Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Jobs Act, quelle affinità elettive tra Italia e Francia

La Francia sta tentando di riformare il proprio diritto del lavoro che soffre dei medesimi malanni del nostro. C’è però una grande differenza, un principio che non va sottovalutato: i francesi vogliono tornare sui loro passi, vogliono di fatto cancellare quella legge sulle 35 ore settimanali che aveva messo in un angolo il resto dei Paesi “cugini”.

E come spesso accade, la correzione di un “errore” si trasforma in una norma più severa di quella che in origine si contestava. È palesemente insostenibile per l’impresa il costo del lavoro “straordinario”, e quindi le regole vanno modificate. Si interverrà sulle regole della contrattazione collettiva, invertendo l’ordine gerarchico e ponendo al centro il livello “aziendale”. Si interverrà sull’indennità di licenziamento ingiusto, introducendo parametri oggettivi e limitando la discrezionalità della Corte. E così via.

Insomma, al di là del “titolo” – i francesi non lo chiameranno mai Jobs Act – vi sono forti affinità con i provvedimenti che in Italia si stanno prendendo ed attuando. Dobbiamo evidenziare alcune differenze già in essere ed alcune che si manifesteranno una volta elaborata, prodotto ed attuata la riforma.

Al contrario di quanto accade nel nostro Paese, il terreno di “prova” della volontà riformatrice è il comparto “pubblico”; è lì che si sperimentano accordi che poi possono diventare il terreno su cui fondare i provvedimenti legislativi. Le differenze le vedremo poi in fase di attuazione dei provvedimenti, non ci saranno molto probabilmente le problematiche che normalmente impediscono alle leggi del nostro Paese di affermare e rendere operativi principi assolutamente condivisibili e propositivi.

Insomma, i riflettori vanno ancora una volta accesi su ciò che caratterizza il vero problema del nostro Paese, ovvero la fase attuativa! Non è vero che mancano le leggi, come non è vero che produciamo – normalmente – leggi sbagliate o già vecchie! Ciò che manca nel nostro Paese è quella parte di Stato che renda il diritto “effettivo” attraverso la pratica, la tutela, l’attuazione e la sanzione.

Orbene, come possiamo facilmente constatare “Le Projet de Loi -refonder droit du travail et le négociacion collective”– non ha particolari differenze rispetto al nostro Jobs Act e questo dovrebbe tacitare parte delle polemiche sorte attorno alle necessità di tale riforma. Accanto ad esse, però, ci sono anche in cantiere altre ipotesi d’intervento normativo volte a riconsiderare gli effetti dell’innovazione tecnologica sul lavoro e sul lavoratore. La Francia avrà forse qualche problema in più con il sindacato, forte e compatto e con un aspetto caratterizzante: hanno ancora degli ideali ed un pensiero politico comune.

Le reazioni immediate a ciò che ad oggi è solo un “progetto” lo dimostrano senza ombra di dubbio. Ma occorre intervenire.  I problemi nazionali che noi ben sappiamo mettere in piazza ed alla portata di tutti, sono presenti anche in Francia e per alcuni aspetti sono ancora più gravi. La macchina pubblica in Francia è pesante e potente; le relazioni industriali sono ingessate in procedure centralizzate, insomma un film che abbiamo già visto. Poi, come sempre, i francesi ci stupiscono. Dentro le riforme troviamo una sorta di “Passaporto del lavoratore”, documento di salvaguardia dei diritti assistenziali e previdenziali che si trasferisce automaticamente da datore in datore di lavoro. L’idea è poi quella della tutela del lavoratore dalla “connessione continua”, una sorta di “diritto alla disconessione”.

Da ultimo, non certo per importanza, non mi pare di aver visto provvedimenti di “decontribuzione”. Forse l’idea è quella di una riforma strutturale. Si potrebbe affermare che siamo di fronte ad momento storico delicato ed al tempo stesso entusiasmante, stiamo ponendo le basi per una diversa regolamentazione delle “regole di vita”, non semplicemente del lavoro. Trattiamo di salari, di tempo/lavoro, di indennità di licenziamento, di ricollocazione, di relazioni industriali. Insomma, stiamo parlando di ciò che caratterizza il cuore di una “società civile”.

È un cambiamento al quale molto probabilmente non ci si può opporre in quanto è l’effetto del mutare di altre variabili che per noi risultano incontrollabili; a mio avviso il governo di tale avvenimento per avere successo si deve basare sulle condizioni sociali – o delle parti sociali, come qualcuno ama definirle – e ciò può avvenire solo laddove anche le ideologie e gli schieramenti ideologici verranno superati.

Superamento che non significa abbandono, ma consapevolezza di un cambiamento che non può non impattare anche sui principi che hanno ispirato sino ad oggi le lotte e le dinamiche sociali.

×

Iscriviti alla newsletter