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Vi racconto il disastro delle ferrovie pugliesi

Le Ferrovie del Sud Est, nel corso della loro lunga storia, hanno dato tanto alla Puglia, sia in termini di mobilità che in termini di capillare infrastrutturazione. Basti pensare a circa 500km di linee ferroviarie nelle province di Bari, Brindisi, Taranto e Lecce con centinaia di Comuni raggiunti. Ma l’affetto e la gratitudine a una storia importante per il nostro Sud non possono offuscare i problemi e le urgenze dell’oggi: rispetto a un sistema che brucia annualmente centinaia di milioni di euro dei pugliesi a fronte di servizi pessimi o inesistenti, è giunto il momento di una rivoluzione copernicana non più rinviabile.

La società pubblica FSE ha ricevuto e riceve ogni anno da ciascuno di noi, attraverso il bilancio regionale, centinaia di milioni di euro, eppure è in dissesto mentre la qualità del servizio offerto ai cittadini è da terzo mondo. Essa offre mezzi scandalosamente vetusti e fatiscenti che si incendiano durante il servizio, sporcizia indicibile, ritardi cronici e un’offerta di tratte e orari immutata da decenni – che prescinde del tutto dalle mutate e mutanti esigenze e abitudini di vita dei cittadini pugliesi: fattori che rendono inaffidabile il servizio costringendo gli utenti ad affidarsi a mezzi propri per non subire disagi e pericoli inaccettabili. A questo si aggiungono gli scandali clamorosi di cui leggiamo, carrozze pagate cinque volte il dovuto (e ferme), consulenze e sprechi per milioni di euro, compensi stratosferici al management, ecc…

La Regione Puglia (e il Governo) dovrebbero smetterla di mantenere in piedi con fiumi di denaro pubblico questo carrozzone clientelare e inefficiente. La Giunta Emiliano, invece, chiude gli occhi e perpetua il sistema ritenendo giusto continuare a versare milioni di euro dei pugliesi in attesa che il commissariamento della società (e il suo rifinanziamento, sempre con denari pubblici) portino a risultati salvifici: una follia politica e giuridica, della quale probabilmente si dovrà rendere conto anche in sede erariale. Chi di noi, dopo essere andato più volte in un ristorante e aver sempre mangiato malissimo e pagato tantissimo, continua a tornare sempre nello stesso ristorante per mangiare da schifo e farsi derubare?

Per rimettere in piedi FSE ci vorranno decenni e i pugliesi non possono attendere. Occorre immediatamente rescindere il rapporto contrattuale con la società pubblica, palesemente inadempiente, e indire quanto prima più gare ad evidenza pubblica per dotare finalmente la Puglia di servizi di trasporto pubblico degni di questo nome.
L’affidamento al soggetto pubblico ha comportato per la comunità costi esorbitanti, servizi pessimi e fattori di carico medi bassi (qualcuno ha mai visto un treno FSE pieno?): l’apertura al mercato è l’unico modo per assicurare un servizio migliore limitandone però il peso sulle finanze pubbliche.

Come la storia recente di FSE dimostra, chi sa di ottenere a prescindere fiumi di denaro dei contribuenti non ha alcun motivo per offrire un servizio di buona qualità e aumentare il numero di utenti, non ha alcun incentivo a investire in manutenzione o fornire mezzi di trasporto più moderni, che consumino meno e inquinino meno, non ha nessun interesse a minimizzare i costi inutili, eliminare gli sprechi e cancellare le prebende politico-clientelari: i suoi ricavi sono indipendenti dalla domanda dell’utenza, per giunta priva di meccanismi di controllo e sanzione. In tal modo i costi aumentano, si dipende sempre più dai sussidi pubblici e la politicizzazione del servizio diviene dilagante.

Rescisso una volta per tutte il rapporto con questa società, la Regione Puglia, come già fatto da tante altre regioni italiane, può immediatamente procedere ad assegnare pacchetti di linee attraverso una pluralità di gare, per lotti di dimensione ridotta e differenti anche per modalità di trasporto. Il trasporto pubblico locale non deve necessariamente essere gestito da un unico soggetto su un territorio ampio, anzi: piccoli lotti assicurano una dimensione ottimale del servizio e soprattutto possono essere accessibili anche a operatori medio-piccoli. Del resto il nord della Puglia già conosce esperienze simili di collegamenti interni e con altre Regioni gestiti da operatori privati con risultati tutto sommato soddisfacenti.

L’adozione delle gare non deve spaventare nessuno, nemmeno il personale attualmente dipendente di FSE. Se il governo e la Regione si ostinano a tenere in piedi questo carrozzone, gli unici a pagarne il prezzo, oltre ai cittadini privi di servizi, saranno proprio i dipendenti, sulle cui spalle cadrà pressoché per intero l’onere del risanamento con dolorosissimi tagli alle retribuzioni e licenziamenti massivi. L’esperienza di altre regioni rivela invece che laddove gli operatori pubblici come FSE sono usciti di scena, la gran parte degli impiegati è stata riassunta dai privati che hanno vinto – cosa che si può ben garantire attraverso idonee clausole sociali -: un servizio migliore e meglio organizzato genera una domanda che consente di sostenere livelli occupazionali quantomeno pari a quelli preesistenti.

Aprire il trasporto pubblico pugliese al mercato e alla concorrenza lo farà uscire da questa situazione pietosa sia per i passeggeri che per la spesa pubblica. Alla Regione certo deve restare il compito di verificare se sono rispettate le esigenze di mobilità di tutti cittadini, anche di quelli che abitano in zone non centrali o poco densamente popolate e, quindi, di intervenire con i soldi dei pugliesi solo laddove la domanda è bassa e fornire il servizio risulterebbe del tutto sconveniente a qualunque operatore.

Smettere di alimentare una voragine nella vana speranza di chiuderla per affidare i servizi ai privati, farà emergere non solo un servizio più economico e di qualità superiore, ma soprattutto un servizio attento anche alla soddisfazione dei clienti – i cittadini pugliesi -, fattore oggi del tutto assente dalle strategie aziendali di FSE ma evidentemente anche da quelle politiche della Giunta Emiliano.

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