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Come influiranno i flussi migratori nell’area euromediterranea

Di Luigi Moccia
Migranti migrazione

Pubblichiamo l’intervento di Luigi Moccia (Centro di Eccellenza Altiero Spinelli). Il testo sarà letto in apertura del seminario organizzato dall’università degli Studi Roma Tre e dal Centro di eccellenza Altiero Spinelli in collaborazione con l’istituto Luigi Sturzo, con il patrocinio di Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) che si terrà domani presso la Camera dei deputati.

L’incremento dei flussi migratori e le conseguenti politiche europee avranno effetti in tutta l’area euromediterranea (dal Medio Oriente al nord Africa fino ai paesi subsahariani), soprattutto considerando che le migrazioni sono un fenomeno destinato a influire in quest’area per molto tempo.

Si tratta perciò di un problema centrale per tutta l’Europa, indipendentemente dai luoghi “periferici” in cui il fenomeno si manifesta.Con un gioco di parole potremmo dire che siamo di fronte a una questione “di confine”. Una chiave di sintesi per affrontare le complesse problematiche e le sfide rappresentate dalla crisi dei migranti e dei rifugiati è data dal concetto di “cittadinanza europea”, intesa come nuovo paradigma di appartenenza socio-politica. Come si legge nel Trattato: “ogni cittadino di uno Stato membro è cittadino dell’Unione europea”; e “la cittadinanza dell’Unione si aggiunge a quella nazionale e non la sostituisce”.

Ma il Trattato altresì precisa anche che: “la libera circolazione delle persone è garantita insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne”. Cosa lega la cittadinanza europea con le frontiere esterne? Possiamo intendere che, così come ogni cittadino di uno Stato membro è anche cittadino europeo, ogni frontiera nazionale deve essere considerata come una frontiera (comune) europea. Perciò, quando il governo di uno Stato membro decide di chiudere un “proprio” confine, non chiude le porte solo ai rifugiati, ma all’Europa intera. In altre parole, parlare di cittadinanza europea ha senso se interpretiamo il concetto di “frontiere esterne”, non solo come elemento cartografico di organizzazione territoriale, ma alla luce di un “pensiero europeo” in termini di valori, interessi, politiche “comuni”. Questo pensiero europeo deve guidare i diversi livelli di governo nella scelta dei modi di difesa delle frontiere nazionali come una frontiera comune europea, secondo il principio della leale collaborazione tra gli Stati. Tuttavia l’Europa fatica a mostrare un volto accogliente a chi ha bisogno di aiuto. Il ritorno dei “muri” sembra richiamare simbolicamente “altri” confini dettati dalla paura e da impulsi xenofobi. Il successo dei movimenti antieuropeisti dai toni razzisti e discriminatori nei confronti delle minoranze mette in pericolo i valori condivisi, come il dovere civile e morale di solidarietà e il diritto di asilo.

Per contrastare questa tendenza, l’Europa è chiamata ad agire come protagonista nell’area euromediterranea, alla luce dei suoi ideali fondativi, per contribuire a creare le condizioni “esterne” per sostenere i processi di pacificazione, democratizzazione e sviluppo. Ovviamente l’Unione deve porsi obiettivi più strutturati, potenziare le risorse economiche e imporre agli Stati membri una maggiore solidarietà nella gestione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. È dunque necessario prendere posizione su questo tema, tenendo presente che quello che realmente è in gioco, oltre l’emergenza umanitaria, è il futuro dell’Europa come progetto di pace e prosperità.

Luigi Moccia 

Professore Ordinario presso l’Università degli studi Roma Tre e presidente Centro di eccellenza Altiero  Spinelli (CeAS)

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