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Turismo: necessario un percorso verso la qualità

FILE_Immagine_Collage-ItaliaUn nuovo e articolato Studio di Settore della Cassa Depositi e Prestiti “L’industria del turismo. Le azioni prioritarie per valorizzare la destinazione Italia” offre un quadro completo dello “stato dell’arte” oggi in Italia. La patologica perdita di competitività merita attenzione costante dei decisori poiché potrebbe davvero essere quel volano per lo sviluppo da più parti invocato. Le pagine sono scritte in modo molto chiaro e con esempi concreti. La politica per il turismo, si legge, non può essere solo promozione del brand, perché se si lavora solo sulla fama e non si crea il prodotto allora saranno altri a beneficiarne. Tanto per fare un esempio, Ferrari, uno dei brand più potenti al mondo è italiano ed è in grado di attrarre visitatori da tutto il mondo con il parco tematico Ferrari World, dove è possibile sperimentare la finzione di un viaggio in Italia, gustare del finto cibo italiano, ascoltare della musica italiana, visitare una virtuale fabbrica di Maranello; il tutto però ad Abu Dhabi. Sono anni che si sente parlare di turismo come del petrolio italiano, eppure sono proprio i Paesi che del vero oro nero hanno fatto la loro ricchezza a beneficiare del “finto petrolio italiano”. Il Rapporto fornisce un quadro del turismo come fenomeno economico, capace di creare ricchezza e benessere per l’intero Paese, arrivando a definire alcuni interventi che potrebbero, se attuati, dare nuovo slancio e impulso a un comparto in cui l’Italia non può che giocare un ruolo da protagonista. In presenza di un comparto che presenta tanti, indiscussi e indiscutibili asset competitivi, lo studio evidenzia tuttavia anche i nodi da sciogliere e le criticità da affrontare per riuscire a reggere il confronto con i competitor stranieri, individuando un percorso finalizzato a rilanciare la destinazione Italia, con particolare attenzione alle realtà meridionali, che potrebbero rappresentare un asset importantissimo per rafforzare la vocazione turistica dell’intero Paese. Partendo dalla forza del brand Italia, anche al di là del binomio turismo – cultura, l’analisi getta dunque le basi per considerare finalmente il turismo un’industria. Dare una misura esatta del fenomeno turistico è impresa, a dir poco, complicata. Le ragioni di tale difficoltà sono in parte da attribuire alla natura stessa del settore, che coinvolge un ampio ventaglio di soggetti e di attività. Tuttavia sono anche in parte legate al fatto che il tema dell’impatto economico di questo comparto sul territorio è stato per lungo tempo trascurato, concentrandosi viceversa l’attenzione soprattutto, per non dire quasi esclusivamente, sugli aspetti sociologici del turismo. Il nuovo studio di settore si articola in cinque capitoli che meritano di essere letti integralmente per gli spunti di riflessione e operativi •nel primo si esaminano le tendenze più recenti del turismo mondiale, con particolare attenzione all’impatto della rivoluzione digitale e al turismo sostenibile, per evidenziare come l’Italia abbia affrontato questo mutato contesto, soprattutto nel confronto con i suoi principali competitor europei. Si stima inoltre cosa ha comportato aver smesso di investire nel settore, in termini di PIL e minor occupazione; •nel secondo si passa all’analisi delle regole e della governance del turismo, evidenziandone le incertezze, le incongruenze e le recenti riforme, oltre a esaminare il sistema di imposte, incentivi e misure per l’imprenditorialità turistica; •nel terzo, attraverso l’esame delle statistiche ufficiali, si traccia un quadro delle caratteristiche dell’offerta turistica italiana e dei flussi di domanda che l’hanno interessata nell’ultimo decennio, mettendo in particolare evidenza le difficoltà che hanno contraddistinto il sistema turistico del Mezzogiorno; •nel quarto si approfondisce il comparto alberghiero, con un focus particolare sui bilanci delle strutture ricettive negli ultimi dieci anni, arrivando a individuare