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Contratto metalmeccanici, cosa c’è davvero in ballo

Il 5 novembre nella sede della Confindustria a Roma si apriranno ufficialmente gli incontri per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Viste le premesse si preannuncia come il contratto più difficile della storia dei metalmeccanici. Il contratto in scadenza il 31 dicembre prossimo è stato firmato da Fim e Uilm nel 2012. Anche il precedente contratto quello del 2009 era stato firmato da Fim e Uilm, mentre la Fiom è dal 2008 che non rinnova un contratto nazionale.

In 15 anni, su sei contratti dei metalmeccanici rinnovati, la Fiom ne ha firmati solo due. La piattaforma FIM e UILM è stata inviata alle controparti il 2 ottobre scorso dopo le assemblee e la consultazione degli iscritti, mentre la Fiom ha inviato il suo testo il giorno 26 ottobre, preannunciando che farà votare i lavoratori il giorno 29 novembre a trattativa già avviata.

Non è la prima volta che siamo di fronte a due piattaforme separate: è già avvenuto nel 2003, nel 2008, nel 2009 e nel 2012.

Con la scadenza dell’accordo interconfederale del 2009 (non firmato dalla Cgil) che aveva consentito nel pieno di una crisi profonda di rinnovare tutti i contratti alla loro scadenza naturale, oggi manca un quadro di riferimento contrattuale valido e condiviso. Ciò complica il rinnovo. Infatti, in un’epoca di bassa inflazione e di crisi economica, il modello contrattuale che assegna al livello nazionale il recupero dell’inflazione e al livello decentrato la distribuzione della produttività, è messo a dura prova.

Le scorciatoie come quelle ipotizzate da qualcuno nel recente dibattito circa la distribuzione di medie di produttività, non facilitano assolutamente lo sviluppo della contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale) mentre aprono la strada ad una nuova centralizzazione. Ma la contrattazione, se non è collegata alla produttività nel luogo dove essa si crea, azienda,  è destinata, insieme ai suoi attori, alla marginalità.

E le difficoltà non si fermano qui. Oltre alle condizioni sindacali e di contesto, che sono cambiate, è mutato anche lo scenario politico e industriale. Per dirla con una battuta, è cambiato il mondo. La crisi dalla quale con lentezza l’Italia sta uscendo lascia sul campo molte macerie, ma apre anche nuovi cantieri quelli delle fabbriche intelligenti,  nelle quali le architetture contrattuali  sono ancora  tutte da edificare.

C’è dunque bisogno di uno sforzo che, oltre a una lettura lucida degli eventi e di una visione, richiede di ripensare le politiche organizzative e le strategie della rappresentanza in contesti inediti, in una fase ancora di caos, in cui si viaggia a  due velocità: da una parte con sistemi produttivi avanzati e sistemi organizzativi evoluti in cui il sindacato spesso è marginale e, dall’altra, la vecchia fabbrica fordista dove le relazioni industriali spesso degenerano nello scontro o nella pace sindacale mediata da  interessi di parte.

Non a caso il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli ha più volte dichiarato che “il contratto che ci avviamo a rinnovare sarà il più difficile della storia dei metalmeccanici”. Siamo infatti in una fase di snodo e il vero elemento di innovazione che il contratto dei metalmeccanici è chiamato a realizzare riguarda il decentramento delle relazioni industriali, lo sviluppo di sistemi di welfare aziendale e locale, la crescita e il riconoscimento della partecipazione dei lavoratori e lo sviluppo della formazione professionale. Questi ultimi due elementi sono decisivi anche in vista del salto tecnologico che le imprese sono chiamate a compiere in uno scenario nel quale avanza l’industria 4.0.

Il punto discriminante perciò non sarà una conclusione unitaria o meno della trattativa, ma se il nuovo contratto accanto al governo delle dinamiche salariali saprà introdurre una forte innovazione al fine di creare nuova occupazione, ma anche di allargare la tutela dei lavoratori sul terreno del riconoscimento professionale e della qualità del lavoro, nonché della conciliazione tra vita e lavoro.

La Fim in questa sfida c’è e Federmeccanica sa che di questo interlocutore non può fare a meno, se si vuole  provare a rinnovare il contratto in tempo utile per fornire alle imprese uno strumento decisivo per innovare e fondare il rilancio su basi solide e durature. I metalmeccanici saranno i primi a innovare veramente la contrattazione? Serve innovazione e sostenibilità, lo capiranno anche la Fiom e le ali più oltranziste di Federmeccanica? Soluzioni “tradizionali” come quelle viste finora non sono disponibili.

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