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Libia, come funziona l’apparato di sicurezza del premier Serraj

Mercoledì 30 marzo 2016 il Consiglio presidenziale libico è arrivato alla base navale tripolina di Abusetta: è stata la prima volta che il premier designato dal processo di pacificazione e concordia veicolato dalle Nazioni Unite, Fayez Serraj, ha messo piede in Libia con incarico istituzionale. Conoscendo la presenza di varie aree di opposizione politico-militare che ne avevano impedito l’insediamento nelle settimane precedenti, quello che è apparso chiaro fin dall’inizio è che si era riusciti a trovare una quadra nel sistema di sicurezza che avrebbe accompagnato il nuovo esecutivo. Fonti libiche ed occidentali, chiedendo l’anonimato, hanno spiegato a Formiche.net come funziona questo apparato di protezione.

LA CATENA DI COMANDO DELLA MISSIONE ONU

“Sei mesi di lavoro che hanno dato il loro risultato”, commenta una delle fonti con Formiche.net. A fianco del delegato speciale del Segretario generale dell’Onu, il diplomatico tedesco Martin Kobler, ci sono due figure di rilievo che gestiscono la sfera politica e militare della missione. Il consigliere politico è Ali al Za’tari, diplomatico giordano di esperienza decennale nel campo della cooperazione umanitaria dell’Onu (la sua scelta può essere collegata anche al fatto che in Giordania si parla un arabo con cadenze simili al libico e anche per questo cura molte delle relazioni sul campo). Il consigliere militare è il generale italiano Paolo Serra, comandante di lunga esperienza, che ha ricoperto incarichi di comando per l’Onu in Libano, in Afghanistan e Kosovo. Queste tre figure pur avendo spazi di responsabilità ben stabiliti, “facilmente si overlappano in quanto tutti lavorano per un comune risultato”.

IL TSC

L’Accordo Politico Libico, firmato in Marocco il 17 dicembre e al seguito del quale il Consiglio di sicurezza ha rilasciato la risoluzione 2259 del dicembre 2015, sancisce la formazione di un Consiglio Presidenziale (che sarebbe dovuto diventare Governo di accordo nazionale, Gna, dopo aver ricevuto la fiducia del Parlamento, l’HoR di Tobruk) e stabilisce un Temporary Security Committe (TSC) per lavorare sul security arrangement. Il chairman del TSC è il brigadier generale Abdul Rahman al Taweel, ex alto comandante tripolitano, che guida del Comitato costituito da 18 rappresentati di esercito e polizia delle varie regioni libiche. “Taweel è da tempo l’interlocutore locale delle Nazioni Unite, nelle attività concernenti la sicurezza” spiegano le fonti libiche, ed è spesso lui a riferire in prima persona sulle attività del Gna con i media stranieri.

I COMPITI

La responsabilità principale del TSC è stata per adesso quella di portare il Presidential Council (PC) a Tripoli, cercando di mediare per conto dell’Onu con le opposizioni locali e garantire protezione al nuovo esecutivo. Successivamente Taweel e il Comitato da lui diretto si interesseranno degli arrangiamenti della sicurezza della città, e poi ancora dovranno allargare il raggio di azione di stabilizzazione diventando un Joint Security Committee, ed infine rivedere tutte le strutture di sicurezza e difesa della Libia, diventando trasformandosi in National security and Defence Committee, ed inglobando esperti tecnici e personale di altri dicasteri.

LA SUPERVISIONE DELL’ONU

Le Nazioni Unite si muovono in Libia supervisionando il TSC: l’Onu si è occupato di veicolare il processo politico e ora ha tutto l’interesse a difenderne l’incolumità. Il dipartimento guidato dal generale Serra all’interno della missione UNSMIL, che si occupa naturalmente di sicurezza, da lungo tempo lavora a stretto contatto con il generale Taweel, precedentemente come capo dell’embrione del TSC, e successivamente alla formale costituzione del comitato, come responsabile dell’attività. Serra svolge funzioni di consulenza “con estremo rispetto e tatto”, assieme ad un team di esperti costantemente in rapporto con i libici. Gli studi effettuati dal Comitato per consentire al Presidential Council di entrare nella propria Capitale sono stati condivisi con i militari del team Onu prima di creare il piano operativo.

