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Quanto vale l’Italia creativa?

Presentato alla Triennale di Milano, lo studio di EY, realizzato con SIAE e Mibac e con il supporto delle maggiori associazioni di categoria, conferma l’enorme potenzialità del settore creativo nel nostro Paese. Un segmento che produce ricchezza e posti di lavoro e che rappresenta probabilmente l’area più interessante per lo sviluppo del Paese, il vero petrolio dell’Italia.
Quarantasette miliardi di euro di valore economico, pari al 2,9% del Pil, e quasi un milione di occupati, dei quali il 41% sono giovani under 40. Lo studio ha analizzato undici settori più rappresentativi dell’industria della cultura e della creatività nel nostro Paese: architettura, arti visive e performative, cinema, libri, musica, pubblicità, quotidiani e periodici, radio, televisione e home entertainment, videogiochi.

Del valore economico complessivo di 46,8 miliardi di euro l’86% sono diretti, cioè derivanti da attività legate direttamente alla filiera creativa, quali la concezione, la produzione e la distribuzione di opere e servizi culturali e creativi. Il restante 14% è invece costituito da ricavi indiretti, ossia legati ad attività collaterali o sussidiarie.
Tutti gli undici settori concorrono a generare i 46,8 miliardi di euro complessivi, mostrando spesso interconnessioni rilevanti. Alcuni ambiti di business sono quindi difficilmente attribuibili univocamente ad un settore piuttosto che ad un altro.

Questo è un ulteriore elemento che dimostra quanto Italia Creativa sia importante nell’intercettazione di un effetto sistema che, di fatto, già esiste.
Nel 2014 i primi tre settori per valore complessivo sono Televisione e Home Entertainment, Arti Visive e Pubblicità, con valori generati rispettivamente di 12,2, 11,2 e 7,4 miliardi di euro.
Nello stesso periodo di tempo l’Industria della cultura e della creatività italiana ha dato occupazione a quasi un milione di persone, di cui l’85% nelle attività economiche dirette dell’industria. Con circa 850.000 posti di lavoro, gli occupati diretti nell’Industria della Cultura e della Creatività rappresentano il 3,8% degli occupati totali in Italia.

“Come nel caso del valore economico”, ha sottolineato il leader del team di ricerca di EY, Andrea Bassanino, “quanto a volte sia difficile attribuire determinate tipologie di addetti ad uno specifico settore. Si conferma dunque quanto le interdipendenze siano non solo rilevanti ma necessarie per il modello di business in termini di innovazione e sostenibilità”.
Considerando la segmentazione degli occupati, sono i settori Arti Visive, Musica e Arti Performative a svolgere un ruolo di primo piano, con i loro rispettivi 242.000, 161.000 e 151.000 occupati.
Lo studio tiene conto di tutti gli occupati nella filiera della creatività. I profili occupazionali sono molto eterogenei, ma possono essere ricondotti a due macro-categorie: profili più “creativi” e profili più “tecnico-gestionali”. La creazione di valore scaturisce anche dalla collaborazione di queste diverse figure, distinte ma complementari. Gli occupati in attività di creazione “pura” rappresentano circa la metà degli occupati diretti totali dell’industria, con alcuni settori (come Pubblicità, Arti Visive e Videogiochi) che attraggono maggiormente profili di questo tipo. Di contro, settori quali Televisione e Radio impiegano quote importanti di profili più tecnici e gestionali.

«Italia Creativa dimostra esattamente quanto i diversi settori dell’industria culturale italiana contribuiscano all’economia del Paese in termini di occupazione e fatturato. È nostro preciso dovere – spiega il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini – adoperarci per favorire al massimo ogni espressione di questo settore, garantendo le corrette condizioni di mercato, contrastando pirateria e contraffazione e riconoscendo il giusto compenso a chi vi opera con il proprio talento. Questo vuol dire pensare al futuro del nostro Paese e tornare a fare dell’Italia il Paese delle Arti e della Bellezza».

Il ministro ha anche aggiunto che dobbiamo essere orgogliosi di questi numeri, guardando meno ai problemi e di più ai risultati.
Le prospettive sono sicuramente interessanti: questi numeri considerevoli si traducono in un ruolo di primo piano nel panorama economico nazionale. Il confronto con altri macro-settori produttivi pone la filiera creativa in una posizione di assoluto rilievo. La rilevanza potrebbe crescere ulteriormente, almeno a giudicare dalla quota del valore generato sul PIL complessivo nazionale. Infatti, sia a livello europeo, sia in un Paese comparabile al nostro come la Francia, la stessa quota risulta maggiore, a riprova dell’esistenza di un potenziale inespresso.
Risultati migliori sono possibili: servono coraggio, consapevolezza, sforzi aggiuntivi e soprattutto collegialità. A questo proposito, si è tentato di apportare alcuni suggerimenti, relativi a due tematiche specifiche di grande rilevanza per il settore, diretti ad operatori istituzionali ed economici. L’ambizione è che possano concorrere ad indicare una rotta possibile verso il miglioramento dello status quo.

«L’Italia Creativa è il cuore e il cervello del corpo economico del nostro Paese. Il settore culturale e creativo” ha spiegato il Presidente SIAE Filippo Sugar “è infatti pieno di start up: ogni autore, ogni artista che inizia a pensare di dedicare la sua vita alla creatività o comunque a realizzare opere nuove è, di fatto, una start up. Quindi da sempre questa è un’industria fortemente legata all’innovazione, e l’innovazione è fonte di rottura, di pensieri nuovi, di libertà».
Diciannove le associazioni di categoria che hanno collaborato allo studio: Siae, Aesvi, Agis, Aie, Anem, Anes, Anica, Apt, Cnappc, Confcultura, Confindustria cultura italiana, Confindustria radio televisioni, Dismamusica, Fem, Fieg, Fimi,Nuovo Imaie, Pmi e Univideo.
Oltre sessanta personalità di primo piano dell’industria creativa e culturale del nostro Paese hanno sostenuto Italia Creativa con le loro testimonianze che sono visibili sul sito http://www.italiacreativa.eu/

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