gli elementi che hanno influito sulle performance aziendali. Si analizza inoltre il tema del finanziamento degli investimenti, quanto mai necessari in un percorso verso la qualità; •infine nel quinto si esaminano le criticità che minano lo sviluppo del comparto turistico per arrivare a delineare alcune aree di intervento sulle quali far leva per un rilancio economico del settore. Negli ultimi sessant’anni il turismo ha registrato cambiamenti ed evoluzioni inimmaginabili: da fenomeno di élite a fenomeno di massa, da bene superfluo a bene, in molti casi, indispensabile. Il turismo, ed è questo il nucleo dello studio, oggi è innanzitutto un’industria, capace di migliorare sensibilmente il contesto economico e la qualità della vita dei cittadini di un Paese; la cartina tornasole di un territorio. L’ultimo Country Brand Index, elaborato da FutureBrand ogni anno, che definisce l’appeal di una destinazione agli occhi dei viaggiatori internazionali, posiziona l’Italia al diciottesimo posto, un risultato di tutto rispetto se si considera che non tutti i Paesi hanno connotazioni così forti da venire percepiti come brand e che, dei 75 Paesi esaminati, solamente 22 sono entrati in graduatoria. Non si può però non evidenziare come dieci anni fa il nostro Paese si posizionasse al primo posto. Sono soprattutto i fattori legati a business, tecnologia, politica e innovazione a penalizzare l’Italia, che rimane in buona posizione proprio grazie a turismo e cultura. Del resto, i primi tre Paesi nella classifica sono Giappone, Svizzera e Germania. E in effetti anche nelle classifiche legate più specificatamente alla competitività turistica, l’Italia viene penalizzata, ancora una volta, dai fattori di contesto, che ne condizionano fortemente la capacità di attrarre flussi turistici. La mancanza di infrastrutture chiave, come aeroporti, porti, alta velocità, ma anche la scarsa manutenzione del territorio, il dissesto idrogeologico, la poca cura degli agglomerati urbani, la percezione di una eccessiva criminalità nelle città, il basso livello dei servizi pubblici locali, l’inadeguatezza delle infrastrutture digitali, sono tutti elementi che contribuiscono a ridurre sensibilmente l’appeal turistico del territorio italiano. Secondo le ultime stime del World Travel & Tourism Council, il turismo in Italia contribuisce a realizzare il 10,1% del PIL nazionale e l’11,4% dell’occupazione tra impatto diretto, indiretto e indotto. Le debolezze del sistema turistico italiano emergono in maniera ancor più marcata dall’analisi riferita alle sole regioni meridionali. Il Sud non sembra infatti in grado di far fruttare a pieno l’immenso patrimonio artistico, storico, culturale, naturalistico e paesaggistico che possiede: l’offerta, fatta soprattutto di seconde case, continua a concentrarsi prevalentemente sul balneare, un comparto stagionale, maturo, a basso valore aggiunto e soggetto all’agguerrita concorrenza degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La percentuale di visitatori stranieri è per tutte le otto regioni del Mezzogiorno, pari alla metà del valore registrato dalla sola regione Veneto; i tassi di occupazione delle strutture ricettive meridionali sono tra i più bassi del Paese e in media non raggiungono neanche il 25% del potenziale; l’accessibilità a molte parti del territorio meridionale è, quantomeno, problematica Nello studio si evidenzia che una riorganizzazione del settore turismo appare dunque quanto mai necessaria, partendo dalla consapevolezza che la capacità di attrarre flussi turistici coinvolge tutta la destinazione. La politica per il turismo è soprattutto organizzazione e valorizzazione dell’offerta. Senza seguire l’evoluzione del mercato, il sistema non riuscirà ad allinearsi a modelli di ricettività sempre più complessi, rimanendo bloccato da un’offerta frammentata, obsoleta, sottodimensionata, sia per numero di stanze, sia per capitalizzazione, che risulta insufficiente a realizzare quegli investimenti fondamentali per adeguare il livello qualitativo delle strutture alle richieste di una