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La lezione di Giscard d’Estaing

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sta ponendo in evidenza la poca forza italiana nella politica internazionale, nonostante una lunga, consolidata ed efficace tradizione di rapporti con l’estero della nostra diplomazia. L’Italia sta vivendo difficoltà non di poco conto. Manca una politica di relazioni sia all’interno dell’Ue che in campo internazionale, non a caso il nostro Paese ha dovuto subire l’imposizione di una staffetta con l’Olanda per il seggio in gioco alle Nazioni Unite. E’ la prova che nel governo non è riconoscibile una chiara e convinta politica estera.
Una deficienza grave iniziata coi governi di Berlusconi e proseguita fino ad oggi. Meglio tacere dell’esperienza del sen. Monti, che ha portato l’Italia ad appiattirsi sulle devastanti scelte di politiche di austerità in campo internazionale, accettate dal nostro governo, e addirittura imposte al parlamento.

Finita l’era della prima fase della democrazia repubblicana, durante la quale i governi avevano alta considerazione per i rapporti con gli altri Stati, ritenendo che solo da politiche internazionali efficaci potesse svilupparsi una politica interna in grado di rispondere positivamente alle aspettative del popolo italiano, gli affari esteri sono quasi scomparsi dall’agenda dei governi dell’ultimo ventennio. Le forze politiche attuali evidentemente sono attratte di più da questioni domestiche, hanno difficoltà a guardare oltre confine. A parte i viaggi all’estero di Renzi, che appaiono più eventi propagandistici che itinerari studiati per stringere rapporti, consolidare relazioni, chiudere alleanze non si percepisce una proficua azione del ministro Gentiloni. È inopportuno sempre fare comparazioni, ma è giusto ricordare che nel periodo post-bellico, finita la seconda guerra mondiale, l’Italia fu protagonista con tedeschi e francesi nella costruzione del primo embrione di Europa unita, quello dei sei: BeNeLux, Francia, Germania e Italia. Sono stati fatti diversi passi indietro rispetto ad allora, al punto di svolgere ruoli subalterni. Il Pd ha grandi responsabilità, non riesce ad andare oltre la propaganda, un vecchio difetto di comunisti e post, e a volte sembra proprio che abbia smarrito il pensiero. E allora se Renzi vuole essere consacrato uomo di governo in modo limpido abbandoni gli arrugginiti strumenti della vecchia sinistra e apra a una prospettiva politica nuova, popolare, moderna e internazionale, altrimenti c’è il rischio di confondere tutto e tutti: rottamatori e rottamati.

Pochi giorni fa in una bella intervista al Corriere, Valéry Giscard d’Estaing, già presidente francese, e presidente della Convenzione del 2005 per redigere la Costituzione europea, a proposito dell’uscita del Regno Unito dall’Ue ha dichiarato, tra l’altro: “L’Italia è uno dei grandi Paesi fondatori. Il Trattato di base è quello di Roma, non bisogna dimenticarlo, l’Italia è al cuore del sistema. Adesso l’importante è che gli italiani contribuiscano alla sua evoluzione, non dobbiamo preoccuparci troppo dell’Inghilterra: quella è, ed è sempre stata, periferia”.

Leggere le dichiarazioni di una personalità di grande prestigio come Giscard d’Estaing, che rende merito alla valorosa opera svolta dai padri fondatori italiani dell’Europa unita è non solo di grande soddisfazione, ma anche un forte richiamo ai nostri governanti a non abbandonare nelle mani di altri l’evoluzione del sistema dopo la Brexit. E’ giusto che il presidente del consiglio rifletta sulle sue parole e partendo da esse inizi a imprimere nuovo impulso alla politica europea dell’Italia, utile anche a rilanciare l’azione politica nel difficile confronto con il M5S, impadronitosi ormai, con i voti delle ultime elezioni amministrative, dell’idea di “partito della nazione”.

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