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Acea, perché Marco Travaglio su Virginia Raggi non mi ha convinto

Marco Travaglio può cercare di metterci una toppa. Ma la frittata è fatta. Invocare la presenza dei cattivissimi “poteri forti” – leggi Francesco Gaetano Caltagirone – serve a poco. La verità è che la prima uscita impegnativa di Virginia Raggi ha determinato un piccolo terremoto.

I fatti sono noti, ma è bene ricordarli. Intervistata da Maria Latella, nello studio di Sky Tg 24, il candidato sindaco del Movimento 5 stelle ha espresso in sostanza sul management della società Acea un giudizio lapidario: se ne devono andare. Per la verità il motivo di tanta severità non si è capito. Stanno mandando a rotoli la seconda multiutility italiana? Niente di tutto questo. Il loro peccato è stato quello di fare “utili”. Che il candidato sindaco – come ha osservato Massimo Bordin dalle pagine de Il Foglio – confonde con i dividendi. Oltre a sbagliare la cifra.

La Raggi parla di 50 milioni, realizzati nella gestione delle acque. Gestione – aggiunge con severità – che dovrebbe essere pubblica. Visto l’esito di un vecchio referendum. Come se l’Acea fosse privata. Invece è posseduta per il 51 per cento dal comune di Roma. Ma il gruppo Caltagirone – ci ricorda Marco Travaglio – ha azioni per il 15,8 per cento del capitale. Quindi la purezza cristallina di un pezzo prezioso del socialismo municipale é stata irrimediabilmente contaminata. Ed è allora giusta la tesi della Raggi: ci vuole la catarsi, l’epurazione dell’attuale gruppo dirigente.

Facciamo parlare i numeri. Nei primi nove mesi del 2015, secondo i bilanci presentati, il risultato operativo, fatti gli ammortamenti, per il settore idrico, é stato pari a 150 milioni. Che hanno consentito di finanziare investimenti per 128. Il settore idrico non comprende solo l’acqua, ma il servizio di fognatura, i depuratori e via dicendo. Quei dati sono riferiti inoltre al complesso delle attività svolte anche fuori del Comune di Roma. Il servizio nella Capitale rientra nell’Ato 2, che comprende ben 77 comuni. Anche se il peso di Roma, circa l’80 per cento dei ricavi, é prevalente.

I calcoli, come si vede, prima di sparare numeri a casaccio, sono piuttosto complessi. Immaginiamo cosa succederà quando si tratterà di predisporre il bilancio di una delle capitali più disastrate d’Europa. Potrà sempre sovvenire lo spirito di Gianroberto Casaleggio, ma sui possibili esiti positivi non siamo disposti a giurare. Eppure, nonostante, gli errori grossolani, i risultati di quelle dichiarazioni sono state devastanti. Equita e Banca IMI hanno declassato il titolo, che in borsa ha lasciato oltre il 4 per cento del suo valore. Per poi risalire leggermente nei giorni successivi.

Non cogliere tuttavia, come fa Travaglio, il significato più profondo di quella gaffe è un errore. Nei giorni precedenti Acea, in borsa, andava più che bene. Da metà marzo aveva guadagnato quasi il 16 per cento. Balzo giustificato dall’esistenza di un vasto programma di sviluppo che non riguarda solo l’idrico, ma l’energia ed il cablaggio della fibra ottica, sulla scia di quanto propone anche Enel. Ma per la Raggi i vertici vanno decapitatati. Per quale ragione non è dato da intendere.

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