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TIM, tutti i passi del rebranding di Telecom Italia

L’accelerazione costante dei ritmi quotidiani rende sempre più importante l’utilizzo efficiente di risorse finite come il tempo e l’energia. Risorse strategiche, al pari del denaro. Per questo la parola-chiave oggi è semplicità. Vale per chiunque, ancor più per chi ha il privilegio di occuparsi di comunicazione d’impresa, o di comunicazione in generale. La sfida è trasformare messaggi articolati in informazioni lineari, un universo complesso – come un brand storico e stratificato – in una promessa semplice, comprensibile – e realistica – a cui i dipendenti dell’azienda scelgono di credere ogni giorno, creando un legame di fiducia con clienti, fornitori, istituzioni.

La ricerca della semplificazione al servizio del cliente, senza perdere i valori fondanti delle marche aziendali, è compito piuttosto impegnativo. Il Gruppo Telecom Italia negli anni aveva sviluppato un’architettura di marca frammentata e inefficiente, con una moltitudine di loghi che esprimevano un’identità poco coerente. Anche il mother brand Telecom Italia scontava la difficoltà di essere sia legal entity sia brand commerciale, ma solo per la telefonia fissa. Rinnovare i fondamentali e utilizzare TIM come unico brand commerciale è stata una scelta veloce ma ponderata, presa dopo aver studiato i risultati di molte ricerche sui colleghi – che devono aderire di testa e di cuore a una rivoluzione identitaria perché essa accada – e sui clienti, concordi nel mostrarci come i tempi fossero ormai maturi.

Abbiamo deciso di puntare su TIM come brand unico commerciale per fare un passo deciso verso il futuro. Il lancio, a metà gennaio di quest’anno, del nuovo logo della campagna istituzionale e della nuova identity, è il risultato di un’analisi profonda e di un processo graduale, iniziato a gennaio 2014 da un team di professioniste (Stella Romagnoli, leader del team, Gaia Spinella, ricerche, Isabella Lauro, strategia, ed Elena Tondini, creatività), che ha trovato la chiave partecipativa per coinvolgere l’intera azienda e i suoi touchpoint istituzionali e commerciali, verificando ogni scelta per cercare di minimizzare gli errori. La composizione di questa squadra indica come sia cambiata la comunicazione, come le componenti scientifiche di ricerca e lettura dei dati (anche dei big data) abbiano ruolo strategico equivalente alla scintilla creativa. L’allineamento di tutti i canali di comunicazione, online e offline, push o pull, la capacità di sottosegmentare il target e analizzarne attitudini, abitudini e interessi sono elementi fondamentali per la riuscita di un progetto nell’era del digitale.

Il rebranding di TIM non è stato un restyling del marchio, secondo una, per quanto prestigiosa, attività di comunicazione, ma un riposizionamento dell’azienda. Abbiamo scritto per il vertice una nuova visione del nostro ruolo sul mercato. Abbiamo studiato come raggiungere la semplificazione insieme alle funzioni di business, che devono riconoscersi in una nuova identità adatta e adattabile al quotidiano futuro. Siamo partite dall’analisi del contesto. I brand globali di maggior successo, i cosiddetti GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon), mostrano quanto identità e architettura di marca immediate, coerenti e di facile interpretazione, siano fondamentali nel creare un rapporto proficuo e di soddisfazione con gli stakeholder. Sono ecosistemi che conducono il cliente al loro interno senza disorientarlo, anzi autorizzano l’estensione della marca anche a business adiacenti, accompagnando e fidelizzando il pubblico. Le telecomunicazioni entrano in questo processo quasi naturalmente, grazie alla convergenza delle reti: i nostri clienti vogliono comunicare, vivere, lavorare e divertirsi sempre più liberamente, indipendentemente dai dispositivi e dalle piattaforme che utilizzano. Per questo dovevamo pensare a un brand e a un logo unico che, studiato nativo digitale, avesse in sé tutta la duttilità necessaria all’infinità di contesti che il digitale stesso prevede.

Lo step-chiave è stato poi definire il nuovo territorio di marca, l’area ideale nella quale operare. L’abbiamo identificata nell’OnLife, quello spazio nella vita delle persone in cui l’offline si fonde con l’online e la tecnologia fa incontrare analogico e digitale, aprendo una serie infinita di nuove opportunità. E abbiamo ridefinito di conseguenza la nostra brand proposition: “Connessi alla vita. Sempre. Ovunque. Meglio”. Una serie di passaggi logici concatenati ma tutt’altro che scontati a gennaio 2014 e che hanno reimpostato tutto il nostro approccio alla comunicazione.

Definito e, soprattutto, condiviso il territorio con le business unit, abbiamo scelto di procedere per gradi. In un biennio abbiamo fatto convogliare tutti i nostri messaggi di comunicazione – non solo pubblicitaria – sotto il marchio TIM. Siamo partiti inserendo nelle comunicazioni sull’ultrabroadband la call to action a entrare nei negozi TIM e poi siamo andati a toccare progressivamente tutti i touchpoint, sforzandoci di accompagnare il cliente senza lasciare nessuno indietro. Avendo come bussola la semplicità, dall’utilizzo dei due loghi separati siamo passati prima all’uso congiunto, poi alla firma TIM con endorsement Telecom Italia e infine all’unico brand commerciale TIM, che lascia a Telecom Italia solo il ruolo di personalità giuridica dell’azienda. Contemporaneamente, abbiamo rinominato le nostre partnership strategiche e le nostre offerte, semplificando e rilanciando col marchio TIM anche tutta l’architettura del brand. Abbiamo agito sul fronte interno, contribuendo a semplificare la cultura organizzativa e rinnovando la employee value proposition per perseguire il duplice scopo di essere aspirazionali per i giovani talenti e motivazionali per i nostri dipendenti. La nuova TIM-icon rossa e il wordmark bianco su fondo blu che rappresentano oggi la nostra azienda è solo uno dei passaggi, per quanto il più spettacolare, di questa nuova strategia.

Svolte di questo peso vedono i loro effetti nel lungo termine, pertanto è troppo presto per trarre un bilancio. Di certo, però, rimane l’esperienza di come deve cambiare l’approccio alla comunicazione in un periodo storico in cui l’uso consapevole di Internet come mezzo di informazione, verifica e confronto aumenta la responsabilità di chi rappresenta l’azienda. Non sono più consentiti racconti a cui non seguano i fatti, dichiarazioni superficiali o incomplete, a scapito della reputazione. La Rete ha cambiato l’attitudine del pubblico consegnandogli un ruolo attivo e partecipativo delle questioni che lo interessano. Questo cambiamento è – per fortuna – irreversibile e richiede, oltre alla semplicità, trasparenza e coerenza.

Articolo pubblicato sulla rivista Formiche

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