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Tutte le evoluzioni della comunicazione d’impresa

La comunicazione d’impresa sta dentro un contenitore molto più ampio che è quello del sistema produttivo. Per capire potenzialità e limiti di questa comunicazione si può partire dalla triade semantica, sharing economy – social network – ruolo attivo del consumatore, utile a definire l’ambiente storico e culturale che detta le coordinate entro le quali la comunicazione d’impresa si deve muovere per raggiungere gli obiettivi dati – qualunque essi siano.

La sharing economy è l’economia delle piattaforme digitali dove si aprono possibilità inedite fino a pochissimi anni fa; dove ciascuno di noi, ovvero ciascun cittadino, può diventare imprenditore di se stesso trasformandosi per il tempo che desidera una specie di tassista part-time (penso alla piattaforma Uber) o, ancora, una specie di affittacamere a tempo determinato (penso alla piattaforma Airbnb). Come si sa, si tratta di nuovi segmenti di mercato e nuove tipologie di offerta di servizi che accorciano i processi d’intermediazione tra l’impresa e il consumatore per generare ulteriori processi economici e del lavoro.

Qualcosa di molto analogo avviene osservando le dinamiche relazionali dal lato dei social network (nati meno di dieci anni fa): essi consentono di praticare forme di comunicazione immediate, dirette, pervasive, in tempo reale così come non è stato mai possibile neanche immaginare nella storia dell’umanità. Per averne piena consapevolezza basta contare le persone che non usano il proprio cellulare quando prendiamo l’autobus, la metropolitana o quando viaggiamo in treno. Sono una stretta minoranza. In questo senso, i social condizionano le nostre vite, ma quello che qui interessa di più è sottolineare che essi condizionano soprattutto le nostre scelte di consumo. Il consumatore, che è pure cliente, utente, cittadino (e talvolta lo è contemporaneamente), dispone di un set di informazioni tale per cui, da un canto, è messo nella condizione di poter scegliere il prodotto o il servizio che preferisce e, dall’altro, è parte del processo produttivo nel momento in cui ne condiziona il risultato mettendo nelle vetrine ora disponibili preferenze, gusti e orientamenti.

Se ha un senso assumere la triade semantica appena richiamata come griglia interpretativa, il principale cambiamento tra l’impresa e il consumatore consiste nel fatto che questa relazione non è più così sbilanciata come in passato, quando la domanda subiva una netta supremazia da parte dell’offerta di beni o servizi. Nell’epoca in cui le informazioni sono alla portata di tutti lo sbilanciamento tende a essere molto più contenuto. Segreti e bugie, per così dire, hanno il fiato corto. In questo panorama, diventa prioritaria la centralità di costruire e coltivare le relazioni con tutti gli attori coinvolti nel processo, al punto che oggi le grandi aziende hanno prescelto la logica della comunicazione integrata in cui si abbattono i vincoli tra interno ed esterno in favore di una maggiore partecipazione dei soggetti in campo. O meglio, in favore di un proprio e vero engagement, che si richiama alla condivisione delle scelte, ma anche al senso di responsabilità collettivo in vista degli output prodotti. La comunicazione integrata non è una scelta, bensì una strada obbligata che scaturisce dall’assottigliarsi dei confini tra la dimensione interna ed esterna delle imprese. Le imprese italiane che si presentano meglio di altre, secondo il webranking 2015, sono soprattutto Eni, Tim e Snam.

Le dinamiche che ne conseguono incidono almeno su due questioni fondamentali per gli orientamenti moderni dei sistemi produttivi: l’approccio gestionale e il rapporto con il consumatore. Nel primo caso, si pone l’esigenza di generare community partecipative dei dipendenti, collaboratori e stakeholder. In qualche misura, iniziative di questo genere ricordano i circoli di qualità del modello Toyota degli anni Settanta, dove ogni gruppo aveva la possibilità di esprimere il suo punto di vista in merito alla gestione delle problematiche tipiche della comunità nella quale si lavora. Le attività produttive in senso stretto sembrano, per così dire, rimanere sullo sfondo, mentre si fa largo il connotato sociale della struttura aziendale. Il vantaggio, quindi, è alimentare processi collaborativi, orientati all’innovazione e alla ricerca di output originali e, di conseguenza, appetibili sul mercato.

Nel secondo caso, stabilire un rapporto sistemico con il consumatore si basa sulla consapevolezza della portata e del valore dell’ascolto. Evidentemente la cultura cattolica fa ancora scuola se il top management si avvale di una squadra di evangelizzatori, detti, in termini professionali e laici, community manager che hanno il compito di ascoltare e monitorare le comunità per sentire “l’aria che tira” e tradurla in strategie orientate a soddisfare le istanze raccolte. I benefici sono reciproci: le imprese ottengono informazioni dirette e stimoli precisi per migliorare il prodotto, mentre i consumatori possono segnalare, in via strumentale, difetti o avanzare richieste per rendere più funzionale questa o quella parte, concorrendo di fatto alla sua manutenzione e qualche volta addirittura alla sua progettazione. L’ibridazione dei ruoli fa in modo che ogni figura abbia un profilo spurio e si presenti quasi nello stesso tempo come consumatore e produttore dell’output in questione. Del resto, se ci pensate, è quello che già aveva concepito Henry Ford nelle sue officine nei primi decenni del xx secolo, con la differenza che allora non esistevano le piattaforme digitali con tutto quel che ne consegue.

Per concludere, la comunicazione d’impresa è efficace se innesca una forma di contagio tra gli attori dei circuiti produttivi: non è il contagio di cui parlava Albert Camus nella Peste, né quello descritto da George Orwell in 1984, tuttavia esso è costantemente alla ricerca di un equilibrio dinamico tra le esigenze poste dalle persone di essere dentro un progetto comunitario e, nello stesso momento, sentirsi soggetti non estraniati della loro specifica, insopprimibile individualità.

Articolo pubblicato sulla rivista Formiche

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