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Come cresce la guerra a Isis in Iraq, Libia e Siria

Tempo di bilanci e, forse, di svolte nella lotta al sedicente Stato islamico, tanto in Siria e Iraq quanto sullo scenario libico. Dopo gli appelli americani, una nuova accelerazione nella guerra ai drappi neri potrebbe infatti arrivare da Bruxelles, dove giovedì s’incontreranno i ministri della Difesa della coalizione anti Isis e dalla tradizionale conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza, in programma per la 52esima volta, dal 12 al 14 febbraio, nella capitale bavarese.

L’APPELLO DI KERRY

In Germania tutti i Paesi uniti nel contrasto all’organizzazione terroristica guidata da Abu Bakr Al Baghdadi si ritroveranno per fare il punto della situazione, alla luce dei nuovi risvolti, ma, soprattutto, dopo la richiesta di intensificare gli sforzi lanciata a Roma da John Kerry. Il 2 febbraio, durante i lavori del terzo vertice della coalizione internazionale anti Isis in formato Small group – tenuto alla Farnesina sotto la presidenza dello stesso politico Usa e del ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni – il segretario di Stato americano aveva chiesto ai Paesi della coalizione “di dare nuovi contributi” alla lotta all’auto proclamato Califfato, “in base a ciò che ogni paese può fare dai raid alla logistica all’intelligence”. “Mi aspetto – aggiunse Kerry – che quando ci incontreremo a Monaco per la conferenza sulla sicurezza ogni Paese avrà chiaro che tipo di contributo potrà dare”.

GLI AEREI DELLA NATO

Le richieste di Washington arrivano in un momento in cui i principali Paesi Nato (tra cui l’Italia), che con l’altra sponda dell’Atlantico condividono le reciproche esigenze di sicurezza, sono sotto accusa per i continui tagli alla Difesa denunciati recentemente dallo stesso segretario generale dell’Alleanza, il norvegese Jens Stoltenberg. Per molti osservatori l’argomento sarà probabilmente uno dei temi centrali del summit europeo di giovedì a Bruxelles, dove i ministri della Difesa europea affronteranno anche alcune precise richieste del Pentagono. In particolare, racconta La Stampa riprendendo alcune dichiarazioni di Stoltenberg, gli Usa “hanno chiesto alla Nato di fornire aerei da ricognizione Awacs per aiutare la lotta contro l’Isis, e l’Alleanza sta considerando la domanda, con l’obiettivo di rispondere all’inizio di febbraio”. Una notizia che, per il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, “conferma i preparativi militari in corso, che potrebbero riguardare un prossimo allargamento delle operazioni della coalizione anti Isis dalla Siria e l’Iraq alla Libia”. Velivoli versatili, “gli Airborne Early Warning and Control System” auspicati da Washington “sono aerei radar, che hanno la capacità di controllare cosa si muove nel raggio di circa 400 chilometri. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 la Nato li aveva trasferiti in una base dell’Oklahoma, da dove partivano per pattugliare tutti i giorni i cieli sopra Washington e New York. Questo consentiva di liberare gli aerei americani per la difesa degli Stati Uniti, e poi l’intervento in Afghanistan”. Ora potrebbero solcare i cieli dei Paesi dove si propaga la gramigna Isis. A questi non fa eccezione la Libia, diventata una vera e propria priorità.

LE VALUTAZIONI DEGLI USA

A gennaio, dopo una visita nel Vecchio continente, rileva il New York Times, il capo degli Stati Maggiori Riuniti americani Dunford aveva sottolineato come nuove azioni nell’ex regno di Muammar Gheddafi potrebbero iniziare nel giro di qualche settimana, come testimonia anche un certo attivismo di Forze speciali di diversi Paesi – Francia, Regno Unito e gli stessi Usa – più volte raccontato da Formiche.net. Si tratterebbe di un’accelerazione impensabile solo pochi mesi fa, maturata dopo l’allargamento dei drappi neri nel Paese. La Casa Bianca continua a sostenere il processo di pace e la formazione di un governo nazionale mediati dell’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler: eventi che però stentano a realizzarsi. Per questo – complice l’attivismo russo nella regione, come spiegato su queste colonne dal generale Mario Arpino – prende corpo l’ipotesi di un intervento, magari non risolutivo, ma che degradi le capacità offensive del gruppo jihadista nella nazione nordafricana.

LA PRESENZA DI LAVROV

Rispetto all’appuntamento in Italia, la presenza più rilevante a Monaco sarà quella del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Il rappresentante di Mosca incontrerà in quella sede l’omologo americano, col quale è probabile che ci sarà uno scambio di battute lontano dai riflettori. Uniti nel considerare lo Stato islamico una minaccia, Usa e Russia restano ancora divisi su come affrontare la crisi che attanaglia la Siria. A Roma, Kerry si era nuovamente rivolto al presidente Bashar al-Assad, chiedendogli misure concrete di adottare “misure immediate per mettere fine all’assedio delle città dove i siriani muoiono di fame”. “Finché i negoziati a Ginevra procedono, pretendiamo che ci sia un cessate il fuoco e un pieno accesso umanitario, lo dice una risoluzione dell’Onu votata anche dalla Russia”, rimarcò il segretario di Stato americano, definendo Assad, che Washington vorrebbe lontano dal governo del Paese, “un magnete per i terroristi”. Mosca, accusata più volte dall’Occidente di compiere i suoi raid più per colpire i ribelli anti regime che per annientare l’Isis, continua invece a sostenere il dittatore, considerato per il momento un partner strategico.

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