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Come si muoverà la Bce di Draghi

Quali misure in concreto ci si può attendere? Un taglio del tasso sui depositi è pressoché scontato ed è ormai ampiamente nei prezzi di mercato. Le opzioni sull’Euribor assegnano una probabilità superiore al 50% di un calo dell’Euribor da -0,104 al di sotto di -0,20% entro marzo 2016 e tale probabilità è aumentata gradualmente dalla riunione del 22 ottobre. L’attesa di un taglio del tasso di remunerazione dei depositi, insieme all’aumento della probabilità di un primo rialzo Fed a dicembre fino al 70%, ha contribuito al deprezzamento del cambio euro/dollaro. Pensiamo che l’impatto sul cambio di una riduzione del tasso sui depositi si sia già visto in larga misura. Al più il cambio potrebbe arrivare fino a 1,04 ma dubitiamo che possa andare alla parità e restarvi per un periodo esteso di tempo, a meno che la BCE non sorprenda con un taglio ben più ampio del tasso sui depositi.

L’attesa di un taglio del tasso sui depositi ha avuto un effetto potente sul mercato monetario e spinto anche i tassi a 6 e 9 mesi in territorio negativo. Anche in questo caso è difficile che si veda un ulteriore movimento, a meno di sorprese sull’entità del taglio. La BCE non sembra essere preoccupata della capacità dei mercati di gestire tassi più negativi (Constancio 25/11) né delle ricadute sulla redditività degli istituti di credito che detengono un ampio eccesso di riserve (principalmente banche tedesche e olandesi v.fig.10). Anzi, Draghi ha indicato che un taglio del tasso sui depositi potrebbe facilitare la circolazione dell’eccesso di riserve e potenziare in tal modo gli effetti dell’APP. I dati sull’obbligo di riserva mostrano che a ottobre le giacenze in conto corrente delle banche, al di sopra della riserva minima, erano tornate a 352 miliardi di euro, un massimo dal 2012, quando la circolazione della liquidità sull’interbancario era ancora inceppata dato l’elevato rischio controparte. Non escludiamo che la BCE possa optare per un taglio del tasso sui depositi superiore a -10pb particolare se modifiche all’APP dovessero incontrare resistenze significative all’interno del Consiglio. Una possibilità potrebbe essere l’introduzione di un “tasso a scaletta” ovvero di tassi sui depositi più negativi per soglie più elevate dell’eccesso di riserva. Un intervento di questo tipo potrebbe forse incentivare maggiormente la circolazione di liquidità all’interno della zona euro con un effetto sui rendimenti di paesi della periferia potenzialmente non trascurabili. E’ possibile che la BCE decida di traslare anche il tasso di rifinanziamento marginale in modo da limitare l’asimmetria del corridoio.

Non è escluso che la BCE possa decidere di ritoccare anche il refi in territorio marginalmente negativo (-0,05) per incentivare un maggior ricorso alle TLTRO, dopo che le aste di luglio e settembre hanno visto un forte calo di richieste. Un’estensione temporale dell’APP dovrebbe essere una formalità, mentre un aumento dei volumi potrebbe incontrare un’accesa discussione. Se un taglio del tasso sui depositi è scontato, il dissenso di alcuni membri del consiglio fa ritenere che modifiche all’APP vedranno un’accesa discussione il prossimo giovedì. Draghi nel citato discorso dello scorso 21 novembre ha fatto esplicito riferimento ad aggiustamenti temporali e quantitativi dell’APP. I verbali della riunione del 22 ottobre suggerivano che un’estensione temporale del programma era “già nella comunicazione” ma non è stato mai chiarito se per estensione si intendeva una graduale riduzione del ritmo mensile dopo settembre 2016 o una continuazione degli acquisti allo stesso ritmo fino a data da stabilire. Praet ha fatto inoltre notare che la BCE dovrà comunicare cosa intende fare con i fondi investiti in obbligazioni che verranno a scadenza nei primi anni dopo settembre 2016. Inutile dire che l’annuncio di una mera riduzione del ritmo di acquisti dopo settembre 2016 lascerebbe i mercati piuttosto indifferenti.

