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Silvio Berlusconi, Virginia Raggi e la sindrome di Lino Banfi

Il luglio del 2011 non fu un mese qualsiasi. La finora quasi sconosciuta parola spread fece prepotentemente irruzione non solo nella vita degli italiani ma sopratutto nella polemica politica. Tanto che proprio in quelle settimane si infittirono le trame per un cambio di governo che effettivamente avvenne nei mesi successivi.

Ebbene in quella infuocata calura estiva, esattamente il 26 di luglio, l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi ritenne opportuno incontrare Lino Banfi nel luogo del potere della Repubblica per antonomasia: Palazzo Chigi. All’uscita, l’attore dichiarò che il Premier, per una serie di motivi, era un tantino abbacchiato. C’è chi commentò che, mentre c’erano avvisaglie concrete (poi dimostratesi più che fondate) di cataclismi politici, Berlusconi non trovava  di meglio che incontrare Lino Banfi.

Perché ricordiamo quella ormai remota pagina di cronaca di cinque anni fa? Per un motivo molto preciso. Che è questo. A Roma è diventata Sindaco una donna. Dunque un fatto memorabile. Rafforzato dalla circostanza che è espressione di un partito come i Cinque Stelle, a torto considerato espressione dell’antipolitica. Ma questo è un altro discorso.

E qual è stata la prima uscita ufficiale politico-mondana del primo cittadino di Roma Virginia Raggi? Proprio gli ottanta anni di Lino Banfi. Anche in questo caso ci si potrebbe chiedere: con tutti i problemi che ci sono nella Capitale (la polemica sui ratti di questi giorni è chiaramente strumentale) a quale logica risponde la presenza della pentastellata al genetliaco dell’attore pugliese?

Collegando i due episodi, possono intravedersi quelle che Giorgio Galli, politologo sommo, definisce “coincidenze significative“? Probabilmente sì. Entrambe le vicende si collocano nel mese di luglio, in un clima caldo sia meteorologicamente che politicamente: la prima alla fine di una parabola istituzionale molto contrastata (Berlusconi) e la seconda all’inizio di un mandato gravido di opportunità e di rischi (Raggi).La lettura che si potrebbe trarre da questi avvenimenti è, ovviamente, opposta (non era il grande Leo Longanesi a dire che: “Eppure è sempre vero anche il contrario“?). Da un lato si potrebbe argomentare che la visita di Lino Banfi al Cavaliere precorse la sua inevitabile caduta (anticiperà anche  quella del neo-sindaco di Roma?), mentre dall’altro la levità del leader di Arcore, mentre i giorni volgevano all’impossibile, rimane talmente attuale che anche la Raggi ritiene opportuno collegare la sua prima uscita pubblica al nome della gloria di Andria.

In ogni caso, la presenza di Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, si interseca con i destini della nostra Repubblica. Sarà anche questo un inequivocabile segno dei tempi?

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