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Cosa farà il governo Renzi dopo Sanremo e dopo il ddl Cirinnà

Sanremo e la legge Cirinnà sono servite a Renzi per distrarre l’attenzione del Paese dal disastro che si sta profilando.

Renzi ha cacciato Letta perché era sicuro di cogliere la ripresa 2014-2015-2016. Quella ripresa che invece non c’è stata, nonostante i ripetuti “bonus” di lauriana memoria. Nel 2015, PIL + 0,7%… ben più basso delle previsioni di Padoan e delle certezze incrollabili del boy-scout.

Nel 2015, ulteriore aumento del debito pubblico (+ 70 miliardi, circa), senza che ciò abbia ravvivato i consumi. Gli esperti ci hanno raccontato che gli italiani continuano a risparmiare ma che, poiché non si fidano delle banche o della posta, fanno come i loro nonni. Eurini dentro il materasso o sotto le mattonelle.

Eurini alla Patria (Renzi). Oro e gioielli alla Patria (Mussolini). Sarà cosi? La vicenda delle tante banche toscane, la poca chiarezza su quelle popolari e la forzatura sul credito cooperativo non favoriranno la fiducia dell’italiano medio verso il sistema bancario interno.

Questo sistema in cui tutti – Governo, Banca d’Italia, Consob, ABI – si “chiamano fuori”. “Il sistema è solido”, ci hanno detto e ripetuto per anni. Hanno detto e continuano a dire, come se le banche politicizzate non fossero piene di crediti inesigibili (80-200 mld?) e non fossero incastrate in un crepaccio: il giudizio del mercato, dei fondi esteri, dei grossi investitori e dei piccoli risparmiatori. Quelli che ora sono meno disinformati di qualche anno fa.

Non siamo Cassandre, ma la pensiamo come Riccardo Ruggeri (Italia Oggi,13/2/16): “Il nuovo crollo della borsa è indicatore di una nuova crisi finanziaria, figlia della insostenibilità del debito pubblico e privato, in continua espansione”. Le politiche monetarie della U.E. e delle banche centrali si sono basate sulla folle speranza che i PIL – nazionali, europei, mondiali – dovessero essere in continua crescita. Cosi’ non è stato né poteva essere. Le economie occidentali, ora, non sono in grado di onorare i debiti. Ovvie le domande, allora. “ Chi paga? Come si risolve il problema?”.
Chi paga? Obama, Draghi, la Merckel, Visco, Vegas?

O non, piuttosto, i cittadini normali? Quelli che si sono fidati delle banche, della Consob, della Banca d’Italia, delle agenzie di rating, di Tremonti-Monti-Letta-Renzi?

Quelli che hanno creduto che l’economia sia una scienza esata? No, non è una scienza né – tanto meno – una scienza esatta!

E, allora, come si risolve il problema? E, allora, cosa si abbatterà sugli italiani?

Dopo i novennali blocchi contrattuali nella P.A.
Dopo i ventennali tagli ai pensionati
Dopo la fregatura del cambio lira/euro
Dopo la svalutazione dell’euro sul dollaro (2002-2016) pari a circa l’8%
Dopo la risalita dello spread

ci sarà forse una nuova patrimoniale o un prelievo forzoso dai conti correnti, come ai tempi di Amato?

Giuste le domande, incerte le risposte. Anche perché non siamo oggi sicuri che la attuale Corte Costituzionale sia in grado di tutelare pienamente i cittadini “normali” dagli effetti perversi di leggi sia del recente passato (109/2015 e 208/15) che futuribili (2016-2017). Quelle del recente passato, ad esempio, varate da questa maggioranza in netto spregio alla sentenza 70/2015 della stessa Corte.

Leggi incostituzionali, per noi che non siamo giuristi ma che usiamo il buon senso e lo applichiamo ai diritti costituzionali basilari. Abbiamo già provato sulla nostra pelle le bruciature della prassi renziana: tutela dei poteri forti e mannaia sui pensionati. Mance ad alcuni gruppi, rapine ad altre categorie.

Come se, in uno stato realmente democratico, il debito pubblico non dovesse essere affrontato in 2 soli modi. Taglio delle spese inutili e tasse uguali per tutti, a parità di reddito, sia esso da lavoro o da pensione.

Il boy scout ha fatto una pseudo spending-review, a spot: via il Cnel (via?), via le Province (via?), via le Camere di Commercio (via?), via il Senato (via?).

Creando un guazzabuglio istituzionale e funzionale che NOI cercheremo di distruggere, votando no al referendum istituzionale. E non saremo soli

Stefano Biasioli, segretario generale Confedir

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