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Tutti i mugugni sulla riforma delle Bcc

Tutto è pronto per un nuovo assetto per le Banche di credito cooperativo. Dopo il decreto dello scorso anno che ha imposto la trasformazione delle maggiori banche popolari in società per azioni, adesso l’esecutivo medita di porre mano a un riassetto degli istituti di credito cooperativo, sulla scia dell’autoriforma che era stata predisposta da Federcasse, l’associazione presieduta da Alessandro Azzi. Al lavoro sul testo del governo sono in particolare la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Economia retto da Piercarlo Padoan.

LE BOZZE DEL TESTO

La riforma delle Bcc punta a spingere le aggregazioni all’interno del mondo cooperativo. E’ questo l’obiettivo che si pone il governo nella bozza del testo, che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri domani, venerdì 5 febbraio. Inoltre il provvedimento allo studio dell’esecutivo c’è anche la creazione, in 18 mesi, di una holding capogruppo, della quale le Bcc deterranno comunque la maggioranza. Si prevede anche un aumento, seppur in 5 anni, del minimo di soci, che passa da 200 a 500, così come delle risorse investite in azioni, che passa da 50mila a 100mila euro, venendo incontro alle richieste del settore. La capogruppo tra i suoi poteri, avrà anche quello di intervenire sulla governance, opponendosi alla nomina o revocando i vertici dei singoli istituti. Dopo il via libera della Banca d’Italia governata da Ignazio Visco alla holding, le singole Bcc avranno 90 giorni per aderire attraverso dei ‘contratti di coesione. Per mantenere la licenza bancaria come banca di credito cooperativo gli istituti dovranno aderire alla holding. In alternativa potranno trasformarsi in Spa, in banche popolari o procedere alla liquidazione.

IL COMMENTO DI UN ADDETTO AI LAVORI

Commenta un addetto ai lavori che preferisce l’anonimato: “Coloro che hanno mal gestito il credito cooperativo per oltre 30 anni e le loro banche avrebbero 18 mesi di tempo per creare una holding unica (di cui al momento non si conosce né chi la governerà, sebbene sia facile immaginare chi sarà, né il progetto industriale e bancario), mentre le Bcc (prevalentemente quelle più virtuose) avrebbero appena 90 giorni di tempo per decidere se trasformarsi in banche popolari o società per azioni, possibilità quest’ultima concessa – secondo le indiscrezioni che circolano – solo a quelle Bcc che possiedono maggiori limiti di capitale; come a dire che per le piccole e medie Bcc, che sono la stragrande maggioranza, dovrà risultare praticamente impossibile non partecipare alla holding”.

LE PAROLE DI UN BANCHIERE ANONIMO

Aggiunge a Formiche.net un banchiere di una piccola Bcc del Nord ovest: “Per far sembrare una riforma seria e sviare dai veri problemi di governance delle Bcc, inseriscono il contentino populista dell’aumento del numero minimo dei soci da 200 a 500, ipotesi che interesserà al massimo 30/40 piccolissime Bcc su 363. Si badi bene però, concedendo un termine temporale addirittura di 5 anni (contro i 90 giorni a disposizione per decidere se restare nel Credito Cooperativo, ossia nella holding unica)”. Conclude il banchiere: “Ovviamente questo è un modo per accaparrarsi il consenso di quelle  piccolissime, facendo credere loro di averle salvate da ipotesi peggiori, le altre, le piccole e le medie, vengono solitamente accontentate con le poltrone distribuite nei vari carrozzoni del sistema (federazioni, società di servizi, ecc..)”.

LE CONCLUSIONI CRITICHE

Chiosa un altro addetto ai lavori che è stato ai vertici del sistema: “La riforma, in base a quello che al momento si può capire, va a vantaggio delle poche grandi Bcc e tutto creato ad hoc per salvare chi ha mal amministrato le proprie banche e per mantenere i posti (chiamasi poltrone) dei vertici regionali e nazionali delle federazioni e delle società di servizio più inefficienti (tutti soggetti che solitamente coincidono proprio con coloro che hanno mal gestito le loro banche)”.

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