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Chi stona sui canti di Natale

Ci sono tanti modi per non urtare la sensibilità degli altri, e la scuola pubblica ha il diritto-dovere di insegnarli tutti. Valori come il rispetto, il civismo, l’accoglienza non sono retorica buonista, ma scelte degne e forti che diventano quasi automatiche se i tuoi maestri te le hanno trasmesse fin dai banchi. Spesso d’intesa e talvolta persino a dispetto dai discorsi in famiglia o tra amici, quando il pregiudizio, l’umana paura o un’opinione diversa possono rendere più complicato un compito tanto naturale.

Ma tendere una mano alla diversità e aprire gli occhi e il cuore dei ragazzi all’universo che cambia, non prevedono mai la rinuncia a quello che sei. Peggio, al considerare la tua cultura come una possibile fonte di “provocazione” per la differente cultura altrui. E perciò a nascondere la tua identità, a mortificarla, a sopprimerla, addirittura. Quasi fossimo i figli del nulla: il trionfo del nichilismo, non certo del laicismo. Ma in una scuola di Rozzano, nel Milanese, in nome di una supposta laicità sono stati aboliti i canti di Natale. E tolti dalle pareti gli ultimi crocifissi rimasti.

Come se intonare insieme “Tu scendi dalle stelle”, tradotto e cantato in ogni lingua del mondo, a Rozzano potesse offendere il sentimento di bambini e ragazzi stranieri o di famiglie musulmane. E che tale scelta, difesa dal preside e contrastata da diverse famiglie, avvenga proprio all’indomani del 13 novembre dell’anno che ha sconvolto per sempre Parigi e il mondo libero, rende la cosa tremendamente seria e non solamente grave. Grave è il pensiero che un canto, e quelli di Natale sono tra i più dolci e docili che siano stati composti, possa determinare un conflitto, anziché un abbraccio. Poche arti come la musica uniscono al di là di ogni frontiera. E comunque il canto di Natale è una delle testimonianze della bi-millenaria cultura italiana, ben al di là della nascita della speranza -il Cristo- per chi crede. Anche i laici e gli atei lo cantano senza esservi turbati né convertiti. Non si manca proprio di rispetto a nessuno condividendo uno dei propri canti universali.

Meno che mai a quel venti per cento di alunni non italiani, che Marco Parma, il reggente dell’istituto al centro della polemica, cita a giustificazione della sua decisione. “Io non sono d’accordo con quel che dici, ma darò la mia vita perché tu possa sempre dirlo”, fu attribuito a Voltaire, un padre dell’illuminismo. Ma lui non ha mai detto che le sue idee potessero essere di ostacolo alla libertà. Erano, al contrario, il presupposto della libertà.

(Questo commento è stato pubblicato oggi su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e sul sito www.federicoguiglia.com)

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