domanda sempre più attenta ed esigente. Il Rapporto, dunque, vuole fornire un quadro del turismo come fenomeno economico, capace di creare ricchezza e benessere per l’intero Paese, arrivando a individuare alcuni interventi che potrebbero contribuire a definire un “percorso per la qualità”, in grado di dare nuovo slancio e impulso a un comparto che non può non vedere l’Italia protagonista della scena internazionale. Da sempre lasciato più alla singola inventiva e all’iniziativa personale che non a una vera strategia nazionale – si sottolinea nello studio – il turismo in Italia è rimasto legato a un’idea che non appartiene più alla realtà. Fermi ancora a discutere di “turismi”, a segmentare i flussi per destinazione geografica, tipologia di alloggio, motivazione del viaggio, si sono di fatto persi di vista gli importanti cambiamenti che hanno contraddistinto questo comparto. Le politiche pubbliche sul turismo, a livello statale e regionale, risultano decisamente poco coordinate tra loro, mentre invece occorrerebbe una strategia organica e di lungo termine, volta a integrare e orientare le diverse politiche pubbliche, anche quelle che hanno un impatto più indiretto sul turismo. Il Piano Turismo 2020 ha già indicato molte azioni strategiche necessarie per un turismo innovativo, ma tale strategia è risultata carente dal punto di vista dell’attuazione concreta e della celerità nell’esecuzione delle azioni prioritarie. Oltre a una strategia nazionale incentrata sull’industria del turismo, a cui va abbinata una programmazione efficiente delle risorse disponibili, comprese quelle europee, è necessario rimediare a una governance pubblica frammentata e disomogenea dal punto di vista delle competenze legislative e amministrative, attualmente ripartite, in modo poco razionale e scarsamente efficace, tra Stato e Regioni. Un ulteriore punto debole della governance si riscontra nell’assenza di un sistema nazionale in grado di promuovere e commercializzare efficacemente all’estero l’immagine unitaria dell’Italia e l’offerta turistica nazionale. Ad oggi peraltro le Regioni hanno speso molte risorse pubbliche per la promozione del proprio territorio, senza risultati concreti in termini di penetrazione dei mercati internazionali. La consapevolezza che il turismo, in sinergia con il settore della cultura, rappresenti un fattore essenziale nell’economia italiana, in grado di generare crescita inclusiva e occupazione, è messa in luce anche nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (DEF, 2015), in cui si stabilisce l’impegno del Governo a declinare in modo concreto e operativo l’interdipendenza tra turismo e cultura. In un contesto di competizione globale, il patrimonio culturale costituisce senza dubbio un asset unico e strategico per la promozione dell’Italia come destinazione turistica, ma appare quanto meno riduttivo pensare che un’efficace strategia nazionale si possa basare esclusivamente o essenzialmente sul binomio cultura e turismo. Al fine di cogliere i molteplici aspetti e le notevoli potenzialità del turismo italiano, che vanno anche al di là del patrimonio culturale o delle bellezze naturali del Paese, occorre anzitutto una strategia nazionale incentrata sulla promozione e valorizzazione dell’industria turistica. Un passo importante nella giusta direzione è stato compiuto con il decreto Art bonus in cui sono contenute disposizioni innovative non solo per lo sviluppo della cultura, ma anche per il rilancio del turismo italiano, principalmente tramite la riforma della governance centrale e alcune misure di sostegno alle imprese del settore. Partendo dalle principali raccomandazioni internazionali per promuovere il turismo e analizzando l’attuale situazione italiana, caratterizzata essenzialmente da una pluralità di politiche pubbliche, scarsamente sistematiche e solo in parte attuate, è possibile rilevare che l’Italia, pur avendo intrapreso la strada giusta, ha ancora un lungo percorso davanti a sé per realizzare una vera e propria strategia nazionale organica. Dunque per arrivare a una vera