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Lorenzo Codogno (ex Tesoro) punzecchia governo e istituzioni

Lorenzo Codogno continua a lanciare sassi dalle scarpe all’indirizzo del governo. L’ex capo economista del Ministero dell’Economia è tornato a punzecchiare governo, ministero dell’Economia, Banca d’Italia e Consob, scrivendo, dalle colonne del Sole 24 Ore, un’analisi dal titolo “Ripensare regole e vigilanza per sciogliere i nodi delle banche”. Dopo la critica di fine settembre sulle clausole di flessibilità chieste dal governo a Bruxelles, Codogno torna a rimbrottare indirettamente anche l’esecutivo su altri dossier: sbagliato accanirsi contro la speculazione dei mercati finanziari e additare come responsabili l’Unione europea e Berlino, ha scritto Codogno senza tanti giri di parole.

Ma chi è Lorenzo Codogno? E’ un economista attualmente in forza alla London School of Economics e, fino allo scorso aprile, capo economista al Ministero dell’Economia. Codogno è stato al Mef dal 2006 al 2015. Secondo quanto si legge nel sito della London School of Economics, ha cominciato a ricoprire la carica di capo economista nel Ministero di via XX settembre, all’epoca del governo presieduto da Romano Prodi, passando poi per gli esecutivi di Silvio Berlusconi, Mario Monti ed Enrico Letta per poi lasciare la carica durante il governo di Matteo Renzi, con Piercarlo Padoan alla guida del ministero dell’Economia.

La direzione in cui Codogno operava è una delle più importanti perché, oltre a svolgere analisi economiche e quindi fare previsioni che sono alla base della politica economica del Governo, è anche l’ufficio che più degli altri si relaziona con i suoi omologhi europei e con gli uffici della Commissione. La flessibilità è stata il pomo della discordia che ha portato Codogno ad abbandonare il posto di capo economista.

L’ex capo economista è tornato dunque pochi giorni fa ad attaccare le sfere governative di Matteo Renzi. Questa volta il terreno di scontro scelto sono le regole di vigilanza sull’industria bancaria. Secondo Codogno l’Europa è ancora afflitta da un’Unione Bancaria latitante ma soprattutto mancante di una condivisione dei rischi, un vuoto che costringe il sistema bancario italiano a rimanere “dipendente dalla stabilità finanziaria del paese (e dall’aiuto della Banca Centrale Europea)”, spiegando, a chi avrebbe voluto un intervento pubblico più massiccio nelle banche, “che nei giorni scorsi, appena si era diffusa la notizia, poi smentita, di un intervento di Poste Italiane, ancora a controllo pubblico, nel capitale di Monte dei Paschi, il prezzo del Btp decennale ha immediatamente perso più di un punto percentuale”.

Secondo l’ex dirigente del Tesoro bisogna smettere di dare la colpa alla speculazione dei mercati finanziari – come hanno fatto taluni membri del governo – che si muovono secondo quelli che vengono chiamati “cicli dell’ingordigia e della paura. Gli operatori in genere, sanno fare i calcoli”, ha continuato Codogno, “ma possono sbagliare come tutti”, e in un mondo in cui si rincorrono continuamente voci, smentite e scandali ha prevalso la paura, a cui però si deve rispondere con “fatti concreti e trasparenza” e non solo con una “futile polemica politica o con un processo alla comunicazione”.

La soluzione? “Bisogna dare piena visibilità ai portafogli di ciascuna banca”, così verrebbe, infatti, alla luce che tante banche hanno già fatto accantonamenti rilevanti e che una parte consistente dei crediti deteriorati è coperta da garanzie reali.

Lo sbaglio è quello di scaricare tutte le colpe sull’Unione Europea e su Berlino, questo perché tutte le trattative sui passaggi fondamentali dell’Unione bancaria e delle direttive comunitarie sugli aiuti di Stato e sul bail in, sono state “ampiamente discusse e le decisioni sono state prese con il consenso anche dell’Italia”. Nella partita della Bad Bank con l’Europa, si sono certamente sovrapposti errori di valutazione e sottostima dell’effetto macroeconomico anche da parte della Commissione Europea, “ma la maggior parte delle occasioni mancate, delle responsabilità, così come delle possibili soluzioni” è da imputare principalmente ai governi italiani.

La vicenda del sistema bancario italiano, ha evidenziato pericolose lacune che la Banca d’Italia, nella relazione del governatore Ignazio Visco al 22° congresso Assiom/Forex, ha lasciato intravedere ma che di certo non affronta di petto. L’attività di vigilanza di palazzo Koch, ha spiegato Visco, “ha affrontato i casi di crisi bancaria con attenzione e tempestività nel rispetto delle normative esistenti”. Secondo l’analisi di Codogno, non sempre questo è stato sufficiente a prevenire alcuni comportamenti da parte degli amministratori di alcune banche e a prendere provvedimenti a fronte di ingenti perdite e gravi irregolarità. Per Codogno “gli strumenti della Banca d’Italia andrebbero rafforzati e le norme esistenti modificate”. Stessa storia dovrebbe valere per Consob che “va messa in condizione di difendere i risparmiatori italiani da alcune pratiche deviate di collocamento di strumenti finanziari anche attraverso un sistema sanzionatorio più severo”.

La strada per trovare una soluzione e risolvere pienamente i problemi del credito però è una sola e passa per un ripensamento dell’attuale sistema di regolazione e vigilanza.

Lo scontro indiretto tra Renzi e Codogno, come detto, cominciò sul tema della flessibilità dei conti pubblici. Secondo il premier l’Italia potrà avere, nel 2016, uno spazio di deficit dell’1,4%, cioè circa 17 miliardi da spendere, annuncio che non convinse Codogno lo scorso settembre, come scritto dall’economista sempre sul Sole 24 Ore: nelle conclusioni del Consiglio Ue dello scorso luglio c’era stato il via libera all’obiettivo di 1,8% per il 2016 indicato nel Def, che comprendeva già la flessibilità concessa. Questi quattro decimi di punto “valgono circa 6/7 miliardi”, aveva scritto l’economista, chiedendosi “dove sono gli altri 10/11 miliardi per arrivare ai famosi 17 di cui ha parlato anche il presidente del Consiglio?”. Potrebbero essere nella clausola per investimenti, ma nel Def non c’è traccia della richiesta e “chiedere non è solo una buona regola del galateo istituzionale europeo ma è anche un preciso requisito tecnico ribadito da una Comunicazione della Commissione europea del gennaio scorso”.

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