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Ecco cosa (e quanto) rischia l’Europa della Brexit e dei muri

L’Europa dei muri e dello spettro Brexit minaccia un mercato da 2.800 miliardi? Sì, secondo l’ente nazionale di accreditamento Accredia, che si occupa di certificare prodotti e progetti nazionali, dandogli un valido biglietto da visita per l’Europa. In un vecchio continente stretto tra l’addio degli inglesi all’Ue (si vota il 23 giugno) e il ritorno delle frontiere come risposta alla crisi migratoria ma che rischia di mandare a gambe all’aria Shenghen, la libera circolazione delle persone e delle merci potrebbe essere non più garantita. Con enormi danni per l’economia che, secondo alcune stime della commissione Ue, subirebbe una contrazione tra lo 0,3 e lo 0,7% del Pil.

QUANTO COSTA LA DISINTEGRAZIONE DELL’UE

Per riflettere sul difficile momento europeo Accredia ha organizzato un convegno a Roma, riunendo esperti europeisti, ex ministri ed esponenti del governo. Partendo da un assunto preciso. Se l’accordo di Shenghen dovesse saltare e, visto il ritorno di attualità del tema frontiere a 27 anni dalla caduta del Muro è uno scenario possibile, un intero mercato da 2.800 miliardi rischia di finire ko. E’ il cosiddetto mercato unico, ovvero la possibilità di vendere o comprare merci nazionali in questo o quel Paese dell’Ue. Accredia in questo gioca un ruolo fondamentale perché garantisce la qualità dei prodotti. Per questo il presidente di Accredia, Giuseppe Rossi, si è detto preoccupato: “Viviamo in un momento in cui l’Ue è messa in seria discussione da una serie di fattori. Per questo ci è sembrato opportuno fare un momento di riflessione”. Il numero uno di Accredia teme in particolare le ripercussioni che un ritorno dei confini potrà avere sul mercato unico, a rischio ingessamento a causa dei controlli al confine. “Si tratta di migliaia di imprese che ogni giorno vendono i loro prodotti all’estero, in diversi Paesi, anche grazie alle nostre certificazioni”.

EUROPA IMBAMBOLATA PER COLPA DEI GOVERNI

La colpa però non è solo delle migliaia dei rifugiati che premono sull’Europa, ma anche dello scarso dialogo tra i governi dell’Ue. Su questo Enzo Moavero Milanesi, ex ministro per gli Affari Europei nel governo Monti, ha un’idea precisa. E cioè che “l’Europa è quello che i governi vogliono. Il problema di oggi è che tutti bisticciano, litigano e alla fine raccontano a casa la loro versione della storia. Chi alza i muri, chi non li vuole. E alla fine l’Europa rimane imbambolata, ferma, a serio rischio disgregazione”. Moavero non sfugge ai veri rischi di uno stop alla libera circolazione delle merci: “Se a ogni frontiera il camion di questa o quella azienda viene fermato per dei controlli, vuol dire che questa o quella merce arriva in ritardo al mercato e questo è un danno enorme”. Per Moavero ci sono due strade davanti all’Ue. “O il progressivo sfarinamento dell’Unione oppure la costante ricerca di compromessi, che consentirà all’Ue di continuare a vivacchaire, come fa già ora”.

BREXIT? CON GLI  INGLESI NON SI DOVEVA TRATTARE

C’è poi chi ha affrontato la questione da un altro punto di vista, forse più originale, quello della Brexit, su cui il Regno Unito si pronuncerà il prossimo 23 giugno. E’ il caso di Franco Bruni, vicepresidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale.  “Se la Gran Bretagna uscirà dall’Ue si rischia inevitabilmente l’effetto domino. Ma se invece rimarranno in Europa bisognerà comunque aprire una riflessione su come è stata gestita questa situazione”. Che significa? “L’Europa non doveva trattare con gli inglesi. Il loro premier David Cameron è andato in giro per l’Europa a chiedere garanzie in cambio di una sua propaganda pro-permanenza nell’Ue. Questo signore andava rimandato a casa”.

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