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Disoccupazione a marzo, una rondine fa primavera?

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I dati su occupati e disoccupati vanno letti con cura. In primo luogo, occorre ricordare che non includono gli inoccupati che, per scoraggiamento ed altra ragione, sono usciti dalle forze di lavoro; in Italia, il fenomeno è significativo anche a ragione della espulsione di personale anziano, e con i requisiti previdenziali, da fabbriche ed uffici e dal nodo degli ‘esodati’, rimasti in un limbo. In secondo luogo, secondo le definizioni internazionali (e, quindi, anche quella Istat), per essere considerati “occupati” è sufficiente avere svolto un’ora di lavoro nella settimana precedente la rilevazione statistica ed essere retribuiti con almeno uno dei 114 milioni di voucher di 10 euro. In terzo luogo, un tasso di disoccupazione dell’11,4% delle forze di lavoro è , da un lato, il più basso degli ultimi 24 mesi ma anche il secondo più alto rilevato in marzo nell’Unione Europea ed il doppio quasi del 6% a cui si era giunti negli anni precedenti la recessione. In  quarto luogo, gli occupati aggiuntivi in marzo sono appena 17.000 e i disoccupati (ossia coloro che cercano attivamente un lavoro) in meno solo 15.000, una sostanziale stabilizzazione; quadro confermato esaminando i dati annuali: 263.000 occupati aggiuntivi e 274.000 “alla ricerca di lavoro” in meno. Infine, è difficile sapere quanti “occupati aggiuntivi” abbiamo firmato il contratto di lavoro prima della fine del 2015 (quando gli incentivi erano ancora molto elevati) e preso servizio ad inizio marzo, drogando il dato. Esaminando questi dati si trae l’impressione che l’Italia resta un Paese ad alta disoccupazione e bassa occupazione.

Se le statistiche mensili su occupazione e disoccupazione vengono coniugate con quelli sull’andamento dei prezzi al consumo ed alla produzione  (gli indici di ambedue sono in forte contrazione su base annua) si ha l’impressione che non si è ancora usciti dal rischio di deflazione. I timidi segnali di ripresa avvertiti negli ultimi mesi del 2015 e che, secondo il Documento di Economia e Finanza (DEF), si rafforzerebbero nel 2016 e nel 2017, rischiano di affievolirsi od anche di fare marcia indietro.

Occorre, quindi, non solo tentare di effettuare una manovra di bilancio espansionistica, in intesa con le autorità europee e con attenzione alle possibili reazioni dei mercati internazionali ad una crescita ulteriore del nostro deficit e del nostro indebitamento. La mano monetaria (gestita dalla Banca centrale europea, Bce) è già espansionista ma ‘il cavallo non beve ’ ed anzi pare entrato nella “trappola della liquidità”; in tale materia, sono essenziali misure che spingano il sistema bancario ad essere di maggior supporto ad imprese desiderose di investire.

Se l’economia reale non prende vigore, l’impercettibili aumento dell’’occupazione’ in marzo, ed il parimenti ‘impercettibile’ riduzione della disoccupazione, potrebbero essere la classica rondine che non fa primavera, ed anzi anticipa un peggioramento della situazione.

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