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Che cosa non capisco di Fassina

Stefano Fassina, senza esitazione, dice che se nelle elezioni si verificherà un ballottaggio tra il PD e i grillini, lui e la sinistra italiana voteranno il M5S. ll PD, hanno detto al Quirino, è un partito centrista diretto da Renzi. Osservo che il M5S è un partito pigliatutto, telediretto da Grillo e Casaleggio, con posizioni di destra e di sinistra, con l’obiettivo dichiarato di voler distruggere il sistema politico, fondato sui partiti come dice la Costituzione.

La posizione di Fassina non è nuova e conferma il carattere tipico dello scissionismo a sinistra. Non penso solo al socialfascismo del Partito Comunista d’Italia che fu imposto dal PCUS, posizione però che incise nella storia del PCI anche dopo la Liberazione. Penso al PSIUP, cioè alla scissione del PSI (nel 1964) quando Nenni costituì il governo di Centrosinistra con la DC, i repubblicani e i socialdemocratici. Altre volte, anche su questo spazio, se ricordo bene, ho rievocato le elezioni politiche del 1972, quando un magistrato di Messina per un errore di scrittura nei documenti di presentazione dei candidati al Senato annullò la candidatura del PCI-PSIUP nel collegio di Messina. Il PCI propose di votare il candidato del PSI, Eugenio Marotta, poi eletto grazie al quel voto, mentre il PSIUP si oppose e chiese agli elettori di votare scheda bianca.

Come è noto, il PSIUP nel 1972 perse le elezioni e poi si sciolse. Una buona parte confluì nel PCI e una minoranza ritornò nel PSI. Bisogna ricordare anche la storia del PDUP fondato da Lucio Magri, uscito dal PCI con il Manifesto, da Vittorio Foa e altri, che condussero una campagna contro il PCI diretto da Longo e Berlinguer. Poi Magri tornò nel PCI, e dopo la svolta della Bolognina con Cossutta e altri organizzarono la Rifondazione Comunista: nemico principale Occhetto e il PDS.

Sappiamo com’è finita. Spero che anche i compagni che sono usciti dal PD riflettano bene.

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