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Ecco come le nuove regole bancarie europee penalizzano le pmi

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A ben vedere negli ultimi anni l’evoluzione del rapporto banca-impresa sul fronte dell’erogazione del credito ha subito un’evoluzione quasi darwiniana.

Il primo stadio di questo processo potrebbe essere definito, in senso buono, come lo stadio del “credito di vicinanza”. In questa fase (ante anni 90) i bilanci e i conti delle aziende entrano ovviamente nell’analisi del merito creditizio, ma molto dipende dalla conoscenza diretta del cliente, dalla sua reputazione, dai rumor della piazza. In questo periodo, forse, le aziende vivono più tranquille, ma certo i sistemi bancari tendono a indebolirsi sempre più.

Nel secondo stadio, detto “Basileano”, (dal 2004 circa) si assiste, sotto la spinta degli Accordi di Basilea, a un progressivo passaggio dal citato credito di vicinanza a un credito erogato su basi più oggettive. Qui irrompono sulla scena sistemi di rating e algoritmi sempre più sofisticati che hanno la pretesa di riuscire a tarare l’erogazione del credito sulla effettiva rischiosità delle aziende. Ma il punto è che questa evoluzione darwiniana non si è affatto conclusa come molti ritengono, anzi ha raggiunto, nel 2014, un terzo stadio che potremmo definire “della sorveglianza speciale”.

Lo scenario è ora dominato dal progetto di una Unione bancaria europea, dalla Bce che assume la vigilanza sui principali gruppi bancari europei, nonché dall’attivazione del meccanismo unico per la risoluzione delle crisi bancarie. In questo stadio, l’attenzione della vigilanza e dei regolatori si sposta progressivamente dal patrimonio degli istituti all’esame della qualità e della rischiosità degli impieghi bancari. Di conseguenza, vengono varate nuove normative di vigilanza che, concentrando l’attenzione sul credito alle imprese e sul credito deteriorato, tendono ad imporre agli istituti ulteriori accantonamenti e rafforzamenti patrimoniali. In questo scenario l’Eba (European Banking Authority) ha di recente acceso un forte faro sul “credito cosiddetto tollerato (forborne)”.

In estrema sintesi si tratta di situazioni in cui un’azienda in difficoltà finanziaria richieda alla banca una misura di tolleranza (forbearance) quale, ad esempio, la proroga di un fido in scadenza o la rinegoziazione dei termini di pagamento previsti. In sostanza il timore dell’Eba è che alcune di queste posizioni, magari ancora catalogate dalla banca tra quelle in “bonis” (ossia prive di gravi anomalie), siano in realtà tenute artificialmente in vita solo grazie ai continui rinnovi degli affidamenti concessi. Di conseguenza l’Authority ha imposto alle banche di evidenziare tutte le citate posizioni, di marchiarle con la “lettera scarlatta” del credito forborne e di segnalarle alla vigilanza.

Ora, pur riconoscendo a queste nuove regole una certa validità concettuale, non si può assolutamente trascurare il loro impatto sul mondo imprese, specie in considerazione dell’attuale delicatissimo scenario. Il timore, infatti, è che la normativa citata possa presto imporre alle banche di effettuare accantonamenti specifici sulle posizioni forborne contribuendo così a rallentare ulteriormente i flussi creditizi diretti alle aziende.

Al momento queste nuove rettifiche – che toccherebbero anche le posizioni in bonis sulle quali gli istituti fanno oggi accantonamenti collettivi soft – non sono ancora in calendario. Sul futuro, tuttavia, non metterei certo la mano sul fuoco. Ma ciò che deve davvero preoccupare è che queste nuove regole di vigilanza possano generare una sorta di “effetto ragnatela” in grado, da una parte, di attirare sempre di più le Pmi nel credito deteriorato e, dall’altra, di renderne sempre più difficile la fuoriuscita a causa della sua vischiosità. Per capirci, una posizione, ancorché in bonis, potrà perdere la “lettera scarlatta” del forborne solamente dopo due anni dalla marchiatura e solo in presenza di determinate condizioni. Parallelamente, una posizione in credito deteriorato che abbia ricevuto una misura di tolleranza potrà tornare in bonis dopo 12 mesi dalla marchiatura, ma rimarrà a lungo in un regime di “libertà condizionata”.

Basterà infatti uno sconfinamento di oltre 30 giorni per risucchiare nuovamente l’azienda nella spirale del credito deteriorato con tutte le conseguenze in termini di accesso al credito. E allora, nell’attuale drammatico scenario, diventa fondamentale che tutti tengano ben a mente un semplice assioma: ogni nuova regola di vigilanza sul credito rende forse più solido il sistema bancario negli anni, ma sicuramente impatta la mattina dopo sulle singole banche e il pomeriggio sulle imprese.

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