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Ecco chi attacca i cattolici

Gli attacchi che si stanno consumando contro i cattolici oggi in occasione della discussione parlamentare sulle “unioni civili”, ma già verificatisi su altre questioni in passato, inducono a severe riflessioni. I mezzi di informazione e i rispettivi “opinon leaders” non possono esaltare l’azione e il pensiero illuminanti dei pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, guide indiscutibili, e della Chiesa Cattolica, solo se lavorano a vicende di loro gradimento. In prima fila ci sono sempre e comunque: per raggiungere condizioni di giustizia e di pace sociale; per rimuovere grossi ostacoli che affliggono tantissime popolazioni del pianeta in povertà; per abbattere con determinazione e coraggio muri di silenzio e di omertà al fine di spazzare via il marcio esistente in parte del clero. Si plaude per propri fini ad azioni così decise, e poi si contestano le stesse gerarchie e i cattolici, in occasione di scelte parlamentari su cui c’è tanta preoccupazione e una legittima riserva, come sulle “unioni civili”. Contraddizioni incredibili!

Non si vogliono difendere principi religiosi, ma solo ragioni di buon senso che guardano con estrema apprensione al possibile sfaldamento della famiglia naturale, checché se ne dica è ancora l’unica ad essere riconosciuta e ad esistere in forma vasta in tutto il pianeta. Si riscontra invece una voglia smaniosa e violenta di imporre una visione laicista, radicale, agnostica, irrilevante della famiglia, che vorrebbe annientare le solide fondamenta che, partendo proprio dalla famiglia, hanno retto nel tempo la costruzione della società e dello Stato. Non a caso l’uomo nei secoli, pur ottenendo notevoli progressi in campo scientifico e tecnico, mai ha avuto la presunzione di distruggere ciò che nelle epoche precedenti si era conquistato, non ultime le rivoluzioni industriali dei secoli XVIII e XIX. Se ogniqualvolta l’opinione di una cospicua fetta di società italiana, che si richiama al cattolicesimo romano deve essere aggredita come portatrice di idee antimoderne e oscurantiste (un banale ritornello secolare che mai ha avuto riscontro nel reale) in opposizione a radicalismo e laicismo, è preferibile abbandonare lo spazio pubblico e astenersi da ogni contributo politico, ritornando purtroppo alle nefaste epoche di contrapposizione tra Stato Italiano e cattolicesimo romano.

Con il “Non expedit” Papa Pio IX, dopo il grave affronto subito con la presa di Porta Pia (20 settembre 1870), vietò ai cittadini di fede cattolica di partecipare alla vita politica dello Stato italiano. Lo fece l’11 ottobre 1874, invitando i cattolici romani del Circolo di Santa Melania a un’intenzione di preghiera “straordinaria”. Solo dal 1904 in poi i cattolici cominciarono concretamente, ma parzialmente, a intervenire nella vita dello Stato italiano. Dagli inizi del ‘900, e per tutto il secolo, i cattolici sono stati protagonisti indiscussi della crescita della democrazia in Italia. Dagli ultimi decenni del XX secolo e fino ad oggi, invece, sono stati discriminati dalla politica italiana per motivi insussistenti e fittizi, ma anche per nequizia di alcuni che si sono posti alla testa di partiti chiamati cristiani o cattolici, che invece di guardare all’interesse generale hanno preferito tutelare il proprio. I cattolici, vista la situazione, che convenienza hanno più di andare a votare, constatata l’inaffidabilità degli esponenti scelti per il parlamento? E considerata l’insipienza che le istituzioni mostrano per le peculiari questioni che attengono al vasto mondo cattolico? Si ritorni allora al “Non expedit” non per imposizione pontificia, ma per scelta volontaria. Partecipare al voto significherebbe essere complici di chi legifera contro i cattolici. Meglio non andare a votare. Astenersi!

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