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Sharing economy, sfide e contraddizioni

giovanni, ROBERTO SOMMELLA, costituzione

I pregi e i difetti della cosiddetta sharing economy, le enormi opportunità che offre ma anche le difficoltà e le contraddizioni che inevitabilmente la caratterizzano. Come dimostrano gli esempi di Uber, Airbnb o Blablacar, l’economia della condivisione è una certezza che ha già cambiato il nostro modo di vivere e di pensare. Una sfida sociale ed economica da cui non può rimanere estranea la politica, chiamata anzi a studiare soluzioni in grado di regolare lo sviluppo di questo nuovo modello.

L’APPUNTAMENTO

Del tema si è parlato ieri a Roma all’evento organizzato dall’associazione La Scossa per la presentazione del libro “Sboom”, scritto dal direttore delle relazioni esterne dell’Antitrust Roberto Sommella. Al dibattito – moderato dal presidente de La Scossa Michelangelo Suigo – hanno partecipato i deputati del Partito Democratico e di Forza Italia Sergio Boccadutri e Antonio Palmieri, il senatore del Movimento 5 Stelle Gianni Girotto e la capogruppo al Senato dei Conservatori e Riformisti Cinzia Bonfrisco.

LA RIVOLUZIONE E’ SERVITA

La discussione è stata aperta dall’intervento di Suigo che ha evidenziato la portata rivoluzionaria della sharing economy. Una rivoluzione cominciata dalla rete e da internet che ha però rapidamente prodotto i suoi effetti “sull’economia, la società e i media”. Da qui la necessità di regolare in qualche modo il fenomeno, anche per limitare il caos che inevitabilmente ne è derivato (si pensi ai problemi causati dall’arrivo di Uber in Europa). Da questo punto di vista Suigo ha definito positiva l’idea dell’Intergruppo parlamentare per l’innovazione di presentare all’inizio del prossimo anno un disegno di legge sulla sharing economy.

CAPITALE E LAVORO

L’autore del saggio, Sommella, ha sottolineato che oggi – con la sharing economy e non solo – la produzione della ricchezza derivi più dal capitale che dal lavoro. A tal riguardo ha rilevato come Apple riesca a produrre i suoi utili (nel terzo trimestre di quest’anno pari a 11,12 miliardi di dollari, in rialzo del 31% rispetto al 2014) con un numero basso di lavoratori, circa ottantamila. Qualcosa di impensabile qualche decennio fa per industrie leader come General Motors che per avere utili elevati dovevano necessariamente impiegare un numero di dipendenti molto considerevole. “Neanche Marx avrebbe pensato a tanto” ha detto Sommella, secondo cui l’obiettivo principale da perseguire deve essere quello di “coniugare la forza creatrice delle grandi innovazioni tecnologiche con la forza keynesiana di creare lavoro”.

L’IMPORTANZA DELLA REGOLAZIONE

Che la tecnologia distrugga posti di lavoro non è scontato”, ha risposto a Sommella il deputato PD Boccadutri che ha fatto ricorso a un esempio sportivo. Nella Formula 1 di tanti anni fa – ha evidenziato – erano solo quattro i meccanici abilitati a intervenire nel cambio gomme durante i pit stop mentre in quella di oggi sono molti di più. E’ cambiata la tecnologia certo ma sono cambiate anche le regole. Dunque – affinché lo sviluppo tecnologico e la sharing economy non distruggano posti di lavoro – è necessario, secondo Boccadutri, intensificare e migliorare l’attività di regolazione svolta dal legislatore e dalle autorità garanti. Solo in questo modo sarà possibile tenere al centro il lavoro e la persona.

COME ATTUARE LA REGOLAZIONE

Che ci sia bisogno di regole migliori e più al passo con i tempi è convinta anche Bonfrisco dei Conservatori e Riformisti: “Oggi c’è l’urgenza di capire come si deve procedere a regolare e vigilare”. Anche la scarsa qualità della regolazione ha fatto sì che l’Italia – e tutta l’Europa – diventassero quasi secondarie nell’industria della tecnologia che della sharing economy rappresenta evidentemente una precondizione necessaria. “Abbiamo inventato il microprocessore e il microchip ma oggi siamo diventati semplicemente terra di penetrazione di grandi realtà straniere. Il cervello è allocato altrove”, ha aggiunto Bonfrisco.

I TWEET DI PALMIERI

Il deputato di Forza Italia Palmieri ha invece esordito con una battuta: “Per ragioni di concorrenza con il Presidente del Consiglio oggi non presenterò slide”. Al loro posto alcuni sintetici tweet sull’argomento. Innanzitutto Palmieri ha sottolineato il fatto che la sharing economy sia qualcosa d’inarrestabile al pari dello sviluppo tecnologico. E se non si può arrestare, bisogna imparare a conviverci. “E’ vero – ha poi aggiunto il deputato azzurro – che molti settori di business vengono messi in crisi ma ciò obbliga le imprese tradizionali a cambiare e, forse, a diventare migliori”. Un fenomeno che richiede una sorta di supervisione da parte del Governo e del Parlamento “per tenere insieme i diritti dei lavoratori e quelli dei consumatori”.

OLIGOPOLIO E CONSUMO CRITICO

Nella sua analisi il senatore dei 5 stelle Girotto ha preso il via da una considerazione di fondo, che dagli anni 70 in poi il processo di creazione del benessere si sia bloccato, con l’aumento del divario tra ricchi e poveri. L’elemento caratterizzante dell’attuale contesto – ha detto – è l’oligopolio, di cui la sharing economy può essere considerata una specie di antidoto. “E’ un tassello di un quadro più ampio che si chiama consumo critico, in base al quale si scelgono i fornitori migliori in tutti i diversi settori”. Girotto ha poi aggiunto che “oggi è sempre più necessario ottimizzare i consumi e che in quest’ottica “la sharing economy può essere fondamentale”.

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