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Cosa cambia con ChemChina che si pappa Syngenta

Gomme, sementi e pesticidi. ChemChina, il colosso cinese che in Italia è anche il primo azionista di Pirelli, è ad un passo dall’acquisizione di Syngenta, società svizzera dell’agroindustria nata nel 2000 da una fusione tra controllate delle società farmaceutiche Novartis e Astra Zeneca e presente anche nel nostro Paese con circa 400 dipendenti e un sito produttivo a Casalmorano (Cremona) e una stazione sperimentale a Foggia. Con questa operazione la Cina farebbe un salto di qualità non da poco: trasformandosi da Paese importatore di cibo a superpotenza alimentare, concorrendo in un mercato dominato dalla Monsanto e da DuPont (e dalle polemiche sulle colture Ogm).

Un’acquisizione che potrebbe aprire scenari inediti perché la Cina potrebbe arrivare a condizionare la geopolitica del cibo. Anche se un nuovo player tra Europa e Stati Uniti in questo settore potrebbe portare, nel rispetto delle regole, a vantaggi un po’ per tutti, consumatori compresi. Almeno così la pensa Andrea Barella amministratore delegato di Sumitomo Chemical Italia e presidente di Agrofarma, l’associazione che raggruppa il 95% delle imprese italiane del settore (fatturato italiano del comparto che si colloca intorno ai 795 milioni di euro rappresentando circa l’1,5% del fatturato globale della chimica in Italia, settore che impiega in Italia circa 2.000 persone).

“È noto che l’economia cinese – spiega a Formiche.net – sta vivendo, negli ultimi anni, una transizione: da “fabbrica del mondo” votata all’esportazione di prodotti a basso costo, all’adozione di un modello più evoluto che mira ad acquisire il migliore know how tecnologico, al fine di farlo proprio e colmare il gap che la separa da Europa e Stati Uniti. Questo processo vale anche per quanto riguarda l’agroindustria”.

Non è un caso infatti che la Cina pone una grande attenzione al settore agricolo mirando, ad esempio, a trasformare e modernizzare rapidamente i modelli agricoli, rendendoli più efficienti, inclusivi e sostenibili a livello ambientale. “Ecco perché – spiega Barella – dopo aver raggiunto anzitempo l’obiettivo di sviluppo del millennio di dimezzare la percentuale di popolazione affamata, stabilito nel corso del vertice mondiale sull’alimentazione del 1996, si è anche posta in prima linea sul tema della sicurezza alimentare. Ciò attraverso un importante sostegno alla Fao per l’implementazione del programma “Cooperazione sud-sud”, votato allo scambio di conoscenze sul tema nei territori del Sud del mondo. E c’è la volontà del Paese di adeguarsi entro il 2020 agli standard internazionali in termini di residui di agrofarmaci negli alimenti, ambito nel quale si riconosce ancora non all’avanguardia”.

Non c’è da temere dunque nulla da questa trasformazione della Cina? “Credo che nell’ambire a essere un Paese di riferimento globale in termini di produzione agricola di qualità oltre che di quantità, la Cina ha adottato la strategia di acquisire le competenze di chi è già all’avanguardia nel settore, per potersi riservare un ruolo sempre più importante”, dice il presidente di Agrofarma.

Nessun effetto predatorio? Non potrà succedere quanto già accaduto con altri comparti come il tessile, il calzaturiero o l’arredo casa dove Pechino con politiche di dumping economico e sociale ha finito per spazzare via la concorrenza e mettere in crisi le aziende europee e italiane? “Non credo. Se la Cina continuerà in questo suo percorso – prosegue Barella – potremo avere un altro player globale nell’agroindustria e un mercato mondiale sempre più competitivo, cosa che, se tutti rispetteranno le regole, è un vantaggio e uno stimolo a fare sempre meglio da parte di tutti, a partire dall’impegno sulla sostenibilità ambientale”.

Il presidente di Agrofarma semmai punta l’attenzione su un altro aspetto, alla poca attenzione anche nelle politiche del nostro governo sulle politiche di sostegno all’agroindustria. “Più in generale – spiega – questo quadro evidenzia apertamente come il settore agricolo sia oggi ritenuto un asset strategico centrale per il progresso economico di Paesi che hanno l’ambizione di diventare player centrali nell’economia globale. Un messaggio, questo, che auspichiamo attiri l’attenzione delle istituzioni italiane, con le quali siamo impegnati a dialogare sul valore di crescita che può portare l’investimento in un’agricoltura innovativa e sostenibile”.

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