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Parliamo di una rinnovata unità dei cattolici in politica?

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Trascorsi due decenni dalla fine della Democrazia Cristiana è possibile oggi parlare di una rinnovata unità politica dei cattolici? Va subito chiarito che non si tratta di discutere qui dell’unità dei cattolici nella Chiesa con i vescovi e il Papa, ma di una libera unione politica dei cattolici; è da dopo l’Unità, un secolo e mezzo, che se ne parla tra cattolici, amici e avversari, senza averne le idee chiare.

E’ una questione rilevante, ricorrente, sempre di attualità, perché non c’è onestà di pensiero nell’affrontare il tema. Mai si è spiegato con dovuta chiarezza il senso dell’impegno politico dei cattolici, sin dalla nascita del Partito Popolare Italiano nel 1919. Il partito fondato da Sturzo non si pose in politica come voce unica dei cattolici italiani, come era successo al tempo dell’Opera dei Congressi, né fu mai elemento terzo, intrusivo nelle vicende diplomatiche tra Stato e Vaticano.

Papa Benedetto XV già aveva sottolineato alla fine del 1918, qualche settimana prima che prendesse avvio ufficialmente l’attività del Partito Popolare Italiano, la differenza tra azione politica imperniata su principi cristiani e azione cattolica nella partecipazione organica del laicato alla vita religiosa, sotto la guida della Gerarchia. Con la nascita del partito popolare la distinzione venne confermata sia dal punto di vista dei doveri che delle responsabilità. Lo stesso comportamento fu osservato nei confronti della Democrazia Cristiana partito di maggioranza nel Paese, e di governo dal 1948 al 1992. Né mai la DC operò in nome e per conto della Santa Sede, anzi, ci furono esempi dolorosi di statisti italiani, ferventi cattolici, che per obbedire alla propria coscienza di laici-cattolici ruppero vincoli di amicizia consolidata con il Papa. La religione è universale, unisce mentre la politica è parte, divide, questo è stato sempre il modello da seguire.

La fine della DC, l‘assenza di una forza politica di ispirazione cristiana nel Parlamento italiano nell’ultimo ventennio coincidono con la caduta del Muro e il mutamento dei rapporti internazionali costruiti nel ventesimo secolo, dopo la seconda guerra mondiale; con l’avanzare della globalizzazione dei mercati, dell’economia, della finanza e coi fenomeni ad essi collegati: interculturalismo, multiculturalismo. Una realtà diversa si è affermata nella vita dei popoli: l’informatica, la telematica, la robotica, la cibernetica, senza dire delle meravigliose innovazioni in campo medico-scientifico sono entrate a far parte del nuovo modus vivendi dell’uomo. Le distanze si sono incredibilmente accorciate, sia nei trasporti di uomini e cose che nelle comunicazioni, internet ne è esempio evidente, come pure l’aumento illimitato dei flussi migratori verso l’Europa.

I cambiamenti avvenuti in campo culturale, economico, scientifico, tecnologico non potevano non riguardare l’intero Pianeta, coinvolgendo le diverse realtà geopolitiche, mondo arabo e Africa compresi, dove la persistente attività di guerra e il consumarsi di tragici scontri tra fazioni sta procurando esodi quotidiani, centinaia di migliaia di vittime in nome della Jihad. Invocando Allah, il fondamentalismo islamico sta trasferendo sanguinosi drammi in paesi del mondo occidentale, considerati infedeli e nemici di Maometto, ultima la Francia in ordine di tempo, dove centotrenta persone innocenti sono cadute sotto le armi dei terroristi islamici. La stessa gravissima e devastante sorte è toccata in passato anche a Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Italia per ricordare alcuni paesi colpiti.

La preoccupazione cresce, la paura della gente comune pure, fino a fiaccare solide e antiche convinzioni religiose, culturali, etiche. I cattolici, al pari degli altri, attraversati dai continui e sconvolgenti mutamenti, restano sgomenti. Lo smarrimento è l’aspetto più frequente che turba la coscienza umana, interpellandola. E allora, come si fa a restare silenti e inerti di fronte al terrore arrecato da uomini dissennati che in nome di una religione mietono vittime innocenti? Che con le tragedie consumate oltraggiano famiglie, amici, società, stati con gratuite aggressioni che procurano morte e lutti? La situazione è aggravata ancor più dalla vocazione alla rinuncia, alla resa di un mondo occidentale talvolta indifferente, agnostico, nichilista, che affascinato dal relativismo culturale predica il relativismo etico fondamento, secondo taluni, delle moderne democrazie. Non a caso “La Congregazione per la Dottrina della Fede” afferma in una Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica: « …[il] relativismo culturale [..] offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia».

I cattolici in politica di fronte a tale documento hanno il dovere di riflettere, se davvero si ritengono tali, e domandarsi se non sia il caso di ripensare ad una rinnovata unità dei cattolici in politica, non più come risposta ad un nemico negatore di ogni libertà, ma come necessità, di fronte ai momenti di pericolo al quale fare fronte, per salvare la stessa esistenza individuale o sociale. I cattolici, nei momenti di pericolo del Paese hanno sempre saputo fare la loro parte difendendolo da brutali aggressioni, come pure sono stati sempre in prima linea nella difesa della Chiesa minacciata e offesa nella sua fede.

C’è oggi un pericolo per lo Stato italiano? Sì.

C’è oggi un pericolo per la fede? Sì.

I due pericoli coincidono? Sì

Questa è opinione diffusa, che vede all’orizzonte addensarsi gravi minacce, rappresentate dal terrorismo fondamentalista islamico e non solo. Non si parla qui di scenari ipotetici, ma reali e concreti. Ai cattolici il compito di riflettere, ma più che riflettere, agire politicamente.

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