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Veneto Banca, tutte le sfide per evitare la mannaia Bce

Il destino di Veneto Banca è appeso a un filo. Sabato 19 dicembre è in programma l’attesissima assemblea della popolare di Montebelluna che dovrà decidere se optare per la trasformazione in spa, l’aumento di capitale da 1 miliardo a inizio anno e la quotazione in Borsa entro la prima metà del 2016.

LA POSTA IN GIOCO

Lo sbarco sui listini, come più volte sottolineato dall’ad Cristiano Carrus, rappresenta l’unica via per racimolare le risorse necessarie sia a risistemare i conti della banca, sia a renderla sufficientemente appetibile per un compratore. L’alternativa, se i tre step non passeranno il vaglio dell’assise, è il ricorso a misure di emergenza, ovvero l’amministrazione straordinaria, come paventato dalla Bce lo scorso 9 dicembre, in una lettera al cda. Solo che stavolta entrerebbe in funzione il meccanismo del bail-in, chiamando in causa obbligazionisti e in ultima istanza i correntisti. Un orientamento ribadito dal presidente Pierluigi Bolla in una missiva inviata lo scorso novembre agli 88 mila soci della banca: o passano spa e aumento oppure si va al commissariamento o peggio alla liquidazione.

I PICCOLI SOCI, DAL NO AL SI’

Come spesso accade, la paura gioca un ruolo decisivo in queste situazioni. I soci minori dell’istituto, radunati sotto il cappello di molte associazioni, tra cui quella presieduta da Giovanni Schiavon, sono sempre stati critici verso la trasformazione in spa e la successiva quotazione, definendo troppo stretti i tempi. Ma proprio in questi giorni però i soci hanno progressivamente preso coscienza della gravità della situazione, invitando gli iscritti a votare sì alla trasformazione della banca in spa, requisito peraltro richiesto espressamente da Intesa Sanpaolo per garantire l’ammontare del capitale. “Non lasciatevi prendere dal panico”, ha scritto l’Associazione azionisti Veneto Banca presieduta da Schiavon in una lettera ai soci. “Fate attenzione perché l’alternativa azzererebbe il valore dei nostri risparmi. Invece il sì consentirebbe di sperare in un recupero reddituale della banca che, in un territorio dinamico come il nostro, fra i più ricchi d’Europa”, si legge.

LO ZOCCOLO DURO

Ma nonostante la difficoltà del momento, c’è uno zoccolo duro di soci contrari. Si tratta in particolar modo di quegli azionisti colpiti al cuore dalle svalutazioni delle azioni frutto della discussa gestione del precedente management e che ora temono che la trasformazione in spa porti nuovi guai, azzerando del tutto il valore delle azioni. Schiavon ha invitato i suoi iscritti a non farsi influenzare. Chi suggerisce di votare no “non si rende conto che non ci sono alternative e vuole indurvi a intraprendere lunghe, pericolose e costose, nonché incertissime nell’esito, cause risarcitorie”, ha scrittoNelle ultime ore però il fronte del sì sembra ingrossarsi, con l’annuncio dell’adesione al progetto, denominato “Serenissima”, anche di Confartigianato. 

L’ULTIMATUM DELLA BCE

Intanto, in attesa dell’assise di domani, la Bce mette le mani avanti. E in una durissima lettera al management, ricorda all’istituto le pesantissime perdite accumulate negli ultimi 3 anni (quasi 2 miliardi). Per questo secondo Francoforte “l’approvazione di tutti e tre gli elementi del progetto da parte dell’assemblea e la tempestiva attuazione del piano sono ritenuti della massima importanza al fine di ripristinare il rispetto dei requisiti patrimoniali secondo le modalità rappresentate dal cda”. Di qui, l’ultimatum. “Veneto Banca è a un bivio. Nel caso in cui uno qualsiasi degli elementi del progetto non fosse approvato e la banca non rispettasse i suddetti requisiti, si renderebbe necessario adottare idonee misure di vigilanza“.

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