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Cosa pensa davvero un Dc non pentito come me

camaldoli

Un amico che punta a costruire “un partito cattolico”, su Facebook mi attribuisce l’idea di voler ricostruire la DC. Trattasi di una lettura superficiale di ciò che da anni, con altri amici, sto perseguendo come progetto politico.

In alcuni saggi scritti negli scorsi anni (“L’Italia divisa e il centro che verrà”, “Dalla fine della DC alla svolta bipolare”, “ALEF: Un futuro da liberi e forti”) avevo sintetizzato così le ragioni della fine politica anche se non giuridica della DC:

– la DC è finita per aver raggiunto il suo scopo sociale: la fine dei totalitarismi di destra e di sinistra contro cui si era battuto il movimento dei cattolici in un secolo di storia;

– la DC è finita per il venir meno di molte delle ragioni ideali che ne avevano determinato l’origine, sopraffatta dai particolarismi egoistici di alcuni che, con i loro deteriori comportamenti, hanno coinvolto nel baratro un’intera esperienza politica;

– la DC è finita per il combinato disposto mediatico giudiziario che l’ha travolta insieme agli altri partiti democratici e di governo della Prima Repubblica;

– la DC è finita quando sciaguratamente scelse la strada del maggioritario, per l’iniziativa improvvida di Mariotto Segni, auspice De Mita in odio a Craxi e Forlani, abbandonando il tradizionale sistema proporzionale che le garantiva il ruolo centrale dello schieramento politico italiano.

E, soprattutto, ed è la cosa più grave e incomprensibile, la DC è finita senza combattere. Con una parte, quella anticomunista, messa alla gogna giudiziaria, e quella di sinistra demitiana succube e imbelle alla mercé dei ricatti della sinistra giustizialista.

E concludevo affermando che “la DC è finita e nessuno sarà più in grado di rifondarla”, consapevole che la nostalgia, nobile sentimento romantico, ma regressivo sul piano politico, culturale ed esistenziale, può rappresentare un fattore servente, forse necessario, ma, certo, non sufficiente per ricostruire alcunché.

Una sentenza a sezioni civile riunite della Cassazione ( sentenza n. 25999 del 23 dicembre 2010) ha sancito, tuttavia, che la DC non è mai morta, il de cuius non esiste perché non è defunto e non c’è alcun erede universale o particolare del partito dello scudocrociato. Esso andava chiuso solo dai legittimi detentori di quel potere in un’associazione di fatto: gli iscritti secondo le regole del proprio statuto e quelle inerenti alle associazioni di fatto senza personalità giuridica.

Ecco perché abbiamo scelto di riaprire un nuovo capitolo nella storia dei cattolici nella politica italiana, non per ambizione personale, poiché, come diceva Voltaire, siamo ben consapevoli che alla nostra età “ non possiamo che offrire dei buoni consigli, dato che non siamo nemmeno più in grado di dare dei cattivi esempi”, quanto per consegnare alle nuove generazioni il testimone di una storia politica che ha segnato una fase importante della nostra amata Repubblica.

Vorrei anche assicurare qualche critico osservatore sempre pronto a tranciare giudizi su tutto e su tutti che, accanto alle ragioni suddette, sappiamo anche. come alla fine della DC concorsero e per gravi nostre colpe e inadempienze:

  • la mancanza di una vera trasmissione della fede e dei valori nel costruire la città dell’uomo ( scarsa applicazione laica della Dottrina sociale della Chiesa);
  • la mancanza di sostegno forte alla famiglia specie a quelle con più figli;
  • la mancanza di riconoscimento sociale alle casalinghe;
  • la mancanza di formazione dei giovani nella fede religiosa, nella passione e fede politica;
  • la quiescenza nei confronti della criminalità’ organizzata;
  • la tiepida lotta alla corruzione dei politici e dei burocrati, nella quale concorsero, ahimè, anche molti amici del nostro partito;
  • la tiepida lotta all’evasione fiscale;
  • la scarsa cultura per la responsabilità, per la meritocrazia e le difficoltà nel ricambio del ceto politico;
  • l’ eccesso di sprechi per creazione di enti inutili;
  • il cumulo esagerato nel cumulo di incarichi  pubblichi ;
  • la poca attenzione a sostenere programmi per la ricerca e l’innovazione, ma solo finanziamenti a pioggia per progetti talora fasulli e opere mai completate;
  • i pochi o nessun investimento su risorse della PA da mandare all’UE;
  • lo scarso utilizzo dei fondi europei senza follow up sui finanziamenti ottenuti dai progetti italiani;
  • gli enormi investimenti senza controllo nella Cassa del Mezzogiorno;
  • l’ eccesso di appiattimento nell’accettare e condividere le richieste dei comunisti con gravi oneri per le finanze pubbliche.

 

Insomma abbiamo consapevolezza delle nostre colpe, dei nostri errori e dei nostri limiti e, non a caso, dopo quell’esperienza è arrivata la diaspora e la frantumazione dei democratici cristiani nelle piccole formazioni a diverso titolo ispirate alla Democrazia Cristiana.

 

Questo scrivevo nel 2012, quando con Gianni Fontana e Silvio Lega ci proponemmo di dare pratica esecuzione alla sentenza della Cassazione. Quel processo complesso e che trovò ostacoli giuridici che sembravano insormontabili è ora riaperto, grazie alla positiva testardaggine di alcuni amici, il prof. Nino Luciani di Bologna in testa, i quali proprio nei giorni scorsi, in base alle norme del codice civile, hanno depositato al tribunale di Roma, la formale richiesta di convocazione dei soci DC che nel 2012 rinnovarono la loro adesione al partito. Attendiamo fiduciosi l’esito che da Roma il tribunale vorrà fornirci.

 

Altra storia è la strada altrettanto lunga e complessa che, dalla fine ingloriosa del XIX Congresso del partito (novembre 2012), abbiamo intrapreso, con la volontà di concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito e pieno titolo nel PPE che vorremmo far ritornare ai valori originari dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi. Tentativo che ha avuto come tappe essenziali il convegno di Rovereto (Luglio 2015) e il Patto di Orvieto (Novembre 2015) con cui avviare la Federazione dei Popolari, primo step verso il nuovo soggetto politico più largo.

 

Tutto ciò nella convinzione che senza una forte componente di ispirazione cattolico popolare con una sua riconosciuta leadership, nessuna alternativa forte e credibile si potrà opporre allo strapotere della “corazzata Renziemkim”, specie se vincesse il SI al prossimo referendum costituzionale.

 

Continuare nelle consumate polemiche tra i cattolici su ciò che è stata la DC o sulle velleità della sua ricostruzione, fa solo il paio con l’incapacità di tutti gli indegni eredi di quel partito che, dopo ventitré anni dalla scomparsa della “Balena Bianca”, sono stati solo capaci di sopravvivere, barcamenandosi senza bussola tra destra e sinistra finendo senza più identità nella melassa del trasformismo renziano.

 

Noi “DC non pentiti” perseguiamo l’obiettivo politico più ampio di cui sopra, senza alcuna velleità o patetiche e anacronistiche ambizioni di tipo personale e lo facciamo schierandoci senza se e senza ma contro il combinato disposto della pasticciata riforma del trio toscano Renzi-Boschi-Verdini e la legge super truffa dell’Italicum, con i quali, eseguendo l’ordine die poteri finanziari internazionali, si punta ad abbattere la nostra Costituzione e ad instaurare il potere di “un uomo solo al comando”.

 

Per quanto ci riguarda lotteremo sino alla fine perché questo disegno non possa e debba passare.

 

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