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Dagli attentati di Bruxelles ai Panama papers. Un nuovo atto nella guerra delle reti

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Gli attentati “asimmetrici” di Parigi e Bruxelles e le sfide tra intelligence e terrorismo. La guerra globale per il petrolio e per il controllo delle fonti energetiche. I conflitti economici tra Usa, Europa, Cina e Russia e i loro riflessi sui sistemi bancari e finanziari. I duelli tra imposizione tributaria nazionale e “l’ottimizzazione” fiscale internazionale di Panama Leaks e dei paradisi fiscali ancora esistenti. Le scalate del mondo delle telecomunicazioni che coinvolgono Vivendi, Telecom, Mediaset e, di rimbalzo, Enel, Wind e tutto il sistema di rete della “grande” convergenza.

Un mondo complesso perché al centro di questo nuovo sistema c’è il concetto di rete. Ne parlano tanti, ma pochi ne hanno compreso i reali effetti. Così come tanti parlano della “tempesta perfetta” ma ancora pochi hanno intuito la trasformazione generata dallo scontro titanico tra due grandi “uragani” con cui tutti dobbiamo fare i conti.

Da una parte l’espansione verso il globale dei grandi sistemi di rete: la globalizzazione “furba” delle multinazionali (FCA e Marchionne insegnano), la tecnologia pervasiva di Apple, Google e Amazon, la finanza delle grandi banche, dei debiti sovrani, della Bce e della Fed. In una parola, l’hardware.

Dall’altra, la spinta sempre più forte della conoscenza verso il micro, il piccolo con pochi costi e tante idee, le start-up tecnologiche, l’intelligenza al servizio del mercato, le multinazionali tascabili che esportano sui mercati globalizzati. In altre parole, il software.

Un mondo polarizzato, un mondo a clessidra dove il medio non esiste più. Se sei “too big to fail”, fai enormi profitti con le economie di scala e la pianificazione fiscale internazionale. Ma soprattutto non puoi fallire. Se sei “intangible”, sei inafferrabile, intelligente e senza costi. Stai dentro la rete, ti sposti alla velocità della luce, vinci la competizione attraverso il software delle idee. Dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles sappiamo che anche il terrorismo ha capito il meccanismo e sta giocando ad armi pari questa sfida epocale.

Quella delle reti è una sfida asimmetrica in cui il piccolo che ha paura del grande (l’impatto della crisi del sistema bancario sui consumatori) convive e spesso si trasforma nel grande che ha paura del piccolo (gli attentati dei lupi solitari o delle piccole celle terroristiche di rete che terrorizzano il sistema globale). Come dire: anche Golia che ha paura di Davide. Ecco la vera tempesta perfetta di questa nuova fase. Ce ne stiamo rendendo conto dopo gli attentati di Parigi o Bruxelles.

Se la fase precedente era stata dominata dalla psicosi della globalizzazione, del potere incontrollabile delle multinazionali, del “grande e cattivo” da combattere, (si pensi ai No global, o a Occupy Wall Street passando per Naomi Klein) ora tutto sta cambiando perché siamo agli esordi di un nuovo ciclo: quello del desiderio-paura della velocità. È la prima contaminazione veramente profonda tra noi e la Rete. La velocità è già l’oggetto del desiderio di Istituzioni, consumatori, imprese, soggetti di rappresentanza. La lentezza, invece, il nostro incubo ricorrente da qui al prossimo futuro. Come in un’extrasistole, si interrompe improvvisamente il respiro ciclico del processo evolutivo perché il rumore dell’urgenza crea spesso l’illusione dell’importanza.

La prima sensazione che deriva dalla velocità è la paura di sbandare in curva. Quando sbandiamo in curva, il nostro primo istinto è frenare ma sappiamo tutti che è un errore. È quello che ci sta succedendo oggi: sul terrorismo, sull’immigrazione, sulle grandi lobby, sui leak globali ai quali stiamo assistendo.

Perché non ci sono cittadini statunitensi nei Panama Papers? Una domanda che è anche una risposta. Dobbiamo stare attenti e cercare di capire che, anche se sbandiamo in curva, come insegnano i corsi di guida, dobbiamo reprimere l’istinto di attaccarci ai freni. Controllare la sbandata senza frenare. Perdere il controllo per governare il flusso.

In altre parole: per governare la rete, il controllo non basta. I problemi dell’intelligence del post Bruxelles lo dimostrano. Nei sistemi a rete, lo scontro, il conflitto vanno oltrepassati in nome della capacità di coordinamento tra i vari snodi della rete stessa. Il coordinamento crea la simmetria necessaria a vedere come si evolve lo scenario complessivo più importante: quello del flusso veloce delle idee, degli eventi, del software.

Senza dimenticare che, quando si vivono i sistemi di rete, si deve tener conto del fatto che questi sistemi sono rapidissimi a trasmettere non solo la positività ma anche la negatività perché non è possibile isolare una singola parte. Quando c’è qualcosa di negativo (emergenza ambientale, nucleare, tsunami, crisi finanziaria, terrorismo) la propagazione è rapida, veloce, immediata.

Qui sta il paradosso più innovativo (e, forse, pericoloso) di questa fase: più siamo tutti strettamente connessi, più condividiamo sul Web, più viviamo in sistemi aperti e innovativi e meno siamo (teoricamente) sicuri. Anzi, il pericolo è ancora più forte e sottile. Più efficienti sono le reti, più velocemente i pericoli si diffondono. Le interconnessioni, come la salute di ogni singolo passeggero su un volo a lunga distanza, i flussi migratori o le reti di terroristi, sono piattaforme di interconnessioni che diffondono i rischi. Anche perché le informazioni nell’economia delle reti, quando si trovano davanti a un ostacolo, si comportano come l’acqua: o trovano un pertugio dal quale passare o sfondano gli argini spazzando via tutto quello che trovano.

Ecco perché falliscono sempre quelli che controllano soltanto. Da qualche parte nel sistema, c’è sempre un Linus Torwald, un Julian Assange, un Edward Snoden, un Hervè Falciani oppure dei Panama Papers che rompono il monopolio, cambiano lo schema, diffondono un segreto, innovano il mercato, ridistribuiscono il potere. Per molti positivamente, per altri negativamente.

È un nuovo atto della guerra delle reti. Una nuova forma di guerra dove il potere è governare i flussi attraverso la capacità di vedere prima degli altri le connessioni. Il vero potere del futuro.

Una versione di questo articolo è stata pubblicata sull’Huffington Post

http://www.huffingtonpost.it/angelo-deiana/dagli-attentati-di-bruxelles-ai-panama-papers_b_9689130.html?utm_hp_ref=italy

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