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Come guardare ai poveri secondo Papa Francesco

Il viaggio apostolico del Papa in Africa prosegue. Nella giornata di ieri, dopo l’incontro interreligioso e la Santa Messa nel Campus dell’Università di Nairobi, per Francesco è stata la volta del clero e dei religiosi e poi l’appuntamento con l’Ufficio delle Nazioni Unite. In quest’ultimo passaggio il Santo Padre ha voluto rimarcare l’importanza della riunione sul cambiamento climatico prevista a Parigi nei prossimi giorni, richiamando le parole da lui già espresse in merito nell’Enciclica Laudato si’ e in altri suoi pronunciamenti importanti, come l’intervento di qualche settimana fa a New York nel palazzo dell’Onu.

Il rispetto della terra e dell’habitat naturale non è un fattore accidentale ma riguarda direttamente la pratica del bene comune, e la sua applicazione serve per salvaguardare le collettività dagli abusi di minoranze o da interessi privati che s’impongono dall’esterno.

Com’era da aspettarsi, il momento culminante della permanenza di Bergoglio in Kenya è stato però il discorso tenuto oggi nel quartiere povero di Kangemi. L’incontro con la parte meno abbiente della popolazione gli ha dato occasione, infatti, per esprimere alcune delle sue idee sociali più incisive.

La domanda sottesa era senza dubbio quella sul perché dei poveri; e, ancor più, sul significato positivo che può assumere l’indigenza in un ambiente sociale misero e degradato.

La risposta del Papa si è mossa su due linee principali: considerare la povertà come saggezza e guardare alla vita umile come fattore di reale autenticità. Saggezza, perché i valori evangelici si oppongono frontalmente alla logica del benessere. Autenticità, perché laddove manca il superfluo, la vita resta ancorata ai valori fondamentali che sono poi indubbiamente gli aspetti anche più umani dell’esistenza: solidarietà, condivisione, aiuto reciproco, senso della comunità.

Il Papa non ha usato mezzi termini. I valori non si quotano in borsa, non si mercanteggiano, non si comprano né si vendono. Il cristianesimo è una spiritualità da periferia e non da salotto di lusso, perché la vita stessa di Gesù è radicata nel bisogno e nel marginale, un nascondimento e una sofferenza che è causa di grandezza e di continue risorse redentive.

In riferimento alla situazione odierna Francesco ha rilevato l’inseparabilità tra l’idea di bene comune e quella del diritto alla terra, al cibo e a condizioni di sussistenza sufficienti per vivere. Di qui anche la principale esigenza sociale dell’accesso alle infrastrutture e ai servizi di base: fognature, scarichi, raccolta dei rifiuti, ma anche acqua, luce, ospedali, centri ricreativi e artistici.

Per Francesco l’insieme delle condizioni indispensabili a una vita buona non può essere sacrificato per l’indifferenza e l’egoismo di chi esige l’accumulo di ricchezze inservibili unicamente per se stesso. Soprattutto perché dietro questa corsa al denaro si celano atteggiamenti egoisti, ossia di esclusione e di chiusura nei confronti delle prioritarie necessità di chi non ha nulla.

La via da seguire, viceversa, è quella dell’inclusione sociale, della tutela integrale delle comunità, partendo dalla famiglia, garanzia insostituibile di generosità, pace e giustizia personale.

La visione di Francesco mira, in definitiva, a recuperare un ideale politico solido e ben conosciuto in Occidente, secondo cui gli effettivi soggetti della sovranità non sono gli individui, scissi e separati gli uni dagli altri, ma i popoli e le collettività, organicamente organizzati al loro interno su criteri di scambio aperto, partecipazione attiva e condivisione orizzontale.

L’unico modo per garantire la libertà di tutti, d’altronde, è impedire che il potere si erga senza limiti sopra la società, schiacciando o emarginando, secondo i casi, i diritti dei più deboli. La democrazia è, difatti, resa possibile da forme sempre più aperte di auto governo dei cittadini, nelle quali non domina un clan o un élite, ma la legge è tanto più legittima quanto più cresce il grado di allargamento popolare della sovranità.

Chi governa, in fin dei conti, deve assolvere il compito etico di caricarsi sulle spalle il peso degli altri, e lo realizza a pieno divenendo forma rappresentativa di una condivisione comunitaria che non resta esclusa ma è realmente attiva protagonista della vita sociale.
In conclusione, secondo il Papa quando i poveri sono sovrani, il potere è democratico e il bene è comune. Quando i poveri sono esclusi, la democrazia diventa apparente e il potere corrotto, oppressivo e dannoso.

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