i britannici”.

LE CONVERGENZE POLITICHE

Eccetto la sinistra (Die Linke) i partiti sembrano tutti concordare sulle decisioni prese. E anche gran parte della stampa le condivide, anche se sottolinea che la decisione tedesca è frutto di grandi pressioni internazionali e di un preciso calcolo. Il direttore della Neue Zürcher Zeitung, Eric Gujer, ha ricordato una frase dell’ex ministro della Difesa tedesco, il socialdemocratico Peter Struck, il quale disse a proposito dell’intervento di militari tedeschi in Afghanistan: “La sicurezza della Germania oggi si difende anche nell’Hindukush”. Sulla Süddeutsche Zeitung si legge invece: “L’opinione pubblica si è sempre mostrata assai perplessa circa l’intervento militare tedesco. E se proprio bisogna far intervenire la Bundeswehr, che ciò avvenga solo quando il nemico è ante portas. Solo che in questo caso il nemico potrebbe essere addirittura già intra muros e deve essere combattuto sui due fronti. Per rendere credibile la posizione tedesca contro il Daesh c’è dunque bisogno di questo contributo militare, certo limitato al massimo, ma comunque sostanziale”.

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