e propria industria turistica italiana è necessaria una governance centrale che sappia valorizzare non solo la componente culturale del turismo, ma anche quella imprenditoriale e industriale. È auspicabile, cioè, che oltre a garantire una coerenza organizzativa e funzionale dell’apparato amministrativo competente in materia di turismo, si rafforzi anche il coordinamento con gli altri Ministeri che gestiscono competenze connesse al turismo, quali lo sviluppo economico, gli affari regionali, gli affari esteri, le politiche agricole, alimentari e forestali, l’ambiente e la tutela del territorio e del mare. Solo attraverso politiche pubbliche coordinate e integrate settorialmente sarà possibile ottimizzare i benefici economici, ambientali e socio-culturali connessi al turismo. Lo studio evidenzia che non servono pomposi piani strategici, che diventano poco più di un libro dei sogni, bensì iniziative che possono avere un impatto, anche indiretto, sul turismo: gli accordi fiscali per assicurare certezza agli investitori; la semplificazione del processo autorizzativo; le misure per favorire gli investimenti nel mercato immobiliare, facilitando il cambio di destinazione d’uso degli immobili; l’agevolazione del rilascio di visti turistici. A livello locale si devono invece creare e promuovere le singole destinazioni attorno ad alcune chiare idee guida e specifici prodotti turistici (un grande attrattore, un certo tipo di domanda target, alcuni eventi particolari, e così via), accompagnate da politiche che si occupino anche della mobilità, della logistica e dei servizi connessi all’ospitalità, orientate allo sviluppo dell’intera destinazione turistica. Per far questo però si dovrà rivedere il sistema generale della pianificazione territoriale, che al momento si declina in molteplici e parallele politiche e pianificazioni (urbanistica, agricola, paesaggistica, ecc.), spesso separate, scoordinate e talvolta anche in conflitto tra loro. Anche a questo livello una stretta collaborazione tra i diversi uffici preposti sarà strategica. Servono quindi nuovi modelli di cooperazione e di coordinamento tra i diversi livelli istituzionali, riconoscendo il ruolo degli attori pubblici e privati e ponendo al centro i territori e le loro identità. Appare soprattutto non più procrastinabile affrontare il problema di un chiaro e stabile riparto di competenze tra Stato e Regioni, con una incisiva riforma del Titolo V della Costituzione. Occorre una governance turistica più organica con una ridefinizione strategica delle competenze legislative e amministrative, che consenta di integrare in modo produttivo il livello nazionale, regionale e locale. Scelta la strategia, definita la governance, si dovrà agire sul sistema di offerta del Paese che, come si è visto presenta più di una difficoltà. Un riposizionamento dell’offerta, al momento troppo frammentata, dovrà innanzitutto passare per un consolidamento imprenditoriale del settore. Al riguardo si è detto di come la configurazione di strutture a rete rappresenti la risposta migliore; in servizi come quello della gestione alberghiera infatti la localizzazione rimane importante per l’economia della singola realtà imprenditoriale e quindi il consolidamento dovrà necessariamente passare per la creazione di gruppi, catene, consorzi, ecc. I fronti sui cui agire sono due: da un lato sarebbe opportuno favorire forme di collaborazione e aggregazione soft tra le piccole realtà radicate nel territorio, capaci di dare soddisfazione alla domanda interessata a un turismo di tipo esperienziale. Forme di aggregazione reticolari come i consorzi e le associazioni offrirebbero vantaggi sul piano delle economie di scala, legati al marketing comune e alla diversificazione del rischio, mantenendo però la “riconoscibilità” delle piccole strutture. Va proprio in questa direzione il recente bando pubblicato dal Mibact a favore delle reti di impresa che operano nel turismo, volto a incentivare l’integrazione di micro e piccole imprese turistiche.

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