L’ARRIVO DI SERRAJ

Serraj e il PC, come noto, sono approdati in Libia da un patrol boat libico partito dal porto di Sfax, sulla costa orientale della Tunisia; prima di arrivare in Libia, il Consiglio presidenziale svolgeva le sue attività da un albergo di Tunisi proprio per ragioni di mancanza di sicurezza. L’imbarcazione militare è entrata nel porto di Abusetta, nella base navale di Tripoli. Attorno a loro era presente un triplice schermo di protezione, costituito da forze della Marina, oltre ad un numero iniziale di alcune centinaia di forze di Polizia ed altrettanti mobilitati dall’Esercito: un’ operazione considerata degna di nota per l’organizzazione e per l’esecuzione, “che ha sorpreso un po’ tutti” ammettono fonti occidentali che hanno seguito direttamente tutti i passaggi, consentendo di insediare senza spargimenti di sangue il PC a Tripoli.

IL RUOLO DELLE MILIZIE

E le milizie? Si è parlato molto del fatto che a protezione del governo si siano schierate varie milizie locali, dalle più influenti provenienti da Misurata a diverse fazioni dell’area tripolina. “Serraj è protetto da Army e Police libiche, non da milizie” spiega una delle fonti occidentali, la quale aggiunge che tuttavia un ulteriore ring di sicurezza era comunque costituito da gruppi armati e milizie che nel frattempo avevamo dichiarato la propria fedeltà’ al nuovo Governo, schierandosi per fronteggiare eventuali altri gruppi ostili. “Attività che poi si è felicemente conclusa dopo alcune ore di dialogo fra le varie fazioni rivali con lo scopo di evitare uno scontro aperto”.

IL BASSO PROFILO TENUTO DALL’ONU

L’Onu cerca in questa fase di defilarsi: non vuole assumere ruoli centrali, per evitare che la narrativa delle opposizioni sul governo imposto dagli stranieri possa avere ulteriore vento. Lo stesso stanno facendo i principali governi occidentali che sostengono l’accordo, per primo quello italiano, che tiene una linea di basso profilo, ribadisce l’appoggio intanto umanitario e sostiene Serraj lasciando spazio ai libici. Anche per questo si tende a sottolineare che la protezione è offerta da “esercito e polizia libica” sebbene è noto che in realtà i reparti militari di Tripoli sono essenzialmente un tutt’uno con certe milizie: un esempio, l’attività di polizia svolta dalla milizia Rada, guidata da Abdul Rauf Kara, che ha mostrato sostegno a Serraj (la Rada ha condotto anche diverse operazioni contro le infiltrazioni tripolitane dello Stato islamico, come per esempio quelle di Sabratha, in cui due dei quattro ostaggi italiani rapiti il luglio scorso rimasero uccisi e gli altri due liberati).

IL COINVOLGIMENTO DI MILITARI STRANIERI

Notizie non confermate parlano anche della presenza discreta di uomini delle forze speciali occidentali all’interno del sistema di protezione e sicurezza del governo Serraj. Secondo queste informazioni, operatori inglesi e forse anche italiani starebbero mettendo un occhio professionale diretta sul campo, ma si tratta di aspetti non verificabili, in quanto missioni di questo genere sono altamente sensibili e dunque coperte dal segreto militare; soprattutto nell’ottica di mantenere un profilo sobrio. Il sito specializzato in Libia Alwasat scrive che anche Francia, Arabia Saudita e Algeria, hanno “assistito nel facilitare l’arrivo a Tripoli” di Serraj.

I PASSI SUCCESSIVI

Questo dispositivo messo in campo è solo il primo passo di una lunga serie di attività che dovranno vedere il governo ed il TSC lavorare per allargare la propria influenza sia politica sia di sicurezza: ci sarà bisogno di un ceasefire in tutto il Paese, ci sarà bisogno di ricostituire le Forze Armate, ci sarà bisogno di un fronte comune contro la minaccia terroristica e per esercitare un controllo sui confini. Per il momento si può notare che il sistema di protezione funziona, anche se queste sono giornate delicate in cui le cose possono facilmente precipitare. Tuttavia, se Serraj sta ottenendo feedback politici da diverse città dell’area tripolitana è anche perché ha modo di incontrare interlocutori e muoversi in sicurezza anche fuori dalla base militare (che per il momento fa da scudo alle attività del PC, per preservare ogni evenienza in una fase così delicata). Venerdì il nuovo premier si è recato alla moschea Mozran per la preghiera, poi a si è fermato in una caffetteria in piazza Algeria e più tardi è sceso fino alla Piazza dei Martiri di Tripoli, luogo simbolo della città, dove ha incontrato politici e gente comune, protetto in modo nemmeno troppo visibile.

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