D’altro canto l’annuncio già a settembre di un’estensione degli acquisti al ritmo di 60 miliardi al mese anche dopo settembre 2016 e fino a data da stabilirsi, in base all’evoluzione dello scenario, sarebbe piuttosto vincolante per la BCE che si impegnerebbe a comprare per 60 miliardi al mese probabilmente fino al 2017. Riteniamo pertanto poco probabile l’annuncio di un’estensione con queste modalità anche se riconosciamo che avrebbe un effetto segnaletico assai potente sui tassi di mercato monetario. L’esperienza di altre banche centrali insegna che la riduzione del ritmo di acquisti è graduale e dalla fine degli acquisti all’inizio del ciclo di normalizzazione dei tassi di interesse può passare oltre un anno.

Pensiamo che modifiche quantitative all’APP siano meno vincolanti per la BCE. Aumentare gli acquisti di 10-15 miliardi al mese avrebbe il pregio di potenziare lo stimolo monetario nell’immediato tenuto conto che la BCE riconosce che l’impatto delle misure non convenzionali si trasmette comunque con un ritardo temporale. Il costo marginale di un aumento degli acquisti è sicuramente basso dal momento che il programma è già in essere e potenzialmente l’espansione di bilancio associata ad acquisti per 15 miliardi aggiuntivi per 9 mesi è meno importante dell’espansione di bilancio associata ad un’estensione di acquisti per 60 miliardi al mese dopo settembre 2016. Riteniamo che l’annuncio di un aumento degli acquisti di 10-15 miliardi al mese non dovrebbe comportare particolari difficoltà di implementazione dal momento che dovrebbe essere compatibile con l’offerta netta di titoli governativi nei paesi dell’area euro nel 2016 (si veda Interest Rate Strategy del 19/9/2015). Tuttavia, le nostre considerazioni non sembrano trovare supporto nei verbali della riunione dello scorso 22 ottobre, che indicavano che “aggiustare la dimensione complessiva e la gamma di attività soggette era vista come un’operazione che richiedeva ulteriore analisi”.

Altre misure poco probabili? Riguardo all’introduzione di altre misure, quali acquisti di titoli corporate o un’estensione degli acquisti al debito degli enti locali, non può escludersi del tutto ma è assai poco probabile dal momento che Draghi lo scorso 21 novembre ha ribadito ancora una volta che l’APP è caratterizzato da un grado di flessibilità adeguato a contrastare il rischio di ritorno più lento dell’inflazione verso il 2%.

In conclusione, riteniamo che lo scenario più probabile sia:

1) L’annuncio di un taglio di almeno 10 punti base del tasso sui depositi o di tagli modulati in base al livello delle riserve in eccesso in modo da incentivarne la circolazione. E’ possibile che la BCE tagli il refi almeno a zero se non in territorio marginalmente negativo.

2) Nel contempo, la BCE formalizzerà l’estensione dell’APP oltre settembre 2016 riservandosi, però, di comunicare più avanti a quale ritmo continueranno gli acquisti dopo settembre 2016, una volta acquisite maggiori informazioni sulle prospettive per crescita e ritorno dell’inflazione verso il 2%. La combinazione del taglio del tasso sui depositi e la formalizzazione dell’estensione dell’APP oltre settembre prossimo, anche se con modalità operative da definire in base all’evolvere dello scenario, dovrebbe essere sufficiente a soddisfare le attese e a mantenere i tassi di mercato monetario su livelli record fino a fine 2017 e ad estendere la divergenza tra tassi governativi a medio-lungo termine area euro e tassi Stati Uniti.

La politica monetaria è arrivata al limite. L’annuncio di maggiore stimolo monetario da parte della BCE a dicembre è sicuramente positivo dato il permanere dell’incertezza sulla capacità della ripresa di autosostenersi. Aggiustamenti della politica monetaria potrebbero contribuire ad estendere la divergenza tra tassi di interesse americani e tassi governativi area euro a medio e lungo termine. Questo ha delle implicazioni positive per il rifinanziamento dei governi in particolare nella periferia. Tuttavia, va considerato che le misure di dicembre sono molto probabilmente degli aggiustamenti finali alla politica monetaria che ha visto trasformazioni ed avanzamenti di notevole portata storica e politica dall’insediamento di Draghi. Il ritorno dell’area euro a tassi di crescita più sostenuti nel medio periodo dipende dalle azioni dei governi e dal processo di trasformazione nazionale e sovranazionale che saranno in grado di imprimere alle economie area euro e alla gestione delle politiche fiscali nel medio periodo. La BCE garantirà tassi bassi ancora molto a lungo per rendere l’aggiustamento strutturale meno costoso.

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