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Diritti d’autore, la rivoluzione parte dall’Inghilterra

L’Inghilterra è stato uno tra i primi paesi europei a recepire la Direttiva 2014/26/UE cd. CRM Directive (Direttiva Collective Right Management o Direttiva Barnier) esattamente entro il termine dato dalla stessa, ovvero il 10 aprile 2016 (Cfr. art. 43, Dir. 2014/26/UE del 26 febbraio 2014, in G.U.U.E L 84/72, del 20 marzo 2014), assieme a Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda e Slovacchia.

La Direttiva Barnier sancisce il diritto dei titolari di opere protette di scegliere liberamente il soggetto a cui affidare la gestione dei propri diritti d’autore e connessi individuando un qualsiasi organismo di gestione collettiva (“CMO” ovvero Collective Management Organization) o altro ente di gestione indipendente stabilito nell’Unione Europea ed al contempo imponendo a detti organismi quei requisiti che fino ad oggi sono stati carenti o disciplinati in ciascun Paese in modo molto difforme.

Difformità, questa, che di certo oramai risulta incompatibile con un Mercato Unico Digitale dove lo sfruttamento on line delle opere protette costituirà non solo una delle offerte globali ed una grande opportunità per la creatività in genere, ma potrà incentivare lo sviluppo di nuovi modelli di business e creare le condizioni per una maggiore fruizione legale di contenuti digitali contribuendo alla lotta alla pirateria ed assicurando – in concreto – una effettiva concorrenza in un mercato capace di generare importanti flussi economici.

In UK le società di gestione collettiva gestiscono oltre 1 miliardo di sterline e raccolgono oltre 500 mila di iscritti.  Al fine di creare un sistema armonizzato di regole che disciplini in particolare la trasparenza dell’operato delle collecting e la concessione di licenze multi-territoriali di opere musicali on line a condizioni non discriminatorie, l’Inghilterra ha proceduto rapidamente all’ applicazione dei principi sanciti dalla Direttiva Barnier. Dapprima lanciando una consultazione pubblica nel febbraio 2015 conclusasi nel luglio dello stesso anno e, subito dopo, nel novembre 2015 adoperandosi a redigere una bozza di legge che è stata approvata dal Parlamento inglese il 25 febbraio 2016 ed entrata in vigore puntualmente lo scorso10 aprile: The Collective Management of Copyright EU Directive. Regulation 2016.

Il rispetto della legge inglese appena approvata, in particolare, da parte dei CMO è affidato al Copyright Office governativo che ha anche redatto una sorta di guida alla implementazione da parte dei CMO per fugare ogni dubbio su come la normativa poi dovrà essere in dettaglio recepita dagli stessi organismi e da tutti gli stakeholder coinvolti. Molti i soggetti interessati: CMO, titolari dei diritti, utilizzatori, ISP, consumatori. Il principio della trasparenza lo si rintraccia spalmato in ogni articolo, trasparenza nella governance, nei conti, nelle fee da pagare, nei report, nei criteri di concessione delle licenze, e via di seguito.

Insomma davvero una rivoluzione sulla gestione del diritto d’autore che genera milioni e milioni di euro, non sempre arrivati tempestivamente nelle casse degli aventi diritto e che ora invece dovrebbero essere rendicontati in modo intellegibile e pagati entro precisi termini non facilmente derogabili.

Un aspetto, tuttavia, resta di focale importanza, tutto ciò funzionerà fintanto che autori, artisti interpreti, ecc. saranno formati ed informati su quali siano i loro stessi diritti. Occorrerà – e da subito – investire in campagne informative massicce che spieghino ai più cosa è un diritto d’autore o un diritto connesso, diritti che significano compensi per la loro attività creativa, interpretativa o industriale che sia. Solo con una ampia campagna di informazione da un lato e l’obbligo di rendere facilmente accessibili i dati, si abbatterà il numero dei titolari dei diritti non identificati o identificabili (quanti sono ad oggi in Italia, nell’Unione Europea e nel mondo? Quali sono le cifre globalmente non distribuite?) che sino ad oggi hanno comportato somme rimaste – loro malgrado – nelle casse delle collecting.

In questo quadro, l’Italia è in corsa.

La legge delega che dovrebbe recepire la Direttiva Barnier è passata già in prima lettura alla Camera ed è arrivata da poco al Senato (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015 (A.C. 3540-A)). Sul testo vi sono stati ampi scontri anche all’interno della stessa maggioranza. Gli interessi sono tanti ed a volte confliggenti. Forse frutto proprio dello stesso conflitto di interessi che la Direttiva impone non debba mai esserci.

Vedremo cosa accadrà nelle prossime ore.

Il 10 aprile è passato ed intanto Fedez, noto artista rapper, ha comunicato che lascia la SIAE e approda a SoundReef nuovo ente di gestione indipendente con radici italiane, ma basato a Londra e riconosciuto dall’IPO UK proprio grazie anche alla Direttiva Barnier. La SIAE replica che oltre 6.000 nuove iscrizioni di giovani autori sono nel frattempo pervenute. Restiamo in attesa di esaminare il testo della legge delega per capire come l’Italia recepirà la Direttiva e metterà con l’occasione anche un po’ di ordine alla già avviata liberalizzazione dei diritti connessi ancora piena di lacune che comportano una difficile operatività ed effettiva concorrenza.

Non da ultimo occorrerà stabilire delle regole certe ex ante sull’accesso ed utilizzo delle banche dati (potrebbero, a seconda dei casi, queste banche dati costituire delle vere e proprie essential facilty. D’altronde la stessa AGCM in una istruttoria da poco aperta afferma che il data base relativo ai diritti connessi degli artisti interpreti esecutori, “non appare replicabile con costi ed in tempi ragionevoli per un ingresso efficace e tempestivo sul mercato da parte dei concorrenti”) degli organismi di gestione collettiva in posizione di monopolio o dominanti sul mercato ed auspicare un data base interoperabile ed accessibile – secondo termini e modalità certamente economicamente da valutare – per consentire l’effettività del sistema, la trasparenza dei dati e la conseguente certezza della titolarità dei diritti e, non da ultimo, la diffusione di licenze per la musica on line.

Andando verso un Mercato Unico Digitale anche questi aspetti dovranno essere presi in considerazione per creare un mercato davvero concorrenziale.

È proprio il caso di dire la (vecchia) Musica è finita! Nuove Note sono nell’aria.

Maria Francesca Quattrone, partner fondatore dello studio legale Dike 

* Sugli effetti della Direttiva Barnier nel mercato Italiano e Paneuropeo e sulla comparazione con il sistema inglese, si terrà alla LUISS Guido Carli di Roma un convegno il prossimo 8 giugno 2016 con la partecipazione di Autorità di settore, studiosi e di tutti i soggetti coinvolti.

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