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Cosa succederà alle pensioni di reversibilità

IVS è l’acronimo che riassume le classiche prestazioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti. Quest’ultimo è il trattamento riconosciuto agli aventi diritto (perché a suo carico) del lavoratore o del pensionato defunti. Nel caso che il de cuius sia un lavoratore in attività la pensione dovuta ai congiunti si dice indiretta; di reversibilità se invece è un pensionato. A percepire il trattamento riservato ai superstiti sono in stragrande maggioranza le donne (vedove) perché sopravvivono di solito al coniuge, in ragione della maggiore longevità. Già oggi questa prestazione (per il coniuge pari al 60% di quella spettante al de cuius) è ragguagliata al reddito dell’avente diritto nel senso che viene decurtata (fino alla metà) in relazione a redditi corrispondenti ad una scala di multipli del trattamento minimo. Da quello che si capisce, nel disegno di legge delega, il Governo sarebbe intenzionato, per i trattamenti futuri, a rendere più severa la c.d. prova dei mezzi prendendo come riferimento non più i redditi Irpef ma il ‘’sarchiapone’’ (di stampo sovietico) dell’ISEE.

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Attenzione. Si è parlato fino ad ora del regime dei superstiti. Ma il disegno di legge delega prende di mira tutti i trattamenti sottoposti alla c.d. prova dei mezzi (condizionati cioè alla situazione reddituale/economica degli aventi diritto). Siffatte prestazioni sono diverse: oltre alle pensioni indirette e di reversibilità vanno inclusi gli assegni sociali, quelli integrati al minimo e le pensioni civili (solitamente destinate ai portatori di handicap). Si tratta di un universo sociale molto complesso e delicato, i cui regimi previdenziali e assistenziali richiedono certamente  un riordino. Ma con tanta cautela. Guai ad aprire una guerra tra poveri ed emarginati.

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Lo scoop sulla tragica fine di Giulio Regeni lo ha fatto – Oltreoceano – il New York Times. Non un grande quotidiano italiano. Nelle redazioni, questa volta, non era arrivata la solita velina delle Procure.

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“Non dimentichiamo che l’utero in affitto – o meglio gravidanza per altri – è già regolamentato in Italia, dalla legge 40. E’ vietato’’. È ciò che afferma in un’intervista al Corriere della Sera il neo sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore (già folgorato sulla via di Firenze). Se è quanto dispone la legge non c’è proprio nulla da dire sul fatto che un senatore dem (Sergio Lo Giudice) convolato a giuste nozze con il suo compagno, si sia avvalso, all’estero, di una pratica proibita in patria? Non intendiamo prender parte alle polemiche di Maurizio Gasparri, il quale non è certo un gentleman. Ci preoccupano, però, le solidarietà corali raccolte dal suddetto senatore, perché stanno a dimostrare che, sotto sotto, in certi ambienti, il suo comportamento è considerato “politicamente corretto’’. E che, per i medesimi ambienti, l’attuale proibizione dell’utero in affitto (una pratica a mio avviso disgustosa e schiavistica) è un residuo da superare il prima possibile.

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Sul Mulino-online, Andrea Stuppini, esperto di problemi di immigrazione, suggerisce, dopo le polemiche sul voto cinese a Giuseppe Sala, una soluzione coerente ed equa per ammettere al suffragio gli stranieri. ‘’Nei paesi europei – scrive – che hanno già legiferato in tal senso (Olanda, Belgio, Spagna, Svezia ecc.), il diritto di voto non è esteso a tutti gli stranieri, ma solo a coloro che sono residenti da almeno cinque anni: i cosiddetti lungo-soggiornanti. Se il Parlamento italiano intendesse legiferare sulla materia, molto probabilmente si indirizzerebbe nella stessa direzione, concedendo il voto amministrativo solo ai lungo-residenti. Quindi, per coerenza, anche lo strumento delle primarie di partito (non solo del Pd) andrebbe ritarato in questo senso’’.

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