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Quale sindaco per Roma?

La preparazione della campagna elettorale nella capitale sta montando di tono e di tensione con i vari aspiranti sindaci in piena attività; io però, da cittadino elettore, sono assalito da dubbi, domande, perplessità che cercherò qui di illustrare per cercare di chiarirmi.

Prima di tutto, almeno formalmente queste sono elezioni amministrative per cui, sempre da cittadino medio, quello che vorrei (non dico dovrei) è individuare un candidato che abbia la capacità di risollevare la nostra città dal buco nel quale è caduta ormai da varie consiliature.

Roma è sporca come nessuna capitale del mondo civile è mai stata: di nuovo oggi in centro ho visto cassonetti assaltati da persone che frugavano all’interno lanciando all’esterno i vari contenuti senza che ci fosse un vigile all’orizzonte o qualcuno che potesse fermare questo scempio. I resti della cernita giacciono abbandonati ogni notte sulla strada e sui marciapiedi e li ritroviamo il giorno successivo senza che i camion dell’AMA passati in precedenza li abbiano raccolti; pare infatti che vengono raccolti solo i contenuti “all’interno dei cassonetti”, quelli fuori sono lasciati alla decomposizione naturale perché non di competenza.

Se parliamo di traffico è come sparare sulla Croce Rossa: gli automobilisti e gli scooteristi si ritengono padroni della strada incuranti dei pedoni, peraltro non aiutati dalle strisce spesso del tutto cancellate o la cui esistenza è ormai tramandata tra le generazioni soltanto per via orale nelle famiglie. E non è tutto. Oramai si guida con una mano sola (caso già favorevole) perché c’è sempre un telefonino incollato all’orecchio se non entrambe le mani usate per scrivere urgentissimi sms. Anche in questo caso non ho mai visto un vigile fermare gli automobilisti ed elevare una contravvenzione.

Per i parcheggi non vale la pena attardarsi: oramai la seconda fila è prassi mentre in alcune strade comincia anche a generarsi una “terza fila” di gente troppo impegnata che non può parcheggiare a qualche metro più avanti per comprare il giornale o prendere il caffè. Lo stato delle strade lo viviamo quotidianamente con la nostra colonna vertebrale e i rischi di cadute se eroicamente cerchi di muoverti in motorino: roba da terzo mondo nella capitale d’Italia. Rappezzi fatti alla carlona e che dimostrano la connivenza tra chi i lavori li ha eseguiti male per grattare sui guadagni e chi avrebbe il dovere istituzionale di verificare mentre, evidentemente, ha girato la testa dall’altra parte chissà perché e da lustri.

Ultimo in ordine di tempo il caos traffico, compagno fedele dei romani da sempre, dove non è chiaro se mai sia esistita una regola scritta che definisca gli orari nei quali i camions possono compiere operazioni di carico e scarico senza per questo paralizzare il traffico.

La lista di problemi che si sono accavallati nel tempo prenderebbe un volume della Treccani per cui è meglio fermarsi; il problema è pesante: può salvarsi una città che ha le tasse più elevate d’Italia fornendo servizi spesso inefficienti e in alcuni casi indecorosi visto anche il debito abissale che si accumula sulle spalle dei cittadini?

Difficile non essere pessimisti, eppure una luce si è accesa da quando l’attuale Commissario ha preso le redini dell’Amministrazione. Azioni ovvie per qualunque manager che sappia svolgere il proprio lavoro hanno dovuto attendere l’arrivo di questo Prefetto per poter vedere la luce: e tutti gli esempi sono positivi a cominciare dal controllo capillare dei beni posseduti dal Comune e dallo stato dei pagamenti di locazione corrispondente per passare al ripristino del vecchio e glorioso logo SPQR imbastardito dal marziano che lo aveva trasformato in una imbarazzante pubblicità all’americana tipo Las Vegas.

Che lezione si può trarre da questi successi? Un manager esperto, con capacità organizzative solide e che non guarda in faccia nessuno è capace di cominciare a risvegliare il pachiderma tagliando tutto il ciarpame cresciuto negli anni, troppi, e che hanno ridotto Roma a quello che è diventata: una città da terzo mondo dove non funziona la legge e chi ha voglia può violarla senza rischio di essere sanzionato.

E’ da questa esperienza che mi nasce una domanda semplice come cittadino elettore: la città ha veramente bisogno di un “sindaco politico” come i molti nomi che circolano in questi giorni? O non sarebbe piuttosto il caso evitare approcci ideologici fuori luogo in questo tipo di elezioni e piuttosto valutare tra i candidati chi abbia le capacità, provate e non semplicemente gridate, di come pragmaticamente si devono affrontare i problemi complessi che ci sono avendo il coraggio di tagliare dove sarà necessario e, se del caso, cacciare gli inetti ed i corrotti?

Ad oggi l’impressione generale è che molti dei concorrenti corrono e si agitano per vincere, o per avere un posto in Consiglio certificando l’esistenza della forza politica che li sostiene. Di programmi concreti se ne sente parlare poco e in maniera vaga mentre il cittadino vuole conoscere, nel dettaglio, come verranno risolti i suoi problemi quotidiani ancora oggi irrisolti.

Non credo che promettere di cambiare tutto e ripulire le stalle senza poi dare indicazioni precise e concrete, indicando i tempi certi per raggiungere gli obiettivi, sia una soluzione: si intercetta il malcontento diffuso ma non si risolvono i problemi reali.

Battersi sapendo che al più diventerai minoranza è forse nello spirito olimpico (e qui ho dubbi se molti candidati ce l’abbiano) ma non aiuta i romani ed è piuttosto autoreferenziale e fine ad interessi spicci di bottega.

L’astensione crescente nel paese e a Roma denota non tanto il disinteressa quanto la sfiducia nella politica subita fino ad oggi. E’ necessario un salto di qualità che invogli la gente a credere nelle istituzioni, a sentirsi partecipe di un modo nuovo di gestire la cosa pubblica.

Credo che solo chi ha dimostrato nei fatti una capacità manageriale certa e certificata potrebbe risolvere la situazione cambiando l’approccio ai problemi in modo serio.

E’ forse arrivato il momento di copiare quanto di positivo hanno gli anglosassoni: applicare l’accountability, cioè l’assunzione di precise responsabilità verificabile non alle calende greche ma in corso d’opera e da parte di tutti; solo così ritorneremo ad essere se non Caput Mundi, almeno una città che merita di essere vissuta per quello che vale. E cioè, molto.

Ezio Bussoletti

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