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Banca Marche e Banca Etruria. Ecco i 3 veri scandali

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La vicenda delle quattro banche da salvare ha avvelenato il clima sociale del 2015, ma rischia di essere solo l’ennesima puntata di un andazzo inaccettabile per un Paese civile. Quello che rende ancor più odioso lo scenario è la certezza che coloro che hanno provocato il disastro e magari ci si sono arricchiti godranno di una sorta di impunità iniziata dalle carenze degli organi di vigilanza e, poi, magari continuato dalle incertezze della magistratura, che lascia spesso gli imputati nel dorato limbo degli arresti domiciliari.

Il primo livello è dato dalla vigilanza di Banca d’Italia che magari fa ispezioni attente, ma che poi frena quando gli istituti sono assistiti da studi legali e/o di commercialisti che sono pochi ma conosciuti per l’abilità di arginare certi rigori.

Il secondo livello è dato dalla disparità garantita dai nostri ordinamenti in base ai quali, con buona pace dell’Authority per la privacy, le banche conoscono anche i minimi problemi economici dei cittadini mentre i cittadini non sanno praticamente nulla delle sofferenze e della finanza allegra degli istituti(vedi finanziamenti a bancarottieri e truffatori). E magari per concedere un mutuo le banche fanno acquistare ai cittadini un po’ di tutto, dai titoli ai preziosi.

Il terzo livello è quello della magistratura che magari scambia la truffa evidente per un rischio d’impresa accontentandosi di pene lievi quando il dolo è magari reiterato. Difficile pensare che la serialità di certi abusi sia casuale e l’impunità è ancora troppo presente.

Resta da chiedersi quanto la nostra economia sia zavorrata da questi problemi e quanto facciano i governi nazionali contro questi scandali. L’economia europea è oggi in parte rilanciata dal coraggio di Mario Draghi, ma anche Roma deve fare la sua parte.

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