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Perché molti investitori impazziscono per i diamanti

Il bene rifugio per eccellenza? Dimenticate l’oro, sono i diamanti. E lo sono soprattutto in Italia, uno dei maggiori mercati al mondo per i diamanti da investimento. In totale le transazioni sono cresciute del 78% dal 2013 a oggi, mentre nello stesso periodo si sono dimezzati i tempi di ricollocamento, ovvero i tempi necessario per disinvestire qualora si volesse liberare il capitale: da 90 a 43 giorni.

UNA NICCHIA MISCONUSCIUTA E PROMETTENTE

I dati sono di Idb, ovvero Intermarket Diamond Business, che di mestiere fa vendita e mediazione di diamanti da investimento da quarant’anni, con una quota di mercato dell’80% in Italia. “Il valore complessivo del mercato in Italia è pari a 230 milioni di euro, equivalente a circa il 20% del mercato dei diamanti da investimento globale – spiega a Formiche.net l’ad Claudio Giacobazzi, geologo esperto di gemme – I dati della sola Idb, che si occupa esclusivamente della vendita di diamanti da investimento attraverso il canale bancario, evidenziano un aumento delle vendite nel 2015 del 20%, passate da 152 milioni del 2014 ai 183 milioni al 31 dicembre 2015”.

INVESTIMENTI DA 6MILA EURO CON OTTICA DI LUNGO PERIODO

Un mercato piccolo di nicchia, ma che cresce e si fa interessante anche grazie a questo tipo di operatori. “Il mercato dei diamanti da investimento è diventato più liquido per operatori come noi, tra i pochissimi ad offrire anche il servizio di disinvestimento”, continua Giacobazzi. Chi compra diamanti da investimento? Tutti, dalla casalinga al professionista, all’imprenditore in un mercato di clienti che si è appiattito e non annovera più solo persone dell’upper class come poteva avvenire venti anni fa. I 183 milioni realizzati da Idb in termini di volumi si sono distribuiti su 8388 clienti, ognuno dei quali ha investito in media circa 20mila euro in oltre 15500 diamanti.
“Preferiamo tagli piccoli, tra mezzo e un carato – spiega Giacobazzi – per rendere il mercato più liquido. Per la stessa ragione privilegiamo la massima purezza e il classico taglio brillante. Per investire basta un patrimonio di 6-7mila euro e bisogna avere un’ottica di lungo periodo, non meno di cinque anni e preferibilmente tra i 7 e i 10”.

PER TUTTI, MA NON FAI DA TE

Un investimento, dunque, per tutti. Che non fa diventare ricchi ma protegge il capitale: negli ultimi trenta anni i rendimenti sono stati sempre tra 1,5 e 2 punti percentuali sopra il tasso inflattivo ed è particolarmente efficace in tempi di Borse volatili e di incertezza estrema. Ma non è un tipo di investimento che si presta al fai da te. “Meno del 2% dei diamanti presenti sul mercato mondiale possono definirsi da investimenti per le loro caratteristiche di estrema purezza e qualità della pietra – mette in chiaro Giacobazzi – I diamanti da investimento non si acquistano in gioielleria ma in banche convenzionate con intermediari qualificati. Il diamante non è un titolo finanziario né uno strumento d’investimento tradizionale per questo non è soggetto alla tassazione sul capital gain, ma solo ed esclusivamente all’Iva. E a differenza dell’oro non è speculativo perché non ci sono moltiplicatori che ne amplificano i movimenti. Altro vantaggio: nessun rischio cambio, la quotazione è in euro”.

UN’IDEA NATA DA UNA CRISI

Ed è particolarmente bella e interessante l’origine della Idb e dell’idea su cui l’azienda fu costruita. “Nel mondo c’è una quantità enorme di oro tanto che il suo prezzo è molto fluttuante. Inoltre sia per pesantezza che per ingombro non lo si può portare facilmente con sé. Il diamante racchiude invece il più alto valore nel pugno di una mano. Le banche allora fallivano, i titoli si svalutavano, i fondi comuni stentavano, occorreva un bene di facile trasporto, dal valore riconosciuto in tutto il mondo, che non pagasse imposte. Tutti requisiti che aveva e ha il diamante, un bene raro, di grande prestigio e non soggetto a influenze politico-valutarie, e che rappresenta veramente il danaro. Se avviene qualcosa nel mondo, chi possiede un titolo non mangia, chi ha un diamantino sì, ovunque si trovi”, questa dichiarazione fu rilasciata dieci anni fa da Antinea de Rico allo Specchio economico.

… E DALLA TENACIA DI UNA DONNA

E la signora de Rico, nobildonna di origine argentina dal temperamento passionale, lavorava negli anni Settanta all’Amincor Bank di Zurigo, che faceva capo a Michele Sindona. Quando la banca fallì nel terribile crack del finanziere italiano Antinea notò che l’unica cosa che si era salvata era quella piccola parte di investimento che nei portafogli dei clienti era rappresentata dai diamanti e che era stata messa là per “diversificare”, come direbbe oggi un gestore. E per questo, nel 1976, fondò la Intermarket Diamond Business, quando il monopolio del mercato in tutto il mondo era in mano ai gioiellieri. Sua l’idea di ricollocare, sua l’esigenza di effettuare severi esami gemmologici su dimensioni, purezza, provenienza delle pietre (ancora oggi non c’è pietra nel portafoglio Idb che sia stata prodotta senza attenzione agli aspetti etici). Tutto quello che oggi è Idb è merito di una donna e di una crisi.

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