Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Chi in Italia ha un po’ paura di Erdogan

“Autogolpe di Erdogan: in galera pure i giudici”, hanno titolato al Fatto Quotidiano di Antonio Padellaro e soprattutto di Marco Travaglio, cui stanno a cuore in modo particolare i magistrati, di ogni razza, colore, nazionalità.

In quel “pure”, che digerisce come innocui e naturali i tremila arresti di militari già eseguiti e gli altri tremila annunciati dal ministro della Giustizia di Ankara, ci deve essere il timore di Travaglio che prima o dopo possa venire in testa anche all’odiato Matteo Renzi di confezionarsi il suo “autogolpe”, con l’aiuto di qualche militare amico. Pronto a sacrificarsi per lui per dargli il pretesto di arrestare “pure” un bel po’ di quei magistrati che lui non sopporta perché arrestano e sputtanano – scusate la parolaccia – senza arrivare a sentenza, come usa dire. O arrivandovi a quella di solo primo grado alla vigilia della prescrizione, quando tutto finisce fuorché i danni d’immagine e di carriera procurati a chi ha avuto la sventura di essere stato indagato e processato. Ammesso e non concesso che sia riuscito, poveretto, ad arrivare ad un processo, perché può anche accadere, nel nostro sventurato Paese, che uno si faccia un bel po’ di carcere cosiddetto cautelare, collezioni scatole di titoli infamanti e venga infine prosciolto senza neppure entrare in un’aula di tribunale davanti ad una corte.

Un’”autogolpe” di Renzi, magari forte di una bella vittoria nel referendum sulla sua riforma costituzionale, che la ministra Maria Elena Boschi è stata appena accusata di sostenere anche in nome della “sicurezza”, parente stretta della “governabilità”, dev’essere l’incubo di chi non ha ancora perdonato al presidente del Consiglio quel “br…” sarcastico opposto all’annuncio o alla minaccia di sciopero delle toghe per la riduzione delle loro ferie. Che Renzi – da quell’ignorante che è ritenuto da lor signori – non sapeva fossero usate da parecchi magistrati non per andare in vacanza, godersi il sole sotto l’ombrellone, fare i bagni in qualche mare esotico, fare belle passeggiate in montagna, coltivare qualche distrazione sentimentale, ma per studiare fascicoli giudiziari che non hanno avuto il tempo di sfogliare in ufficio o, magari, per scrivere sentenze di cui sono già scaduti i tempi per il deposito.

++++

Luigi Ferrarella, che segue con scrupolo e rara serietà per il Corriere della Sera processi e altre gesta dei magistrati italiani, dev’essere pure lui rimasto impressionato da quei tremila giudici, di ogni grado e tipo, arrestati in Turchia e degli altri tremila che il ministro della Giustizia locale ha allertato, diciamo così, prendendosi solo il tempo necessario a stenderne bene l’elenco e passarlo alle solerti e fedeli truppe della Polizia. Che hanno peraltro consentito a Erdogan, senza riuscire tuttavia a scampare neppure loro ad arresti ed epurazioni, di sopravvivere fisicamente e politicamente al colpo di Stato militare. O “autogolpe”, come preferisce chiamarlo Travaglio forse non a torto, debbo dirlo con sincerità.

Al cronista e analista giudiziario del Corriere della Sera, che ho avuto modo di apprezzare fra i miei redattori negli anni della direzione del Giorno, e cui auguro ancora migliori fortune nella svolta che attende il suo giornale ora che n’è diventato felicemente editore Urbano Cairo, sono venuti “molti” e giustificati “capogiri” di fronte alla “democrazia” di rito turco rappresentata da Erdogan. Che, diavolo di un uomo, riesce a svuotare con la forza, e col sangue, le piazze dei fastidiosi dimostranti che ogni tanto le riempiono, o cercano solo di farlo, e poi a riempirle di suoi fedeli all’occorrenza, ricorrendo solo ad un telefonino, o poco più. In effetti, è roba da capogiri.

Che cosa poi Erdogan intenda per “fedeli” lo spiegano i versi di un poeta a lui molto caro, Ziya Gokalp. Che ha scritto. “Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati”, al netto naturalmente di quelli che sono stati arrestati e di quelli che sono sul punto di esserlo.

Oltre all’ammirazione dei versi di Gohalp, sono stati attribuiti ad Erdogan altre stranezze che mi auguro sinceramente false, per evitare di passare dai capogiri di Ferrarella al vomito. Giuseppe Valditara sul Giornale ha appena riferito di un agghiacciante paragone fatto dal presidente turco il 1° gennaio scorso, durante una visita in Arabia Saudita –e dov’altro, sennò?- fra il presidenzialismo da lui perseguito e quello a suo tempo realizzato in Germania da Adolf Hitler.

++++

Di “nazismo islamico”, parafrasando un ministro francese di fronte alla tragedia di Nizza, poco prima dei fatti di Ankara e Istanbul, ha parlato il sottosegretario italiano per gli affari europei Sandro Gozi procurandosi le proteste dei soliti benpesanti e pure le tirate d’orecchie di Renzi, giustamente criticate sul Foglio dal direttore Claudio Cerasa. Al quale non si può certamente dare torto quando scrive che i guai cominciano quando non si ha il coraggio di chiamare le cose col loro nome, anche quando si ha che fare col terrorismo islamista.

Ma, tornando ad Erdogan e alla sua curiosa democrazia,  scampata per fortuna –secondo quelle che vengono chiamate le cancellerie occidentali – al colpo di Stato militare, siamo sicuri che a spiegare il compiacimento di Angela Merkel, per esempio, sia stato solo il rispetto delle cosiddette forme? Ha avuto sicuramente il suo peso anche la paura di quei due milioni di profughi siriani che il presidente turco, nonostante i miliardi di euro pagatigli dall’Unione Europea per trattenerli, potrebbe rovesciarle addosso in qualsiasi momento. Fra un arresto e l’altro di militari, magistrati e giornalisti.

×

Iscriviti alla newsletter